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 2012  aprile 15 Domenica calendario

Spunta mamma Bossi e difende «l’Umberto»: fa bene a starne fuori - Dietro il cancello si vede una vecchia corte lombarda

Spunta mamma Bossi e difende «l’Umberto»: fa bene a starne fuori - Dietro il cancello si vede una vecchia corte lombarda. Ida Va­lentina Mauri non si muove da lì e tiene a bada la troupe: «Andate via e non fatemi fotografie». La signo­ra porta in modo spavaldo i suoi quasi novantaquattro anni- com­pleanno a giugno - e fino a ieri di­fendeva in modo altrettanto strepi­toso la propria riservatezza. Tutti hanno conosciuto la mamma di Berlusconi, Rosa, scomparsa quat­tro anni fa, ma la mamma dell’Um­berto pare, con il rispetto dovuto, un meteorite arrivato da chissà quale astro. E invece basta andare a Samarate, non lontano da Mal­pensa, per risalire l’albero genea­logico del leader della Lega. E per scoprire che la mamma è il vero scudo alle inchieste che piovono da tutte le parti. Non indietreggia. Anzi: sfodera una grinta e un pi­glio insospettabili, meglio di Al­berto da Giussano. «Umberto ha fatto bene a dimettersi -afferma senza tentennamenti- a tutti gli al­tri interessa solo la cadrega . Il ca­dreghin ». A Bossi Umberto no: «I miei figli quella mano - dice rife­rendosi a quelli che le mani le al­lungano per rubare- non ce l’han­no ». La signora che tace da una vi­ta, sbuca nel momento più diffici­le, forse il più opportuno solo per una madre che non fa calcoli. E di­ce quel che deve dire, dopo aver ta­ciuto per una vita. I soldi portati via? «Prima di parlare bisogna es­sere sicuri». E lei è pronta a mette­r­e una mano e anche l’altra sul fuo­co. E a rompere per qualche secon­do il silenzio che aleggia su Sama­rate, località ignota alla geografia della politica italiana. Racconta il nipote Matteo Brivio, assessore ai lavori pubblici nel piccolo comu­ne e architetto: «I nonni, Ida e Am­brogio, che è morto nell’89,venne­ro qui da Cassano Magnago negli anni Cinquanta: mia mamma An­gela, che è nata nel 1951, era picco­la quando ci fu il trasloco ». Ambro­gio Bossi, il capofamiglia, lavora­va come operaio in un’azienda tes­sile di Gallarate, l’Alceste Pasta, la mamma Ida era portinaia; poi c’erano i tre figli:Umberto il primo­genito, classe 1941, Franco, che è del ’47 e Angela, la più piccola. Tanti anni dopo, Ida Mauri in Bossi è ancora al suo posto di com­battimento. E dall’alto dei suoi an­ni fa dell’ironia su Umberto: «Ha fatto bene a dimettersi, a starne fuori, perché c’ha già la sua età. Che si riposi». Ida indossa una camicetta chiu­sa fino all’ultimo bottone e sopra un grembiule da lavoro, quasi un distintivo per tante donne della sua età. L’aspetto è curato, i modi ruvidi ma gentili. E i messaggi di­retti, senza tanti giri di parole. Quando il giornalista de La7 Lo­renzo Morelli, inviato del pro­gramma In onda , le chiede se Um­berto abbia preso il suo carattere, lei replica brusca: «Ha preso il ca­rattere che sa rispondere». La signora Ida non dà proprio l’impressione di vivere di ricordi e nemmeno della gloria riflessa del figlio. Un vicino, viste le telecame­re, si fa coraggio e prova stuzzicare i giornalisti: «Voi non sapete che questa signora è una persona fa­mosa ». «Stai zitto», lo mette a tace­re lei. Ha i piedi ben piantati per ter­ra, Ida, sembra lontana le mille mi­glia dai lussi sibaritici del Palazzo, miscela l’italiano con espressioni dialettali. E difende Umberto, e già che c’è Angela e Franco, come solo una madre: «I miei figli quella mano non ce l’hanno».Insomma, i Bossi hanno le mani pulite. E una grande voglia di normalità: «Mio fi­glio è un figlio normale, come tutti gli altri». Poche frasi,non un’intervista,ti­rate fuori a fatica, come fa il denti­sta. Senza costruire biografie pie­gate alla retorica del dopo: «Quan­do stava in casa con noi Umberto era rispettoso con i genitori, stu­diava ». Punto. Poi prova ad allon­tanare la troupe: «Voi cercate An­gela, ma Angela non c’è, è a Mila­no, andate via, non perdete tempo e non tornate a cercarci». «Mia mamma Angela - spiega Matteo ­abita qui a Samarate, vicino alla nonna, ma lavora a Milano dove ha un negozio. E tutte le mattine va in città. Sì, è una pendolare co­ma tanti ». Nel ’96 Angela e il marito Pieran­gelo Brivio avevano fondato un lo­ro partito, Alleanza lombarda, in un duello mortale con la Lega. In un’intervista corale a Sette ne ave­vano dette di tutti i colori sull’Um­berto. «È dall ’87 che non gli parlo­aveva sibilato la sorella- è uno che un giorno dice una cosa e un gior­no un’altra». Poi, non contenta, aveva affondato il colpo: «Mi ha ro­vinato anche il giorno del matri­monio. Mi aveva promesso il servi­zio fotografico. E invece venne tut­to sfocato». E il consorte aveva ag­giunto perfido: «Stiamo parlando di uno che ha organizzato tre feste di laurea senza mai essersi laurea­to ». Poi però Angela è rimasta vedo­va, con due ragazzi da mantenere, Matteo e Cinzia, e si è riavvicinata a Umberto e alla Lega. Matteo è un lùmbard doc, senza tentazioni ere­tiche, anche se sorvola sull’attuali­tà: «Non rilascio dichiarazioni». Racconta solo l’episodio che cam­biò la vita dei Bossi moltissimi an­ni fa: «Il bisnonno, il papà di Ida, ebbe un incidente: era alla guida di un carro e si scontrò con un mo­­tociclista che fu ferito gravemen­te. Per risarcirlo la famiglia fu co­stretta a vendere i terreni che pos­sedeva a-Cassano Magnago e i non­ni si trasferirono a Samarate ».L’al­tro episodio è cronaca di questi giorni.