Cristiano Dell’Oste, Giovanni Parente, Il Sole 24 Ore 17/4/2012, 17 aprile 2012
PRESSIONE FISCALE VERSO QUOTA 45%
Obiettivo 45%: nel 2012 la pressione fiscale si avvia a toccare il livello di guardia paventato pochi giorni fa dal presidente della Corte dei conti, Luigi Giampaolino, nell’audizione alla Camera sulla crescita economica. Le simulazioni pubblicate ieri sul Sole 24 Ore del lunedì – e riferite a tre famiglie tipo – mostrano un incremento del prelievo che va dal 2,2 al 5,5% rispetto all’anno scorso. In pratica, ogni 100 euro di reddito, quest’anno le tasse ne porteranno via da un minimo di 38,60 a un massimo di 44,50.
I dati comprendono l’Irpef "nazionale" e una serie di altri tributi, tutti in aumento: l’Imu sull’abitazione principale (che l’anno scorso non c’era), l’Iva (aumentata al 21% dal 17 settembre 2011 e su cui incombe un possibile doppio ritocco dal 1° ottobre), le accise sui carburanti (rincarate dal salva-Italia) e le addizionali locali all’Irpef (quella regionale, salita dello 0,33% con effetto retroattivo, e quella comunale, "sbloccata" e rimessa alle scelte dei sindaci). Inoltre, sono stati conteggiati anche gli aumenti del prelievo provinciale sulla Rc auto e il bollo sui titoli e gli investimenti. Il conto, in valore assoluto, varia da 671,50 euro per un single a Milano a 1.400 euro per una famiglia con due bambini a Roma e a Napoli. Ma è l’incidenza percentuale che consente di cogliere più chiaramente l’effetto sul bilancio domestico delle manovre varate nel corso del 2011 sulla spinta della crisi finanziaria internazionale.
L’aumento maggiore, in questi termini, riguarda la coppia di pensionati e mostra un andamento "regressivo", cioè tanto più alto quanto minore è il reddito disponibile. Un fenomeno in apparenza paradossale, ma che in realtà risente dell’aumento dell’Iva (destinato a colpire anche i consumi di base che non possono essere evitati) e dell’introduzione dell’Imu sugli immobili (a tutti gli effetti, una patrimoniale slegata dal reddito, e anzi collegata a valori catastali spesso non aderenti alle quotazioni di mercato di case e fabbricati).
Di fatto, una famiglia con due figli e un reddito complessivo nell’ordine dei 48mila euro all’anno – un quadro e un’impiegata, per intenderci – quest’anno potrà arrivare a pagare al fisco fino a 19.172 euro. Un saldo a cui vanno aggiunti, inoltre, i rincari delle tariffe, che saranno di circa 400 euro più elevate rispetto al 2011. Le differenze territoriali si spiegano con le diverse situazioni della fiscalità locale: in Campania, ad esempio, l’addizionale regionale è al 2,03% per i conti in rosso della sanità, mentre Roma Capitale scontava già un’Ici massima del 10 per mille. Ma pesa anche il costo della vita, che in questo caso penalizza l’Italia settentrionale.
Di fronte a questi numeri, il rischio concreto è che si inneschi una spirale recessiva: più tasse, meno consumi, meno redditi, e quindi ancora più tasse, per mantenere inalterato il livello delle entrate nelle casse pubbliche. Non è un caso che proprio nelle ultime settimane si sia aperto il dibattito su come evitare l’aumento dell’Iva dal 21 al 23% e dal 10 al 12%, già messo in calendario per il 1° ottobre dal decreto salva-Italia.
L’aumento del prelievo sui consumi, solo nel 2012, potrebbe costare fino a 200 euro in più per una famiglia tipo di quattro componenti. Ma questo solamente nell’ipotesi che le spese domestiche rimangano invariate. Se invece l’incremento delle aliquote – che stavolta riguarderà anche i beni di prima necessità come carne e pesce oggi tassati al 10% – dovesse indurre qualcuno a tirare la cinghia, allora si aprirebbe un buco più o meno grande, che rischierebbe di compromettere il pareggio di bilancio entro la fine del 2013.