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 2012  aprile 15 Domenica calendario

La MAXXI pazzia di voler fare il ricco con l’arte povera - Il caso MAXXI - il Museo na­zionaledelleartidelXXIseco­lo, a Roma, a rischio commis­sariamento- non rappresen­ta che l’apice del sistema fallimen­tare con cui viene gestito l’appara­to museale in Italia, tra altissimi co­sti di g­estione e offerte che incontra­no scarso gradimento, se non indif­ferenza, da parte del pubblico

La MAXXI pazzia di voler fare il ricco con l’arte povera - Il caso MAXXI - il Museo na­zionaledelleartidelXXIseco­lo, a Roma, a rischio commis­sariamento- non rappresen­ta che l’apice del sistema fallimen­tare con cui viene gestito l’appara­to museale in Italia, tra altissimi co­sti di g­estione e offerte che incontra­no scarso gradimento, se non indif­ferenza, da parte del pubblico. Sa­rebbe ingiusto parlare di sperperi o cattiva gestione, perché la questio­ne è purtroppo molto più grave: il MAXXI è nato vecchio, senza iden­tit­à e superato da tempi in cui per so­pravvivere bisogna immaginare spazi piccoli, fluidi, con costi di ge­stione contenuti, dove ti restino quattrini per sperimentare e inve­stire sull’innovazione. Dopo dodici anni di cantiere e di­versi governi si apre a Roma nel maggio 2010 un museo inadegua­to, un moloch esibizionista per compiacere l’ennesima archistar di turno,Zaha Hadid,la cui parcel­la­vale quanto il Pil di un paese del­l’Africa. Come chi si compra la Fer­r­ari e poi non ha i soldi per la benzi­na, al MAXXI nonrestachevi­vacchiare, gesti­to da funziona­ri solerti e one­sti ma pr­ivi di ca­risma e di capa­cità contrattua­le, con scelte ri­petitive (le soli­te rassegne sul­l’Arte Povera), sfibrate, propo­ste di nicchia, mostre di terza battutachearri­vano giusto pri­ma di finire nei container, buon ultima quella sugli in­diani arrivata a Roma tre anni dopo Londra. Preoccupa che il presiden­te Pio Baldi e i consiglieri d’amministra­zione insistano nel parallelo con omologhe realtà europee e americane, dove espongono Da­mien Hirst o Gerhard Richter, Hel­mut Newton o Andy Warhol, Jean-Michel Basquiat o Maurizio Catte­lan. Certo, sono operazioni costo­sissime, ma anche le uniche in gra­do di attrarre sponsor e guadagna­re dalla bigliettazione. Per colpa della miopia di chi dirige le nostre istituzioni,da anni l’Italia è esclusa dal giro dell’arte che conta, ed è molto più semplice lamentarsi dei tagli e attaccare il ministro di turnopiuttostodirecita­re il mea culpa e far­neticare di boo­kshop e ristoranti, che da soli non possono salvare i musei. La verità è che il MAXXI ci si va una volta nella vi­ta per vedere l’edifi­cio e non le mostre o la collezione, prevedibile e un po’ clientelare, mentre alla Tate o al Pompidou ci si torna spesso,per­ché c’è sempre qualcosa da vedere. Della possibile decisione di com­missariamento il responsabile è il ministro Ornaghi. Uno dei suoi vi­tuperatipredecessori, SandroBon­di, si era speso per garantirne la so­pravvivenza nonostante non ne condividesse la linea e avesse intui­to con subito che prima o dopo il bubbone sarebbe esploso. Ai tem­pi del governo Berlusconi non pas­sava giorno senza un attacco del­l’opposizione, senzal’articoloindi­gnato di Salvatore Settis su Repub­blica contro i barbari che uccidono la cultura, mentre oggi c’è persino imbarazzo a contraddire i tecnici che si mostrano più incompetenti e meno lungimiranti dei politici. In ogni caso al MAXXI non è stata finora messa a punto un’offerta adeguata alla improbabile gran­deur dell’edificio. La scelta di un museo senza testa, senza una vera direzione di valore e comprovato profilo internazionale, ha franca­mente dell’assurdo. Non aver volu­to né un grande manager (uno di quelli che alza il telefono e trova i soldi) né un curatore di prestigio (Carlos Basualdo passa più tempo a Filadelfia che a Roma pur pren­dendo il doppio stipendio, ma for­s­e non vuole mettere in ombra i fun­zionari...) suona come una decisio­ne suicida ma consona al costume romano di far cultura negli uffici dei politici e nei salotti. Ci chiedia­mo se la presenza di Larry Gago­sianaRoma, ilpiùimportantegalle­rista al mondo, non avrebbe potu­to maturare una qualche forma di collaborazione. Ma ai responsabili dei musei piace di più gestire i pro­pri affari senza ingerenza alcuna. Continuando così chiuderanno, ol­tre al MAXXI, il Castello di Rivoli, il MADRE a Napoli, il Riso a Paler­mo.... Ora che non c’è più la destra cattiva, di chi è la colpa? Luca Beatrice *** Il museo: «Da parte nostra nessun buco» Il Mibac: «Da parte nostra nessuna guerra» - «L’ imprevedibile, scandaloso disimpe­gno da­parte del Ministero ci ha pre­so alla sprovvista. La notizia del commis­sariamento ha provocato panico tra qualche dipendente». Viene subito al dunque il presidente del MAXXI Pio Baldi ( nella foto ): il buco da 11 milioni di euro (di cui hanno parla­to venerdì i giornali) non c’è,il mu­seo è sempre pieno, fattura alla grande e parla di «commissariamen­to tecnicamente ingiustificabile» (il nome che circola è quello dell’attuale Se­gretario Generale del Mibac Antonella Rec­chia) e di «disegno prestabilito». Già, un dise­gno. Ma stavolta Baldi non saprebbe con chi prendersela, perché i tagli denunciati sono un po’ del«vecchio»ministro Galan,un po’ del go­verno Monti. Si passa dai 7 milioni elargiti nel 2010 ai 2 del 2012.Baldi illustra le cifre.«Il disa­vanzo di 700mila euro dell’esercizio 2011, do­vuto in parte ai tagli lineari effettuati in corso d’anno dal precedente governo,è stato coper­to grazie all’attivo dei bilanci 2009 e 2010, pari a 2.384.278 euro. Questo significa buona gestio­ne. Chi parla di una previsione di perdite di 11 milioni di euro nel triennio confonde deficit con fabbisogno futuro». In ballo ci sarebbero ancheimportantiaccordi. «Stavamochiuden­do una partnership per 1,8 milioni di euro con la maison Fendi per diversi milioni di euro. Oracipotrebbeessereunripensamento».Ilvi­cepresidente Grossi ha meno aplomb: annun­cia le dimissioni. «Il Mibac ha effettuato un ta­glio del 75% dei suoi finanziamenti al Maxxi nell’arco di due anni. Il cda non ha potuto ap­p­rovare il bilancio 2012 proprio per l’incertez­za del finanziamento da parte del ministero, ecco il problema». Ministero che ribadisce: «L’avviodelleproceduredicommissariamen­to non è un atto punitivo ma amministrativo, dovuto in assenza del bilancio preventivo 2012 e in presenza di un disavanzo accertato del bilancio 2011 che rischia di aggravarsi».An­che per l’ex ministro Galan- «non sorpreso dal­la situazione del MAXXI » - il commissariamen­to non è penalizzante: «Da Ministro ho solleci­t­ato la dirigenza del museo affinché presentas­se un piano industriale. Avevo spiegato l’im­poss­ibilità di erogare altri fondi rispetto al pre­ventivato e mi ero reso disponibile a trovare so­luzioni, ma non ho avuto risposte». Dura an­che la Uil che ribadisce la contrarietà al siste­ma delle fondazioni per il MAXXI e sottolinea come del problema di gestione del museo si sa­pesse da tempo. «Tutti i piani industriali di que­ste fondazioni giocano sull’equivoco di fondo, ovvero che è lo Stato che conferisce i beni e pa­ga personale e gestione. Ma se queste Fonda­zioni pagassero anche i l personale avrebbero i bilanci in passivo di milioni». Jacopo Granzotto