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 2012  aprile 18 Mercoledì calendario

LA CAMUSSO HA VINTO, MA CI ROVINA LA VITA


Scioperi a scacchiera, e da ieri perfino blocchi stradali come quelli avvenuti sulla A4 a Brescia.
La Cgil di Susanna Camusso accarezza la pancia della base e fa finta di mettere in scena proteste anche forti sull’articolo 18 e la riforma del Lavoro. Ma è una recita, facilmente verificabile da tutti. Perché se in piazza il segretario della Cgil fa la faccia feroce, nelle stanze del palazzo brinda a champagne con Elsa Fornero per una riforma che sembra assai gradita. E perfino ai parlamentari che potrebbero mettere ancora mano al testo della riforma, la Cgil (come altri sindacati), ha inviato un promemoria sui punti che andrebbero integrati o chiariti che parte da una sorta di benedizione sindacale urbi et orbi sul cuore della riforma.
Parole in equivoche: «La riconquista dello strumento del reintegro», scrive ai parlamentari la Cgil, «nel caso di licenziamenti economici insussistenti è un primo risultato positivo che ripristina un principio di civiltà giuridica». Ma non basta: «Ciò», continua il documento, «insieme alla velocizzazione dell’iter di giudizio, il permanere dell’onere della prova dell’impresa, al ruolo del sindacato nella riconciliazione, ricostruiscono il potere di deterrenza dell’articolo 18 e scongiurano la pratica dei licenziamenti facili unicamente a indennizzo economico».

IL SUGGERIMENTO

Il sindacato della Camusso avanza un solo suggerimento in materia, quasi certo dell’accoglienza: «Anche per i licenziamenti collettivi coerentemente con quanto segnalato in materia di licenziamenti individuali, si ribadisce la necessità di sanzionare con la nullità della procedura i vizi formali della stessa».
Toni positivi, più o meno come quelli degli altri sindacati. Anche la Cisl nel suo documento esordisce con un «riteniamo positive e condivisibili le finalità generali del provvedimento, frutto in larga parte di trattativa con le parti sociali, e sottolineiamo che il coinvolgimento delle parti stesse nel sistema di monitoraggio e valutazione sia sostanziale e non formale. Valutiamo positivamente lo stanziamento di risorse pubbliche per la realizzazione degli obiettivi della riforma, comprese le risorse da destinare nella transizione, agli ammortizzatori in deroga».
Non dissimili le osservazioni di sostanza della Uil. Tanto è che questi tre sindacati che ieri hanno iniziato a scaldare le piazze come se la riforma del lavoro fosse loro andata di traverso, tutte insieme hanno inviato alla commissione lavoro del Senato che deve iniziare l’esame e votare il disegno di legge Fornero, un solo emendamento. Certo non epocale: riguarda l’articolo 70 del testo e la sua possibile estensione ai lavoratori e alle imprese del comparto agricolo.

I VERI SCONFITTI

A leggere quei documenti e osservazioni alla riforma del lavoro, gli unici che dovrebbero essere in piazza a fare blocchi stradali dovrebbero essere gli imprenditori. La bocciatura più sonora di quasi tutto il provvedimento è arrivata infatti da Confindustria nel documento trasmesso l’11 aprile scorso. Critiche e proposte di radicale modifica ad ogni punto del provvedimento.
Amarezza per le norme sul reintegro e perfino indignazione per avere esteso alcune delle nuove regole ai licenziamenti collettivi, peggiorando sensibilmente la situazione delle imprese rispetto alle attuali regole (meglio non riformare nulla che un avere un testo così).
Parole pesantissime perfino sulla formazione nelle aziende, prevista nel Capo VII del disegno di legge con uno spirito «lontano da una cultura liberale, che pretende di disciplinare dall’alto il processo di verifica delle competenze acquisite negli ambienti di lavoro».

Fosca Bincher