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 2012  aprile 16 Lunedì calendario

La solidarietà al tempo della crisi: l’imprenditore ospita il piastrellista - La crisi ha tante facce terribili

La solidarietà al tempo della crisi: l’imprenditore ospita il piastrellista - La crisi ha tante facce terribili. Ma ce n’è qualcuna che vale la pena di raccontare. Giuseppe Iudici ha trovato la forza di farlo e la sua vita è ricominciata. Per ora è solo una speranza, come dice lui, ma la speranza serve anche per insegnarla e per aiutare gli altri. Giuseppe Iudici, da Taranto, Puglia, 44 anni, faceva l’imprenditore, titolare di un’azienda che vendeva centri benessere. Tre anni fa è andato in malora tutto, la crisi gli ha tolto i 12 dipendenti e pure l’impresa e l’ha lasciato con tre figli e una moglie, e pochi euro da parte. Ha passato il tempo senza dormire mai e con le lacrime agli occhi, consumando i suoi ultimi risparmi. Pochi giorni fa, una notte che non dormiva, ha preso carta e penna e ha scritto la sua storia a un giornale, «Affari italiani». Da quel momento la sua vita è cambiata, altre persone gli hanno raccontato la loro vita, così uguale alla sua, l’ha chiamato Lucia Annunziata alla tv, e lui ha aperto una pagina su Facebook a Pasqua e in due giorni aveva già 1500 amici, tutti come lui, tutti in cerca di una speranza per rinascere, lungo la stessa strada perduta nel bosco. Giuseppe ha dovuto farsi carico di tutti e loro si sono fatti carico di lui. Strana storia nell’Italia della paura. L’altro giorno ne ha trovata un’altra, quella di Antonio, 46 anni, piastrellista, che ha perso il lavoro e la casa e si è accampato in auto con la moglie Giovanna e la figlia di 15 anni, vicino a piazza Bettolo, a Taranto. Una situazione così brutta che sono arrivati i servizi sociali e gli hanno preso la bambina e gliel’hanno portata via: «Lei non può stare qua». Antonio il piastrellista è rimasto solo a dormire nell’auto, al gelo di quest’inverno. Lui è andato là, e gli ha offerto casa sua, «almeno avete un tetto», ha detto, «e potete stare assieme e cercare un lavoro». Li ha portati a vedere la stanza, «mancava un divano, ma adesso ci aggiustiamo». Poi, quando lo hanno invitato a Domenica In ha mandato loro, «perché se lo vedono in tv forse gli danno qualcosa da fare». Allora, gli diciamo, ma anche lei è senza lavoro. E Giuseppe risponde di sì, «vediamo». E anche lei dev’essere aiutato, insistiamo. «Sì, ma vede, io lo aiuto perché lo capisco. E’ come se aiutassi me, e aiutando lui aiuto anche me. Vedo un padre di famiglia che vive in macchina, e ci sono passato per questa strada, so che cosa significa». E la casa? «Questa non è casa mia». Paga un affitto? «No. Non lo pago da tre anni. Il padrone mi conosce e mi ha detto che non importa. Quando li avrai me li darai, mi ha detto. Cosa faccio? Regalo l’aiuto che ho avuto a un altro che come me ne ha bisogno». Giuseppe ha le gote scavate come quelle di un attore sudamericano, i capelli brizzolati tirati indietro, la scriminatura in mezzo. E’ un bell’uomo, con la disperazione della dignità. Il suo sguardo non ha neanche più malinconia. Le sue lacrime le deve aver consumate tutte. Fino a quella notte, quando ha preso carta e penna. Era successo che suo figlio doveva andare in gita con gli amici. «Ed era felice, anche perché si levava in qualche modo da questa angoscia. Solo che ci volevano 190 euro, e io non avevo manco quelli. Non avevo nemmeno 50 euro per pagare la bolletta della luce, e stavano per staccarmela quando è venuto mio padre a darmeli. Anche mio padre s’era tolto il pane di bocca per darmeli. Mi sono messo a piangere quando i suoi amici l’hanno chiamato: perché non sei qui? Cosa doveva rispondere: perché non abbiamo nemmeno i soldi per la luce?». Giuseppe dice che ha trovato il coraggio dopo quelle lacrime. Il coraggio di sfogarsi. «Ci siamo messi insieme, ho aperto una pagina su Facebook: Giuseppe Iudici, la voce vera dell’economia reale. Molti sono imprenditori come me, finiti sul lastrico. Non pensavo che fossimo così tanti. All’improvviso non solo non abbiamo più i soldi per i dipendenti, ma non abbiamo neanche più quelli per la bolletta, per pagare l’affitto, per dare un avvenire ai figli». Dice: «Dobbiamo metterci assieme. E’ la gente che ha bisogno che aiuta chi ha bisogno. Sono quelli che sanno, che aiutano, quelli che vedono, che capiscono quello che si prova». Racconta di uno che piangeva perché lo stavano cacciando via di casa, e lui ha raccolto un euro a testa e gli hanno trovato l’affitto: per quelli come loro un euro è tanto, però l’hanno salvato. Anche ad Antonio, il piastrellista, è arrivata una signora e gli ha dato 20 euro: servono per cominciare, gli ha detto. Sono arrivati i partiti: gli hanno chiesto tutti di mettersi in politica, gli hanno offerto tutti una poltrona. «Noi siamo l’antipolitica, quella vera, non quella che sfrutta gli slogan per cavalcarla. Noi siamo in questa situazione anche grazie a loro. Guarda adesso: ci stiamo aiutando fra di noi, ci stiamo aiutando fra disperati, fra quelli che hanno fallito, che hanno chiuso, che non vedono più il futuro. Però le dico questo: si sono uccisi 5 imprenditori questa settimana. Beh, se ci conoscevano, forse qualcuno di loro non lo faceva più».