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 2012  aprile 18 Mercoledì calendario

L’Ue: così l’Argentina spaventa tutti gli investitori - Sono tutti furiosi, così furiosi da riuscire nell’ardua impresa di unificare l’Europa, per una volta compatta nel condannare l’Argentina, considerata colpevole di aver nazionalizzato d’arbitrio la Ypf, il colosso energetico nazionale controllato dalla spagnola Repsol

L’Ue: così l’Argentina spaventa tutti gli investitori - Sono tutti furiosi, così furiosi da riuscire nell’ardua impresa di unificare l’Europa, per una volta compatta nel condannare l’Argentina, considerata colpevole di aver nazionalizzato d’arbitrio la Ypf, il colosso energetico nazionale controllato dalla spagnola Repsol. Il governo di Madrid ha convocato ieri di buon’ora l’ambasciatore di Baires e minacciato ritorsioni, mentre il ministro degli Esteri Garcia-Margallo commentava aspro: «Si sono sparati su un piede». La Commissione Ue esprimeva nel frattempo «preoccupazione e disappunto», antipasto delle parole di Catherine Ashton all’Europarlamento. «Ne parlerà lunedì il Consiglio - ha detto l’alto rappresentante per la politica estera Ue -. Tutte le opzioni sono ora possibili». La tensione è a mille. C’era la gente in piazza, nella capitale argentina, dopo l’annuncio del presidente Cristina Kirchner. Facevano festa. Ricorsi storici, in qualche misura. E’ un conflitto economico transatlantico che esplode nel trentennale della guerra delle Falklands. La circostanza non deve essere sfuggita alla Ashton, baronessa britannica, che nel discorso pronunciato nell’emiciclo di Strasburgo ha messo una grinta particolare. Ha parlato di «esproprio di un importante investimento europeo in Argentina». Ovvero di «una misura che crea incertezza legale per le imprese europee, manda un segnale negativo agli investitori internazionali e potrebbe seriamente minare il contesto economico». E’ un duro colpo alla certezza delle regole del grande gioco del commercio. Il ragionamento degli argentini recita «siamo il solo paese latinoamericano a non controllare il proprio petrolio». Agli spagnoli lo ha venduto il presidente Menem nel 1999, due anni prima della bancarotta che ha atterrato il paese. Repsol acquistò subito il 25% delle azioni, per salire successivamente al 57. Adesso il gruppo viene commissariato all’istante, in vista dell’assegnazione del 51% del capitale allo Stato, e il resto suddiviso fra le province che ospitano gli impianti di oro nero. Un tribunale argentino stabilirà l’indennizzo da dare agli spagnoli. I mercati non si fidano, lo si è visto dal prevalere delle vendite. Il titolo Ypf è stato sospeso a Buenos Aires, mentre Repsol - il cui valore è stimato in 18 miliardi di dollari - ha perso oltre i 6% a Madrid. Ieri poi in una conferenza stampa il numero uno di Repsol, Antonio Brufau, ha annunciato che la compagnia petrolifera chiederà una compensazione per almeno 8 miliardi di euro per la nazionalizzazione della controllata argentina Ypf. Una richiesta che, comunque, potrebbe aprire la strada a una trattativa con Buenos Aires. Brufau ha poi aggiunto che chiederà un arbitrato internazionale sulla decisione del governo Kirchner. «Queste azioni non resteranno impunite». Intanto, la stampa spagnola semina titoli come «La guerra sporca della Kirchner». Garcia-Margallo se l’è presa anche col segretario di stato Usa, Hillary Clinton, che ha attentamente evitato una condanna diretta dell’operato argentino. «Profondo malessere» ha espresso il premier Mariano Rajoy, per una decisione «priva di giustificazione e di senso economico». Il governo non lascerà nulla di intentato per difendere Repsol. L’Europa è con lei, fa fronte unico. La Commissione Ue ha deciso di cancellare una riunione del Comitato congiunto Ue-Argentina in agenda per domani. Il responsabile per il commercio, il fiammingo Karel De Gucht, ha annunciato una lettera di protesta, sebbene la portavoce abbia ammesso che «l’esproprio è previsto, ma è inaccettabile che si faccia senza compensazioni rapide ed eque». Impossibile il ricorso al Wto, spiegano fonti europee: la sua giurisdizione non riguarda gli investimenti. L’Europarlamento ha inserito nell’ordine del giorno odierno un dibattito urgente, e una risoluzione sarà votata venerdì. La condanna è scontata, e le ragioni sono numerose. C’è la questione di principio. Ma anche la paura che l’Europa in crisi finisca ai margini del ring per il populismo argentino. La Ashton vede nero: «Sono allarmata per il riferimento del presidente Kirchner agli investimenti in altri settori come banche e telecomunicazioni». Si teme l’effetto domino. Con la compiacenza americana, l’Ue potrebbe essere sbattuta fuori dall’Argentina a stretto giro di posta.