varie, 18 aprile 2012
Luigi Fontana detto Giggino, 64 anni. Originario di Castelsaraceno (Potenza), titolare a Milano della farmacia Barocco in via Forze Armate, sposato e padre di due figlie, «brav’uomo molto legato al paese natìo», da oltre vent’anni era amico di un Gianfranco Bona di 50 anni, proprietario di una piccola azienda di trasporto farmaci, al quale nel 2006 aveva prestato un sacco di soldi per aprire due società per il commercio di medicine messe poi in liquidazione «dopo un periodo di crisi del mercato» nel 2010 e 2011
Luigi Fontana detto Giggino, 64 anni. Originario di Castelsaraceno (Potenza), titolare a Milano della farmacia Barocco in via Forze Armate, sposato e padre di due figlie, «brav’uomo molto legato al paese natìo», da oltre vent’anni era amico di un Gianfranco Bona di 50 anni, proprietario di una piccola azienda di trasporto farmaci, al quale nel 2006 aveva prestato un sacco di soldi per aprire due società per il commercio di medicine messe poi in liquidazione «dopo un periodo di crisi del mercato» nel 2010 e 2011. Il Bona nel tempo il grosso del denaro gliel’avevo restituito, ma aveva ancora un debito di 270 mila euro che non sapeva come estinguere e che gli angosciava la vita sempre di più. Allora qualche settimana fa chiese al Fontana, con la scusa che vicino casa aveva le nutrie, di procurargli del cianuro. Poi, lunedì 2 aprile, dopo aver ordinato al bar di fianco alla farmacia un caffè per se e uno per il magazziniere e un Crodino per l’amico, versò alcune gocce di veleno nell’aperitivo e lo offrì al Fontana che dopo averne bevuto due sorsi disse respirando a stento «è amarissimo, ma cosa c’è dentro?» e dopo pochi secondi s’accasciò in preda agli spasmi sul pavimento del retrobottega (ricoverato in coma in ospedale, morì alle 9 di mattina di domenica 15 aprile: nel suo sangue furono trovate seimila parti di cianuro, quando già ne bastano cinquecento per provocare morte certa). Smascherato grazie alle telecamere di videosorveglianza, Bona spiegò alla polizia che da un mese girava con in tasca la siringa piena di cianuro in attesa dell’occasione buona per liberarsi dell’amico: «Mi sentivo strozzato, rivoleva i suoi soldi e mi faceva pressioni sempre più pesanti». Nei giorni successivi venne fuori che il veleno l’aveva versato, chissà perché, pure nel caffè del magazziniere della farmacia, che si salvò solo perché, dicendo «fa schifo», lo sputò al primo sorso. Poco prima delle 13 di lunedì 2 aprile nella farmacia Barocco in via Forze Armate a Milano.