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 2012  aprile 17 Martedì calendario

Santoro (ri)tratta con La7: il talk in onda da settembre - Alla faccia del circuito alterna­tivo ai grandi poli televisivi

Santoro (ri)tratta con La7: il talk in onda da settembre - Alla faccia del circuito alterna­tivo ai grandi poli televisivi. Alla faccia della libertà editoriale tota­le e assoluta. Alla faccia della lotta dura e pura contro i poteri forti. Al­la faccia delle piccole emittenti che in lui avevano trovato l’uomo forte per la loro battaglia di soprav­vivenza. Semmai - e ribadiamo semmai (visti i trascorsi infruttuo­si)- questa volta le trattative in cor­so dovessero andare in porto, Mi­chele Santoro potrebbe approda­re a La7. Sì, a La7, quella rete in cui l’anchorman sarebbe dovuto arri­vare il settembre scorso, dopo il clamoroso e complesso addio alla Rai. L’accordo con la rete di Tele­com Italia saltò sulla questione dell’autonomia: Santoro la vole­va assoluta ( non aveva intenzione di sottoporre a nessuno temi, ospi­ti e scalette), l’amministratore de­legato Giovanni Stella gliela negò (nei termini che desiderava lui) e alla fine saltò tutto: il giornalista al­lora, circondandosi di un’aureola ancora più luminosa di martire della libertà di stampa, mise in pie­di Servizio Pubblico , il program­ma supportato da un network di emittenti locali e trasmesso an­che da alcuni canali Sky e in strea­ming. Beh - diciamocela tutta ­non è andata malissimo: il pro­gramma si porta a casa una media di ascolti tra il 6 e il 7 per cento. Nul­la a che vedere, ovviamente, con quanto realizzava su Raidue, ma bisogna considerare la ristrettez­za dei mezzi a disposizione, a cui si è aggiunta la «sfortuna» della sparizione del bersaglio preferito nonché decuplicatore di ascolti (e cioè l’ex premier). Comunque, ora, tutto questo potrebbe finire negli archivi. Perché nel caso- hanno appena cominciato a riparlarsi- in cui San­toro e il «canaro» (soprannome di Giovanni Stella) si trovassero sul­la stessa lunghezza d’onda (l’an­no scorso si scambiarono accuse terribili), l’anchorman dovrebbe ovviamente abbandonare il pro­getto in corso. E riproporre il suo talk rivisto e corretto (ma in so­stanza con la stessa formula ugua­le da un ventennio) con ancora più forza su La7. Da quelle parti, in­fatti, mica l’attendono come il messia di una nuova era della li­bertà televisiva, semmai come il salvatore (o uno dei salvatori) dei conti economici, più precisamen­te degli ascolti Auditel. Si sa, la re­te Telecom si è persa un po’ per strada: dopo aver puntato tutto sull’informazione e sul conflitto politico, l’arrivo di «rigor montis» ha smontato l’impianto del grup­po «barricadero» Dandini-Guz­zanti- Bignardi. E, ora per rimette­re in riga il palinsesto, si sta ricor­rendo ai ripari. Certo, pure Santo­ro fa parte della categoria degli «or­fani di Berlusconi », però il giorna­lista con una vera rete alle spalle può dare ancora molto e, poi, cosa salterebbe fuori da un’accoppia­ta con Mentana ( magari con degli speciali di prima serata)? Il diretto­re del TgLa7 è stato l’anno scorso grande sponsor del collega: arrivò ad annunciare in diretta, in manie­­ra troppo affrettata, il suo probabi­le arrivo. Poi ci rimase male per il mancato accordo e per le polemi­che che ne seguirono sui «diversa­mene liberi». Santoro, dunque, dovrà rimangiarsi (ma nessuno glielo chiederà pubblicamente) le accuse fatte a Stella di aver cam­biato idea sul suo ingaggio per «colpa di un intervento dell’allora premier che avrebbe messo in dif­ficoltà la Telecom» e quelle allo stesso Mentana di essere poco av­vezzo alle battaglie per la libertà d’informazione. Comunque ­sempre nel caso in cui vedremo ve­ramente Michele sugli schermi de La7 a settembre- si dovrà trova­re un altro spazio a Corrado Formi­gli, l’ex delfino di Santoro che,nel­lo spazio che doveva essere del maestro, ha realizzato una buona trasmissione con livelli di ascolti positivi. Ma non sarà difficile tro­vare altre serate libere in palinse­sto: probabilmente l’anno prossi­mo non ci saranno più Un due tre stella della Guzzanti e The show must go off della Dandini che inve­c­e non hanno raggiunto gli obietti­vi sperati. Insomma, per Paolo Ruffini, il neo direttore di rete, si prospetta un compito difficile: rifare tutto da capo e sperare nell’arrivo del «salvatore».