Aldo Grasso, Corriere della Sera 15/04/2012, 15 aprile 2012
BIGNARDI, APE REGINA PER NIENTE BARBARICA
«Ti interrompo perché c’è questa cosa che noi chiamiamo pubblicità». Era dai tempi di Totò Tarzan di Mario Mattioli che non sentivo una battuta del genere sulla nozione di civiltà. A pronunciarla è stata Daria Bignardi, rivolgendosi, come solo una Jane sa fare, a Paolo Bosusco, la guida turistica catturata in India dai guerriglieri maoisti («Le invasioni barbariche», La7, venerdì, ore 21,20). Ora che tutto è finito, ora che i due italiani sono stati liberati (con uno scambio di prigionieri, tra cui c’era la moglie del leader maoista), ora che l’ingegnere Claudio Colangelo e la guida turistica Paolo Bosusco di Condove (provincia di Torino) sono stati liberati, posso dire che questi eroi del tempo libero non mi entusiasmano affatto?
A sentirlo parlare, poi, questo Bosusco (versione naif di Mauro Corona) pare una di quelle persone senza arte né parte che cercano nell’esotico una sorta di riscatto esistenziale, incerti fra l’ideologia (una propizia interruzione pubblicitaria ha permesso al «liberato» di modificare un po’ il giudizio sui maoisti che rischiava di apparire fervido) e il kitsch più languoroso (il condovese tende al bucolico). Adesso è tornato in Italia, non può più mettere piede in India e cerca lavoro, grazie alla tv.
Era l’ultima puntata di un programma che di barbarico non ha più nulla. Anzi, è molto establishment: Michele Serra (troppo intelligente per non mostrare disagio a infierire su Bossi in un salotto radical chic), Alessandro Baricco, perfino la coinquilina Geppi Cucciari. La scelta di Bignardi è stata quella di trasformare il programma in un clan dalle varie derivazioni mediatiche, di cui lei si sente ape regina.
Così non deve più inventare nulla ma solo gestire la distribuzione di provvidenze. Per il gran finale, Daria di «Tempi moderni» avrebbe invitato uno come Massimiliano Parente, non Bosusco.
Aldo Grasso