Andrea Secchi, ItaliaOggi 13/4/2012, 13 aprile 2012
News online, non per forza gratis – «Sul web non vogliamo abbandonare l’idea di far pagare certi contenuti»
News online, non per forza gratis – «Sul web non vogliamo abbandonare l’idea di far pagare certi contenuti». Il direttore generale quotidiani di Rcs, Giulio Lattanzi, ha risposto così durante la presentazione del nuovo Corriere su iPad a chi gli chiedeva se il digitale fosse profittevole, e non solo quello su tavoletta. In Rcs quindi si pensa che Corriere.it, il secondo sito di informazione in Italia dopo Repubblica.it, potrebbe presto far pagare i lettori. E in realtà potrebbe non essere l’unico. Il gruppo Espresso, interpellato, ha preferito non entrare nel merito della questione. Qualche tempo fa, però, il suo presidente, Carlo De Benedetti, si era detto disposto a prendere in considerazione «tutte le ipotesi» che avrebbero permesso una remunerazione dei contenuti online, sottolineando comunque, quanto potesse essere difficile per un sito generalista farsi pagare. Di sicuro c’è una cosa: questo è il momento della riflessione anche in Italia, dopo che, soprattutto negli Stati Uniti, il numero dei siti con paywall, i muri oltre i quali si deve pagare, è cresciuto nell’ultimo anno e si prevede in forte crescita anche nei prossimi mesi. Il Pew Research Center, che si occupa di giornalismo, parla di 150 siti di quotidiani Usa a pagamento, Press+, che ha ideato un sistema di paywall, ne dichiara 250, ma tutti sono d’accordo: questo è il momento. Come Lattanzi, anche il direttore del Guardian Alan Rusbridger, ha detto qualche giorno fa che «il paywall non è escluso per il proprio giornale». E pensare che il Guardian è stato una delle roccaforti del gratuito in Gran Bretagna, anche quando illustri concorrenti testavano l’accesso a pagamento. Ma in Italia cosa serve? La mossa di un editore forte o, parallelamente, un accordo implicito fra chi governa la classifica dell’Audiweb, potrebbe far abbandonare gli indugi ad altri. «In Rcs abbiamo già cominciato una sperimentazione a gennaio con il sito della Gazzetta», spiega a ItaliaOggi Giorgio Riva, direttore della divisione digital publishing di Rcs, «in cui sono a pagamento i contenuti del giornale. Già dal 2009, poi, facciamo pagare i nostri siti sugli smartphone. Ora però ci stiamo seriamente interrogando sul da farsi, visto che le esperienze di paywall si stanno diffondendo soprattutto nel mondo anglosassone». Riva sottolinea come il gruppo non sia giunto ancora a nessun progetto specifico, ma che molto dipenderà anche dai concorrenti: «parlo del contesto competitivo complessivo, e intendo, per esempio, anche i broadcaster come Mediaset che hanno lavorato molto sull’online. Serve una riflessione approfondita, che noi abbiamo già cominciato». I modelli di paywall nel mondo sono essenzialmente due, rappresentati da due grandi giornali americani: il Wall Street Journal e il New York Times. Nel primo, anche detto hard paywall, una piccola parte dei contenuti è gratuita; quelli pregiati, e in generale la maggior parte del sito, a pagamento. Il modello del Nyt, invece, è quello soft del metered: 20 articoli gratuiti al mese per utente a libera scelta, superati i quali si deve pagare l’abbonamento. Il quotidiano newyorkese è arrivato a questa soluzione dopo vari tentativi non fruttuosi in passato, ma ora sembra aver trovato la sua dimensione. Di più, da questo mese ha ridotto gli articoli gratuiti per utente da 20 a 10. Il sistema del Wsj è valido per siti che hanno contenuti di valore o di nicchia, difficilmente presenti altrove. Il metered, invece, è il sistema più utilizzato attualmente dai generalisti (vedi l’annuncio di Gannet con suoi 80 quotidiani locali): distingue i lettori meno affezionati da quelli che consultano spesso il sito e quindi che potenzialmente sarebbero disposti a pagare. Inoltre, incide in maniera minore sul traffico del sito, perché è chiaro, qualsiasi forma di pagamento riduce in qualche misura gli utenti e quindi la pubblicità. Il numero di articoli gratis al mese è lasciato alla sperimentazione dei quotidiani stessi, ma non è detto che questi limiti debbano essere fissi, anzi: un sito può decidere di dare più contenuti free se ha bisogno di più traffico in un determinato momento o, per contro, chiudere il rubinetto se gli abbonamenti cominciano ad arrivare.