Cees Nooteboom, Domenica-Il Sole 24 Ore 15/4/2012, 15 aprile 2012
UN BANCHETTO SU MOBY DICK
Una balena pesa trenta tonnellate, come una nave di discrete dimensioni, ma questa è una nave di carne e la carne è mortale. Di cosa muore una balena? Sfinimento per le lunghe traversate oceaniche, vecchiaia, fame. Cosa accade quando una balena muore? Una grande nave cala sul fondo del l’oceano, a volte a migliaia di metri di profondità. E allora ha inizio il colossale banchetto funebre. Può durare per centinaia di anni, con migliaia di convitati di diversa provenienza e condizione sociale. Quel che hanno in comune è la fame. C’è poco da mangiare, laggiù. Piccole particelle organiche colano verso il fondo dalla superficie invisibile che la balena ha ormai abbandonato. Di solito non c’è altro, per questo ora l’eccitazione del pasto.
I commensali, che in genere non vogliono fare la conoscenza l’uno dell’altro, collaborano a volte per un secolo intero a una sconcertante opera d’arte funeraria: una collezione sparsa di ossa gigantesche, lo scheletro abbandonato di un colosso del mare un tempo lungo trenta metri, il ricordo di un banchetto consumato nel silenzio, nel freddo e in profondità da convitati che, allo stesso tempo, sono anche becchini e camposanto.
Verso la fine della festa, anni e anni dopo, anche i commensali, per la maggior parte, sono morti. Non tutti vivono per lo stesso tempo, non tutti mangiano la stessa cosa. Deve essere uno spettacolo da mozzare il fiato. Lento il grande cadavere discende verso la tenebra sempre più fitta, cullato dal movimento del mare. Oscilla, sembra una cosa molto piccola in una coreografia di morte, forza di gravità, correnti, e finalmente raggiunge il fondo. Il campanello che annuncia l’inizio del banchetto consiste in un lezzo pestilenziale, un’ondata di acqua marcia che si sparge in tutte le direzioni. Squali e anguille divoratrici di carogne sono i primi ospiti, accompagnati da quasi quaranta specie di molluschi e pesci, crostacei e altri animali corazzati e dotati di artigli e uncini, chiunque resista a grandi profondità si fa avanti, si apre una strada a morsi nel grasso e nella morbida carne corrotta finché non ne può più.
Questo antipasto dura per mesi, e se si tratta di un esemplare adulto di balenottera azzurra può durare anche dieci anni, laggiù il tempo non ha alcuna importanza. E nemmeno l’etichetta: i divoratori rabelaisiani si insozzano, si ingozzano, vomitano, defecano, avanzi di cibo cadono tra le sedie su cui è assisa una nuova compagnia, in attesa del turno successivo, vermi, lumache, crostacei si riempiono della ricchezza organica della carne putrida, della fanghiglia, dei batteri. Hanno percorso decine di chilometri perché, appunto, il tempo non ha alcuna importanza, mentre mangiano si accoppiano e figliano, una nuova generazione si spinge alla ricerca della carogna successiva, in fin dei conti ogni anno muoiono quasi settantamila balene e ognuno laggiù conosce le strade di quelle grandi corazzate viventi ed è consapevole della loro mortalità. È solo questione di attendere e sopravvivere, e questo lo sanno anche i vermi divoratori di ossa che sono rimasti ad aspettare lo scheletro, la pazienza è tutto. Secernono grandi quantità di una mucosità avida delle ossa di balena e dell’olio che in esse si cela, hanno l’aspetto di piccole palme rosso fuoco e hanno un sistema di radici capace di scavare buchi nelle ossa, possiedono addirittura una cultura di batteri in grado di scomporre l’olio, e così questo verme è il primo animale in grado di demolire, sul fondo dell’oceano, l’ossatura ricca di grasso della balena ed estrarne le sovrabbondanti sostanze nutritive (60% di grassi, per questo le balene nuotano con tanta gioiosa leggerezza) che in essa sono contenute.
Abbiamo finito? No, c’è ancora il dessert, e per questo arrivano i batteri, prima una compagnia di quelli in grado di assorbire l’ossigeno, poi, quando l’ossigeno si è esaurito – il che accade rapidamente – ne arrivano altri capaci di assorbire il solfato e di trasformare il solfato dell’acqua marina in un nutriente solfuro, una festa per un altro genere di commensali: piccoli mitili e grossi molluschi si fanno avanti per avere la loro parte del baccanale, ormai degenerato in una vera e propria lezione di chimica. Altre quattrocento specie animali vivono ancora per anni dentro e intorno alle ossa della balena.
Chi uccide una balena e se la porta a casa spezza l’armonia della catena alimentare. L’immagine che mi rimane impressa di questa santa comunione è un velo bianco, niveo di batteri steso sulla spettacolare scultura delle ossa sparpagliate, l’ultima portata che sembra non avere mai fine, un pasto sacrificale tra le rovine di una cattedrale crollata. Se è vero quel che dice Kafka, il divino contabile con il tridente ha tenuto conto di tutto. Non c’è da meravigliarsi se non sale mai in superficie.