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 2012  aprile 16 Lunedì calendario

LA RESPONSABILITÀ CIVILE INTIMIDISCE I MAGISTRATI

Anche nelle affrescate e ovattate sale di Palazzo Spada, sede del Consiglio di Stato, si sta all’erta. Fonte di grandi preoccupazioni è la riforma della responsabilità civile dei magistrati. Una grana per Giancarlo Coraggio, arrivato alla presidenza dei giudici amministrativi a inizio febbraio, pochi giorni dopo che la Camera aveva approvato l’emendamento che impone alle toghe di pagare di tasca propria in caso di errore.
«Abbiamo un contenzioso - sottolinea Coraggio, che giovedì si insedierà formalmente nel nuovo incarico – di estrema rilevanza economica. Per esempio, il valore delle cause sulle Authority è di centinaia di migliaia se non milioni di euro. Per di più, si tratta di ricorsi in cui è frequente la pregiudiziale comunitaria, ovvero la necessità di un’interpretazione coerente con i princìpi della Ue in materia di concorrenza. Dunque, se in Parlamento dovesse passare l’attuale formulazione della norma (il ministro della Giustizia, Paola Severino, nei giorni scorsi ha però fatto circolare un testo che ridimensiona la responsabilità delle toghe, ndr), la nostra attività correrebbe il serio pericolo di paralisi. Si pensi a un magistrato posto di fronte al rischio di essere esposto a un’azione di risarcimento per cifre come quelle indicate. Significa intimidirlo».
Un problema che si somma a quello delle risorse. Nel 2012 il vostro budget ha subìto un taglio del 15 per cento.
Quello delle risorse è un problema soprattutto di lungo periodo. C’è un’inadeguata destinazione dei fondi alla giustizia in generale e in particolare a quella amministrativa, ripartizione che si riflette sugli organici dei magistrati e del personale amministrativo. Sia in primo grado sia in appello il numero dei giudici è inadeguato. Nei Tar ne mancano circa 70. A luglio si dovrebbe in parte correre ai ripari con un concorso per 30 magistrati. Intanto, però, questa situazione rende praticamente impossibile far fronte al nuovo contenzioso, considerato, tra l’altro, che l’anno scorso ci è stato imposto di aumentare del 5%, rispetto al 2010, le cause arretrate da smaltire e quest’anno la soglia è stata portata al 10% in più rispetto al 2011.
Bisogna, dunque, rivedere i carichi di lavoro stabiliti dal Consiglio di presidenza?
Più che una rideterminazione quantitativa dei carichi, si dovrà lavorare sui profili qualitativi. Non ritengo giusto che tutte le decisioni abbiano il medesimo peso statistico. Ci sono, infatti, sentenze complesse – basti pensare alle cause sulle Autorità, ai contratti di appalto di grandi dimensioni – e altre che hanno un peso minore. Occorrerebbe fare una valutazione ponderale dei ricorsi, piuttosto che ripensare il numero di fascicoli da assegnare a ciascun giudice.
Dovrebbe essere il presidente del tribunale a fare tale valutazione?
No. Dovrebbe essere il Consiglio di presidenza a indicare i criteri, che però non possono essere applicati in modo totalmente automatico. Bisogna, dunque, lasciare un minimo di discrezionalità e valutazione al presidente del tribunale, che dovrebbe comunque sentire il parere dei colleghi.
Come presidente dell’organo di autogoverno, porrà il problema dei carichi di lavoro?
Avevo già sollevato tale questione, ma senza grande successo, in passato, quando ero componente del Consiglio di presidenza ad altro titolo. Ora, grazie alla maggiore autorevolezza legata al ruolo, credo di poter tornare sul problema e pretendere che venga valutato.
C’è ancora spazio per le sezioni stralcio?
Temo di no. Nell’attuale contesto economico-finanziario lo spazio per finanziamenti adeguati è ben poco.
Per aggredire l’arretrato non resta, dunque, che far leva su una maggiore produttività dei magistrati?
Sì. Ma anche così non è che ci si possa aspettare molto. Le nozze con i fichi secchi non si possono fare. Il problema di fondo è che siamo pochi.
Siete pochi, ma in buona parte fanno altri lavori: sono fuori ruolo o hanno il doppio incarico.
Tra Tar e Consiglio di Stato i fuori ruolo sono 16, più tre magistrati in aspettativa. Dunque, il 3% degli organici. Numeri non troppo distanti da quelli della magistratura ordinaria e della Corte dei conti: nella prima i fuori ruolo rappresentano il 2,5%, nella seconda il 2,3 per cento. Per quanto riguarda i doppi incarichi, anche in questo caso siamo nell’ordine di 15-16 magistrati, che di solito sono assegnati alle sezioni consultive. Non sottraggono, dunque, forze all’istituto.
Quel 3% di fuori ruolo, però, è ancora più pesante se si considerano i vuoti di organico.
Non lo posso negare.
Senza poi considerare il problema del doppio stipendio dei fuori ruolo.
Problema che però non si pone più. Ora è previsto che ci sia solo un’integrazione dello stipendio base nei limiti del 25 per cento. Un intervento moralizzatore importante, che renderà meno appetibili gli incarichi esterni, specialmente quelli che comportano l’assunzione di grosse responsabilità.
È favorevole alle sezioni consultive nei Tar?
Non è un problema attuale. Al di là dell’opportunità di avviare questa riforma e dell’esistenza di un reale interesse da parte di regioni ed enti locali, nei Tar, specie nei piccoli, è impossibile garantire la separazione tra le funzioni consultive e quelle giurisdizionali, come ha chiesto la Corte di giustizia europea a proposito del Consiglio di Stato del Lussemburgo, dove i numeri sono contenuti e non era pertanto possibile attuare quella separazione, come invece avviene nel nostro Consiglio di Stato. Nei Tar, la separazione potrebbe essere rispettata solo con un consistente aumento di organici. Che, visti i problemi di risorse, è da escludere.
La class action pubblica si è un po’ spenta?
È partita con difficoltà e i risultati ancora non si vedono. Al momento, abbiamo emesso solo tre sentenze.