Luca Vinciguerra, Il Sole 24 Ore 15/4/2012, 15 aprile 2012
YUAN PIÙ LIBERO SUL DOLLARO
La lunga marcia dello yuan verso la liberalizzazione segna un’altra tappa. Ieri la Cina ha deciso di allargare la banda di oscillazione della propria moneta nei confronti del dollaro dallo 0,5 all’1%. Il che significa che già da domani la quotazione del renminbi sul mercato valutario avrà un più ampio margine di movimento (verso l’alto e verso il basso) rispetto alla parità centrale fissata quotidianamente dalla People’s Bank of China. È la prima volta che la banda viene allargata dal maggio 2007 quando era allo 0,3 per cento.
Sebbene improvviso, l’annuncio di Pechino non ha colto gli operatori di sorpresa. Da mesi, infatti, esponenti del Governo ed economisti vicini alla nomenklatura auspicavano un ampliamento della banda di oscillazione per garantire maggiore flessibilità allo yuan. E a metà marzo, a margine dei lavori dell’Assemblea Nazionale del Popolo, era stato il Governatore della Pboc in persona a dare implicitamente il via libera: «Sarebbe una mossa appropriata perché consentirebbe alla nostra moneta di adeguarsi meglio alle condizioni di domanda e offerta», aveva detto Zhou Xiaochuan lasciando intendere che le condizioni erano mature per allentare le briglie dello yuan.
In effetti negli ultimi mesi il quadro macroeconomico cinese si è evoluto nella direzione più propizia per l’aumento della flessibilità della moneta nazionale. Per prima cosa, nel 2011 il surplus commerciale del Dragone è sceso a 155 miliardi di dollari, portandosi intorno al 4% del Pil (nel 2007 viaggiava oltre il 10%), livello ritenuto fisiologicamente equilibrato dalla teoria economica. Secondo: dall’inizio dell’anno la bilancia commerciale cinese si è stabilizzata ulteriormente, al punto che nel primo trimestre il trade surplus si è attestato poco sopra lo zero, dopo essere sprofondato in rosso per oltre 31 miliardi di dollari a febbraio (ciononostante chiuderà il 2012 largamente in attivo). Terzo: le tensioni speculative che avevano sospinto verso l’alto lo yuan nel 2010 e per buona parte dell’anno scorso sono svanite, e lo testimonia il fatto che dall’inizio del 2012 la quotazione contro dollaro è rimasta pressoché invariata (6,3030 l’ultimo prezzo segnato venerdì alla chiusura delle contrattazioni).
L’ampliamento della banda di oscillazione annunciato ieri dalla Pboc aumenterà la volatilità dello yuan? è la domanda che in queste ore assilla non solo i cambisti, ma anche gli uomini di Governo (soprattutto quelli americani per i quali il renminbi è ancora sottovalutato) e le imprese che fanno affari con la Cina. A caldo le opinioni sono contrastanti, anche se su un punto sembrano tutti d’accordo: la marcia rialzista a senso unico che ha accompagnato il renminbi dal luglio 2005, quando Pechino sganciò la propria moneta dal dollaro, è finita. Da allora, lo yuan si è rivalutato del 23% sulla valuta americana.
«Vista l’incertezza che caratterizza la congiuntura globale e la delicata transizione politica in programma a ottobre, nei prossimi mesi il Governo farà di tutto per mantenere stabile la quotazione dello yuan», dice Lu Ting, economista di Bank of America-Merrill Lynch». «La banda d’oscillazione più larga aumenterà sicuramente le pressioni speculative sulla moneta cinese, sia in un senso che nell’altro», sostiene invece un operatore in cambi.
Da domani, dunque, la destinazione dello yuan sembra quanto mai incerta, anche se gli esperti continuano a pensare che la valuta del Dragone abbia ancora un piccolo spazio di apprezzamento; magari fino a quota 6,2-6,1 contro dollaro, ma non oltre. Molto dipenderà, ovviamente, dal reale margine di manovra che il vero, unico arbitro del mercato del renminbi - la Banca centrale cinese - concederà nei fatti alla sua valuta. Sette anni di yuan in regime di semi-fluttuazione insegnano che ampliare la banda è un conto, lasciare oscillare liberamente la moneta è un altro.