Roberto Giardina, ItaliaOggi 17/4/2012, 17 aprile 2012
Esodati è intraducibile in tedesco – Una mia amica, professoressa universitaria, grande italianista, mi ha chiesto consiglio su come tradurre «esodato» in tedesco con una sola parola
Esodati è intraducibile in tedesco – Una mia amica, professoressa universitaria, grande italianista, mi ha chiesto consiglio su come tradurre «esodato» in tedesco con una sola parola. In due non ci siamo riusciti. Lei, ovviamente, sa che cosa significa ma, per spiegarlo, servirebbero un paio di righe. Impossibile tradurre perché gli esodati, in Germania, non ci sono, non ci sono mai stati, né mai ci saranno. Qui, chi governa non ha il vizio di cambiare le carte in tavola mentre si gioca. Se viene modificata una legge, vale sempre a partire almeno da domani. Un principio normale in ogni ordinamento, che tra l’altro renderebbe inutili le leggi ad personam. A Roma di questi tempi è diventato di moda inventare un presunto modello tedesco, dalla legge elettorale all’articolo 18, e i nostri ministri ricordano sempre che i «tedeschi vanno in pensione a 67 anni». Doveroso imitarli. Ma si dovrebbe copiare il tutto, e non sempre la parte che fa comodo. I tedeschi lasciavano il lavoro a 65 anni. Quando si è deciso di spostare il traguardo, l’aumento è stato scaglionato su vent’anni, un mese all’anno. La riforma sarà completata verso il 2025, più o meno, e ha riguardato di fatto i quarantenni: hanno il tempo per prepararsi e per sottoscrivere una pensione privata parallela (contributi esenti dalle tasse) per adeguare la pensione, che sarà inferiore a quella dei loro genitori. Nessun dramma, solo una comprensibile arrabbiatura. Inoltre, i tedeschi vanno oggi in pensione in media a 60 anni e un paio di mesi. Chi si stanca, si annoia, non ce la fa più, in particolare insegnanti e poliziotti, semplicemente anticipa, e perde il 2% ogni anno che manca. La signora Fornero non potrebbe imitare anche in questo la Germania? Sarebbe una piccola ingiustizia per gli esodati, sempre meglio della condanna che viene loro inflitta. Tra l’altro, andrebbero in pensione secondo il sistema contributivo, dunque grazie ai soldi che hanno versato. Un diritto acquisito che nessun politico tedesco si sognerebbe mai di non rispettare. Ancora un punto. I pensionati pagavano le tasse sul 50% dell’imponibile. Un bel vantaggio, ma non un regalo. La pensione è stata conquistata con il proprio lavoro, e si voleva evitare di tassarla dunque due volte. Un modo anche per invogliare alla spesa: tranne inguaribili avari, i pensionati aiutano i figli, o spendono per sé. Un vantaggio per l’economia. Ma negli anni di crisi, il sistema è stato modificato, sempre scaglionato nel tempo: ogni anno l’esenzione diminuisce. Fra un quarto di secolo, circa, i pensionati pagheranno come i normali contribuenti. Non tutti. Io, ad esempio, no. Godevo già del «regalo», e insieme con gli altri coetanei continuerò a pagare le tasse sulla metà della pensione. La riforma non poteva togliermi quanto mi era stato già concesso, e su cui avevo calcolato per programmare il mio futuro. Insieme con la mia amica italianista, avrei trovato un termine per rendere esodato nella lingua di Goethe: «reingelegt». Ma più che una traduzione, sarebbe un commento: vuol dire «avere abboccato all’amo», «essere finito in trappola», o in padella. È reingelegt, ad esempio, chi si fa truffare al gioco delle tre carte. Di meglio non ci è venuto in mente.