Cristiano Gatti, il Giornale 17/4/2012, 17 aprile 2012
NOI CONDANNATI A NON POTERLO ELIMINARE
Va bene, demente: abbiamo capito. Non vedevi l’ora di venirci a raccontare quanto sei eroe, quanto stai sopra la nostra meschinità di servi, di esibire il tuo superEgo, rivolgendo in faccia alle vittime il pugno della tua forza, con quel barbettino rifinito di fresco e con quel vestito da gran cerimonia che evidentemente hai scelto con cura, come per un matrimonio o per un gran galà: come per l’appuntamento sognato da una vita.
Va bene, demente: abbiamo capito che ti commuovi soltanto davanti al filmato del tuo «manifesto» politico, che sei dispiaciuto solo di non aver lavorato alla perfezione, limitando a 77 i cadaveri della tua giustizia antimarxista. Abbiamo capito che ti consideri un perseguitato politico, che non riconosci questo tribunale di venduti alla causa multietnica, che ammetti la strage senza riconoscerti colpevole, perché colpe non ce ne sono, caso mai ti aspetteresti una medaglia per aver fatto un po’ di pulizia.
Guardati in giro, però, demente: pensa quanti genitori, quanti fratelli, quanti amici si sono dovuti sorbire queste tue nuove sventagliate assassine, quasi più cattive e letali delle stesse pallottole, senza averti tra le unghie, senza poterti neppure dare una lezioncina, dovendo anzi reprimere le pulsioni più umane in un contegno gelido e silenzioso.
Ti senti forte, demente? Non credi di dover almeno ringraziare queste basilari regole della civiltà, che escludono la giustizia sommaria, che addirittura tolgono le manette e rispettano qualsiasi imputato, fosse pure la bestia più sanguinaria e fuori di testa, proprio come te? E allora dicci, eroe senza tremori e senza timori: che forza sarebbe la tua? Dove sarebbe l’eroismo nello sparare un mucchio di farneticazioni, berciando di difesa dell’ordine e della pulizia sociale, comodamente protetto da ampi cordoni di polizia e dalla compostezza di persone civili?
Fai il piacere, demente: ringrazia la tua fortuna, questa enorme fortuna d’essere capitato in un mondo tanto svaccato, come dici tu e come spesso riconosciamo anche noi senza bisogno delle tue stragi, ma comunque un mondo ancora così evoluto da permetterti certi show a costo zero.
Pensa un po’, demente, se ti fosse capitato di combinare le stesse imprese a Teheran o a Pechino, tanto per fare due esempi a caso. Ci pensi mai, nelle tue notti deliranti, a questa fortuna sfacciata?
Pensa un po’ a noi, invece. In tutta questa parte del mondo, siamo già condannati prima ancora di cominciare il processo. La nostra pena è veramente infernale: doverti stare a vedere e a sentire tutti i giorni in televisione. Anche questa è democrazia, o comunque uno dei suoi effetti e dei suoi costi: diffondere ovunque le fasi del processo, senza nascondere niente. È per questo che stai vincendo ancora tu: mentre vanno in onda le nuove puntate del tuo macabro reality, noi possiamo solo incassare e subire. In attesa che la giustizia, come usa dire, faccia il suo corso. Magari alla fine riconoscendoti incapace d’intendere e di volere, con destinazione finale il manicomio. Ma solo per qualche anno, non temere: possibile che una volta dimostrata la tua guarigione sarai di nuovo libero, per ricominciare la lotta, al grido «dov’eravamo rimasti?».
Voglia il Cielo che non finisca così anche stavolta. Demente, non puoi pretendere di stravincere, strappando tutti i più confortevoli vantaggi proprio a quel tribunale che irridi in mondovisione. No, non deve finire così. Demente, lasciaci almeno sperare che prima o poi la tua boria squilibrata venga richiusa dentro quattro mura. E che qualcuno butti via la chiave, per sempre.