Zita Dazzi, la Repubblica 16/4/2012, 16 aprile 2012
Milano, più signor Hu che Brambilla così cambia la geografia dei cognomi – MILANO - Il sciur Brambilla può mettersi l’animo in pace
Milano, più signor Hu che Brambilla così cambia la geografia dei cognomi – MILANO - Il sciur Brambilla può mettersi l’animo in pace. Nella Milano multietnica dove un residente su cinque ormai parla straniero, deve rassegnarsi al sorpasso da parte del signor Hu, che viene dalla Cina e porta il cognome più diffuso in città, secondo solo a Rossi, il patronimico italiano per antonomasia. Niente di strano, sapendo che i cinesi, arrivati sotto la Madonnina all’inizio del ’900, sono ormai 19mila, senza contare gli irregolari, terza comunità immigrata dopo quella filippina e l’egiziana. A scoprire la rivoluzione onomastica, rivelatrice di come stia mutando anche l’antropologia del capoluogo lombardo, è il Comune. All’anagrafe cittadina risulta infatti che tra i primi cento cognomi registrati, prima di Brambilla, ma anche prima del milanesissimo Cattaneo, ce ne sono tre di chiara provenienza cinese: oltre ai 3.694 residenti che si chiamano Hu - cioè "Lago" in mandarino - ci sono poi anche 1.625 Chen e 1.439 Zhou. Scorrendo l’elenco, si scopre che i 1.030 Wang vengono prima dei 1.027 Fumagalli. Che i 930 Wu e i 916 Lin battono gli 883 Ferrario, seguiti poi dagli Zhang, dai Liu, dagli Zhao, i Li, gli Zhu e gli Zheng. Cognomi brevi e molto diffusi anche in Cina, dove a fronte di una varietà sterminata di nomi, per oltre un miliardo e 300 milioni di abitanti, i cognomi a disposizione sono invece solo un centinaio. Con buona pace di chi è preoccupato per la salvaguardia della tradizione meneghina, dallo studio delle classifiche dell’anagrafe emerge che oltre ai cinesi, i poveri Brambilla sono tallonati anche dagli arabi Mohamed, Ahmed e Ibrahim, che vengono molto prima dei classici Frigerio e Lombardo. Primati che non entusiasmano i cinesi. «Lo sappiamo da tempo, che Hu è un cognome diffuso - borbotta Luigi Sun, storico portavoce della comunità, capostipite di una famiglia di commercianti tra i più conosciuti a Chinatown - Non abbiamo una gran varietà di cognomi, a differenza di voi italiani. Ma non sono queste le cose che ci interessano, sarebbe meglio se il Comune non ostacolasse le nostre attività all’ingrosso, come invece sta facendo da tempo». La questione invece stimola l’assessore ai Servizi civici, Daniela Benelli: «Il cambiamento della città si legge anche attraverso i cognomi, e questa forte presenza dei cinesi e in generale dei migranti mi sembra un fatto positivo, che spiega come Milano sia ormai una metropoli moderna e multietnica». L’assessore coglie l’occasione per ribadire che «adesso, visto il radicamento così forte delle comunità straniere, ci vorrebbe una rappresentanza politica maggiore, sia con la cittadinanza ai nuovi nati, sia col diritto di voto amministrativo». Non si stracciano le vesti nemmeno i Brambilla, che attraverso il presidente del loro sodalizio, Marco, 72 anni, ex dirigente d’azienda, definiscono il sorpasso normale: «È una cosa naturale. Quandoè nata mia nipote Giulia, in ospedale l’abbiamo registrata assieme a una famiglia che iscriveva la loro piccola Hu. Non mi dispiace affatto che le altre famiglie crescano, ben vengano anche gli Hu. Quello che mi dispiace è che noi facciamo meno figli, invecchiamo, o per questione di risparmio, andiamo a vivere fuori Milano. Così diventiamo sempre meno». L’unico che si arrabbia è Riccardo De Corato, presidente del consiglio comunale e parlamentare Pdl: «Anche se il Comune non lo dice, siamo di fronte a un’invasione allarmante.E questa storia dei cognomi ne è solo la conferma. La sinistra buonista non dirà mai, ma la smentiscono sia i futuri arrivi e sia sulla loro pericolosità».