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 2012  aprile 17 Martedì calendario

Il Fisco entra in Mediobanca – Storicamente è sempre stato molto difficile entrare in Mediobanca

Il Fisco entra in Mediobanca – Storicamente è sempre stato molto difficile entrare in Mediobanca. Perché il crocevia del capitalismo italiano, spesso e volentieri, ha chiuso la porta in faccia a personaggi non graditi. Stavolta la storia è diversa. Ad affacciarsi dalle parti dell’istituto di piazzetta Cuccia, infatti, non è stato qualche aspirante consigliere di amministrazione, ma un soggetto a cui non si possono opporre rifiuti. Parliamo dell’Agenzia delle entrate, che senza tanti complimenti, nei mesi scorsi, si è presentata con una serie di avvisi di accertamento che contestano a Mediobanca tasse non pagate per circa 50 milioni di euro. E così la banca che conserva nel suo scrigno le partecipazioni più strategiche dell’economia italiana, da Generali a Rcs e a Telco (la scatola che controlla Telecom), all’improvviso si è trovata un po’ sotto pressione. Le censure del Fisco sono diverse e hanno messo nel mirino l’utilizzo fiscale di perdite, i crediti Iva e il sistema di detrazione degli ammortamenti. Insomma, ai raggi X sono passate diverse tipologie di comportamenti messi in atto dall’istituto guidato dal presidente Renato Pagliaro e dall’amministratore delegato Alberto Nagel. L’Agenzia delle entrate, guidata da Attilio Befera, si è mossa attraverso la Direzione regionale della Lombardia. Come spesso accade, e come emerge dall’ultima relazione finanziaria 2011 appena depositata in borsa da Mediobanca, gli uomini del Fisco si sono mossi nel dicembre dell’anno scorso. È del resto consuetudine che l’amministrazione finanziaria faccia arrivare nel mese di dicembre una pioggia di accertamenti sulle società, soprattutto quelle più ricche, di base quotate in borsa. C’è infatti da considerare che i funzionari fiscali, per poter godere dei premi legati ai risultati derivanti dalla lotta all’evasione, sono tenuti a rispettare degli obiettivi. Per questo a fine anno si concentra la maggior parte degli sforzi, per lo più attraverso l’invio di una selva di avvisi di accertamento a valle dei quali l’Agenzia delle entrate spera di indurre i contribuenti colpiti a valutare il cosiddetto accertamento con adesione, ovvero una sorta di patteggiamento che risparmia al contribuente medesimo buona parte delle sanzioni. Le società destinatarie delle richieste, quando le speranze dell’Agenzia si avverano, pagano in misura ridotta. E questo anche se ritengono le richieste del Fisco destituite di fondamento, per il semplice motivo che preferiscono liberarsi dalle minacce di un contenzioso dall’esito imprevedibile. Con Mediobanca, però, non è andata proprio così. Iniziamo dicendo che il primo avviso di accertamento ha colpito Compass, la società di credito al consumo del gruppo, a cui è stata contestata la deducibilità di parte delle perdite da cessione pro-soluto di alcuni crediti, per una maggiore imposta accertata, relativa all’esercizio fiscale 2006/2007, di 25,8 milioni di euro, a cui si aggiungono interessi e sanzioni. Un altro avviso ha invece riguardato SelmaBipiemme, società di leasing partecipata al 60% sempre per il tramite della Compass. In questo caso sono stati contestati crediti Iva per 22 milioni di euro, relativi agli anni 2005/2006 e 2006/2007 (oltre a interessi e sanzioni), e un’indebita detrazione di ammortamenti per 1,6 milioni di maggiori imposte. In tutto, quindi, alle due controllate del gruppo vengono contestati 49,4 milioni di euro. Come se ne uscirà fuori? A stare a quanto è scritto nella Relazione finanziaria 2011, Mediobanca non sembra avere intenzione di cedere. «Le società intendono impugnare i provvedimenti», si legge nel documento, «essendo convinte della correttezza del loro operato».