Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  aprile 16 Lunedì calendario

“Tutto è pronto” La nuova Londra è già nei Giochi - E’ qui che faranno dormire i diciassettemila esseri umani più in forma del pianeta

“Tutto è pronto” La nuova Londra è già nei Giochi - E’ qui che faranno dormire i diciassettemila esseri umani più in forma del pianeta. Superatleti con una potenza fisica e un’energia sessuale capace di illuminare la Gran Bretagna come una centrale nucleare di nuova generazione. Li terranno protetti e coccolati in queste palazzine bianche, nella zona Est della città, tra Hackney, Tower Hamlets e Newham, a poche centinaia di metri dalla stazione di Straford, di fianco al neonato centro commerciale più grande d’Europa. Un angolo della capitale che cinque anni fa era considerato un ghetto e oggi, a poco più di tre mesi dall’inaugurazione dei Giochi, è la testimonianza fisica di come il denaro di un’Olimpiade possa consentire di smontare pezzo a pezzo un universo sbagliato e trasformarlo in una delle aree più sofisticate del Nord Europa. I prezzi delle case, costruzioni futuriste con balconcini colorati rossi e gialli, esterni in legno, vetro e acciaio, sono schizzati alle stelle. Un investimento da dodici miliardi di sterline che ha rimodellato quartieri, palazzi, strade, canali e snodi della metropolitana, consegnando al parco olimpico il compito di fare da calamita per migliaia di giovani, coppie o single, chiamati a costruire in questa terra che una volta era palude e adesso è circondata da duemila alberi e trecentomila piante coltivate lungo le anse del Tamigi, il proprio futuro. Un esodo imponente, favorito dalla passione illogica, fatale e imprevedibile di tutti gli amori grandiosi, a cui neppure la mutevole pelle del serpente londinese era abituata. «Questa è la nostra vera eredità olimpica», giura ispirato il sindaco di Londra Boris Johnson. Per arrivare agli alloggi degli atleti, ai suoi giardinetti curati, riempiti con tronchi ancora magri e prati di un verde che sembra ritoccato con photoshop, bisogna attraversare le transenne che introducono al parco olimpico sulla Greenway e camminare per qualche centinaio di metri in mezzo alle gru e alle scavatrici che ridistribuiscono la terra in un’area che si estende per oltre due chilometri quadrati. Rumore di trapani, operai con i caschi gialli, tendoni pronti per gli sponsor, metal detector inattivi, il profilo dello stadio Olimpico, i 155 metri rossi della torre di acciaio costruita da Anish Kapoor, le curve morbide dell’Aquatics Centre di Zaha Adid. Non si vede l’imponenza strutturale ostentata dai cinesi nel 2008, ma c’è più calore, un senso forte di collettività. «Dopo i Giochi, con ritocchi minimi, il parco ospiterà tremila e trecento nuovi appartamenti. L’idea del futuro è stata da subito la nostra ossessione». All’ingresso delle palazzine bianche Jonathan Edwards, oro alle Olimpiadi di Sydney nel salto triplo, responsabile del comitato per gli atleti, accoglie la stampa internazionale. I mini appartamenti sono stati appena riforniti. Accoglienti. Spartani. Due o tre stanze, bassi mobili di legno. I letti sono larghi un metro per due, con delle estensioni di trentacinque centimetri per gli atleti più alti. Ce ne sono due per camera. Le trapunte sono arricchite con i pittogrammi delle 32 discipline olimpiche. Su ognuna la scritta: «Coraggio, determinazione, ispirazione e uguaglianza». Divanetti azzurri. Poltroncine. Bagni sobri, con vasca e doccia. Non è il Ritz, ma dà un senso di pulizia e di cura. Un giornalista australiano chiede come faranno gli atleti a trasformare questi lettini da Biancaneve nel consueto carnevale della lussuria che caratterizza i Giochi. Scherza. Ma forse no. Edwards replica con generosa cortesia. «Gli atleti non cercano sistemazioni a cinque stelle, ma posti in cui possano concentrarsi per dare il meglio di sé». Quello insiste. «Perfetto, ma il sesso?». «Io qualche Olimpiade l’ho fatta. Ma forse frequentavo le feste sbagliate». Racconta che per la musica è stato fissato il coprifuoco alle undici di sera. E dice che non esiste uno sportivo che voglia prendersi la responsabilità di rientrare alle due di notte, sbattere la porta e rovinare la prestazione di un collega. «In ogni caso qui c’è tutto perché ci si possa sentire a proprio agio nello svolgimento di qualunque tipo di attività umana». Molto inglese. I cinquecento atleti del Team Gran Bretagna, calciatori compresi, alloggeranno qui e Tony Sainsbury, responsabile del villaggio, spiega di averli voluti tenere a distanza dai cubani. «Sono quelli che si danno maggiormente da fare». Strizza l’occhio considerando comunque la cosa un vizio tollerabile, come la gola o l’alcol. «Il problema non sono mai le abitudini o le rivalità politiche tra Paesi, piuttosto le rivalità tra atleta e atleta». Spalanca la vetrata del terrazzino e indica il Parco. «Non è bellissimo?». Grazie a un accordo con l’Holiday Inn sono stati fatti arrivare da tutto il mondo i novanta migliori concergies della catena alberghiera. Rapidi, educati, poliglotti, soprattutto discreti. Telecamere di sicurezza ventiquattro ore su ventiquattro, recinzioni elettrificate, pattuglie speciali della polizia per sorvegliare la zona. «Ma non daremo il senso di una città militarizzata». Sarà comunque la festa più vigilata della storia. Un baccanale che Londra ospita per la terza volta. La prima nel 1908, la seconda nel 1948, dopo il disastro mondiale. Fu in quei giorni che Emil Zatopek, oro nei diecimila, gridò davanti allo stadio osannante: «Dopo i giorni bui è come se il sole fosse sorto un’altra volta. Non ci sono né frontiere, né barriere, solo uomini e donne che si ritrovavano assieme». Per celebrare lo sport e fare esplodere l’energia della vita in tutte le sue forme.