Mario Ajello, Il Messaggero 18/04/2012, 18 aprile 2012
TUTTE LE AMICIZIE DI FORMIGONI TRA SPIRITUALITA’ E BUSINESS MILIONARI
TUTTE LE AMICIZIE DI FORMIGONI TRA SPIRITUALITA’ E BUSINESS MILIONARI -
Il filosofo tedesco Nikolaus Lobkowicz disse un giorno, nel ’95, a don Giussani: «L’amicizia è per voi una virtù». Lo è davvero, per i ciellini, e lo è a tal punto nel caso di Roberto Formigoni - il Celeste, come lo chiamano i sodali del suo cerchio magico - che egli coltiva l’amicizia con una dedizione a suo modo sacra. E ne parla con parole che, a dispetto di tutto, lo portano a somigliare a Tonino Di Pietro. «Lo ha spiegato anche Gesù Cristo: ogni dodici amici, uno tradisce».
Così disse il leader italovaloriale quando Sergio De Gregorio lo mollò per accasarsi con Berlusconi. E così ripete adesso Formigoni a proposito di Pierangelo Daccò, il superfaccendiare della sanità lombarda amico del Celeste: «Anche Gesù ha sbagliato a scegliersi uno dei collaboratori».
Il problema è che Formigoni, sul cui sito Internet si legge che tutte le sue storie s’intrecciano «nel segno dell’amicizia», di cedimenti affettivi sembra averne compiuti più di uno. Un altro riguarda l’imprenditore Antonio Simone, ex assessore regionale lombardo e a sua volta amico antico di Formigoni, finito agli arresti come Daccò. I due ciellini ospitavano spesso sulle loro barche il governatore. O lo fanno volare a Parigi a spese loro - forse poi rimborsate - o ci trascorrono insieme le vacanze nei Caraibi o in altri paradisi. Oltre a pagare per lui, avrebbero anche fatto volare in vacanza il fratello di Formigoni e il suo collaboratore Alberto Perego. Lo stesso condannato in primo grado per falsa testimonianza nell’inchiesta Oil for Food del 2006, inchiesta che non ha avuto effetti per Formigoni il quale comunque è stato in buoni rapporti con il braccio destro di Sadam Hussein, il cattolico Tareq Aziz. E qui viene da citare, magari a sproposito, un motto di Colette: «E’ saggio applicare l’olio di una raffinata gentilezza ai meccanismi dell’amicizia».
Amicizie planetarie quelle del Celeste. Ma anche assai local. Come quella con don Verzè. «Carissimo don Luigi - gli scrisse nel 2006 il presidente regionale, ricordandogli tutti i favori fatti - non sono poche le soluzioni che sono state trovate, e molte altre se ne troveranno» in favore del San Raffaele, «ovviamente nel rispetto delle leggi». Amico di don Verzè (di cui disse quando tutti lo attaccavano: «Denigrano don Verzè solo perchè è amico di Berlusconi») e amico di Mario Cal, braccio destro del fondatore del San Raffaele, suicida dopo lo scoppio dello scandalo di questo impero sanitario. La segretaria di Cal: «Ricordo che una volta», ha detto agli inquirenti, «mi fu chiesto dal dottor Cal di prenotare un volo a bordo del quale ci sarebbero stati Daccò e Formigoni». Viaggi, yacht, case al mare dove venire ospitato, per riposarsi e per sfoggiare le sue proverbiali camicie a fiori una delle quali «la dovrei regalare a Mario Monti» - ha annunciato nel dicembre scorso - «anche perchè il premier e io abbiamo più o meno la medesima statura, anche se lui è più robusto e io non ho flaccidità ridondanti». In ogni caso: «Erano viaggi di gruppo tra amici e dividevamo le spese», ripete il Celeste in queste ore. E ai giornalisti che insistono su questi viaggi amicali il governatore replica: «Voi siete forse abituati a partire da soli, essendo tristi, sfigati e malinconici».
Ad avercene, invece, di amici divertenti e generosi. Come il consigliere regionale del Pdl ed ex assessore lombardo alla Protezione civile e all’Ambiente, arrestato per le ipotesi di corruzione, concussione, finanziamento illecito al partito e bancarotta. Amico così munifico che comprò in una gioielleria, come regalo di Natale nel 2006, un vaso da diecimila euro per Formigoni, nella cui giunta era entrato a far parte. Ma il Celeste ha detto e ridetto: «Non ho mai ricevuto in dono quel vaso».
Amicizie pericolose, che per fortuna di Formigoni non hanno intaccato finora la sua posizione, nonostante il contesto. Esistono poi amicizie mai esistite, come quella tra il Celeste e i big del Pdl a Roma («Io prendo i voti, loro i ministeri»); amicizie solide ma fino a un certo punto («Certo che siamo amici, ma non c’entro niente con quello che fa lui», ha detto di recente il cardinale Scola, provenienza ciellina e arcivescovo di Milano); amicizie a sorpresa, all’insegna di quello che a Roma in slang si chiama l’areggeme che t’areggo, come quella paradossale che s’è venuta a stabilire adesso che la malasorte colpisce sia loro che lui tra i leghisti e Formigoni, in passato sempre schierati su fronti opposti. Ma ora le camicie verdi vogliono aiutarlo ad arrivare a Roma, se mai ci arriverà visto che da dieci anni è atteso (si fa per dire) il suo salto nella politica nazionale: così il Pirellone se lo prende il Carroccio. Al quale apparteneva Alessandro Cè, che entrò nella giunta Formigoni, tentò di cambiare il sistema della sanità, dovette arrendersi perchè non supportato dalla stessa Lega, dal governatore e dal Pdl. Il cui pezzo grosso Giancarlo Abelli, potente parlamentare del pavese, soprannominato il Faraone e ex plenipotenziario di Formigoni nella sanità, disse - secondo Cè - a Cè: «Guarda che con me, amico mio, devi starti attento». La moglie di Abelli sarebbe stata poi arrestata, ma per altre vicende.
E’ così forte il senso dell’amicizia del Celeste che l’ex consigliere regionale dei Verdi, poi passato al Pd, Carlo Monguzzi, ha affrontato la faccenda proponendo per due volte in consiglio un ironico progetto di legge «per riservare qualche poltrona a chi non è di Cl». Pullula di amici il Formigone, così viene chiamato il nuovo Pirellone, grattacielo più alto di tutti e simbolo di un governo che è stato forte, quello del Celeste, ma ormai il Celeste è sbiadito anche se «non ho preso un euro», assicura lui come in un mantra o in una preghiera. Chissà quante ne avrà recitate durante gli anni in cui ha abitato nella casa-comunità dei Memores Domini in via Dino Villani, a Milano, che era di proprietà di Salvatore Ligresti (altra stella caduta del modello lombardo). Daria Bignardi, alle Invasioni barbariche, di recente ha chiesto a Formigoni chi fossero i Memores Domini, e lui: «Sono tanti miei amici».
Ma quando gli amici sono troppi, possono creare qualche problema.