ALESSANDRO BARBERA, La Stampa 18/4/2012, 18 aprile 2012
Pressione fiscale record Nel 2012 arriva al 45,1% - Per chi crede ancora in John Maynard Keynes e nelle sue teorie si tratta di un errore capitale
Pressione fiscale record Nel 2012 arriva al 45,1% - Per chi crede ancora in John Maynard Keynes e nelle sue teorie si tratta di un errore capitale. Qualche settimana fa cinque premi Nobel hanno scritto un appello a Barack Obama per dire no a quella che in giro per l’indebitato Occidente è diventata una parola d’ordine. Ma l’Europa ha deciso così, e l’Italia, come tutti, ha fatto di necessità virtù. Così ieri il Senato ha detto sì in via definitiva all’introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione. I 235 voti favorevoli, ovvero più dei due terzi dell’assemblea, eviteranno anche il referendum confermativo. Il «Def», il documento di finanza pubbliche che oggi sarà approvato dal governo dirà che il pareggio di bilancio - almeno nei numeri - lo vedremo solo nel 2014. E però il voto ha un forte significato simbolico. «Era un voto importante, bisognava esserci e io c’ero», farà sapere il senatore a vita Mario Monti. Di tutti i giorni possibili per dire il sì definitivo, ieri era quello che al governo serviva di più per sottolineare la volontà dell’Italia di proseguire sulla strada del rigore. Nonostante i numeri, le pressioni dei partiti, la recessione e una crescita ancora molto fiacca. Il Tesoro stima per quest’anno una contrazione del Pil dell’1,2%, peggio dell’ultima previsione (-0,4%) ma comunque meglio del -1,5% di Bankitalia e del -1,9% previsto proprio ieri dal Fondo monetario internazionale. Il governo si mostra più ottimista anche per l’anno prossimo: se nel 2013 il Fondo vede un -0,3%, noi stimiamo +0,5%. La crescita stenta, e dunque è più difficile anche il raggiungimento del pareggio. Nel 2013, la scadenza promessa a Bruxelles, il deficit si fermerà a +0,5%, quattro decimali in più di quanto stimato in precedenza. Ma per la Commissione poco cambia: mezzo punto di Pil in deficit (circa sette miliardi di euro) è la soglia considerata «close to balance», vicina all’obiettivo. Anche in questo caso le nostre previsioni non sono allineate a quelle, più prudenti, del Fondo: noi prevediamo deficit zero in termini reali nel 2015, Washington lo stima possibile solo nel 2017. Peggiorano anche le previsioni per il debito: quest’anno balzerà di ulteriori tre punti al 123,4%, il massimo di sempre. Il testo definitivo del governo imputerà l’aumento essenzialmente ai costi del salvataggio greco e della istituzione del Fondo salva-Stati: rispetto alle stime precedenti lo scostamento è di circa tre punti, 45 miliardi di euro. Il debito promette di scendere al 121,6% nel 2013 e al 118,3% nel 2014. Nonostante tutto, il calo degli spread fra i Btp e i Bund iniziato con l’insediamento del governo Monti ci farà spendere molto meno in interessi sul debito. Quest’anno pagheremo 6,3 miliardi in più rispetto al 2011 (79,9 miliardi nell’anno), ma 17 in meno rispetto a quanto previsto a dicembre, quando lo spread sull’Italia era attorno ai 550 punti base. Ciò detto, ci siamo salvati dal baratro con una stangata fiscale senza precedenti: la pressione fiscale - che nel 2011 era già salita al 42,5% - quest’anno toccherà il nuovo record del 45,1%, più del 43,7% causato nel 1997 dall’Eurotassa di Prodi e Visco. Il peso fiscale salirà ancora nel 2013 (45,4%) e scenderà lievemente al 44,9% nel 2015. Se il «Def» è un compendio delle prossime scelte di politica economica, mettete l’anima in pace: questi numeri ci dicono che non c’è alcuna speranza in una riduzione delle tasse in tempi rapidi.