Massimo Mucchetti, Corriere della Sera 15/04/2012, 15 aprile 2012
TASSE E VODAFONE LA LEZIONE DELL’INDIA
Il feroce contenzioso fiscale tra Vodafone e l’India ripropone un’antica domanda: che forza ha un diritto senza cannoniere? La risposta interessa anche noi. Nel secolo XIX, le grandi potenze mandavano la flotta davanti ai porti del Terzo mondo per fare valere i loro interessi presentati come diritti. Nel secolo XXI, quel Terzo mondo è diventato la locomotiva dell’economia mondiale, ha adottato i codici occidentali, ma li interpreta a modo suo.
Il fatto. Nel 2007, la filiale olandese di Vodafone compra per 11 miliardi di dollari una società delle Cayman Island che, per conto del gruppo cinese Hutchinson Wampoa, controlla una compagnia di telefonia mobile indiana, la Essar. Da questa transazione il fisco indiano non ricava nulla. D’altra parte, Hutchinson aveva trasferito le azioni Essar nel paradiso fiscale proprio per non subire imposte sulla plusvalenza quando le avesse vendute, e Vodafone ha la finanziaria in Olanda per motivi analoghi. Al governo indiano dispiace perdere 2 miliardi di gettito fiscale, ma può bombardare Hong Kong per reclamarli direttamente dal magnate Li Kashing, che in Italia possiede 3? Evidentemente, no. E allora decide che sia Vodafone a tacitare l’Indian Income Tax Department: il prezzo, in fondo, scontava l’assenza di imposte. La multinazionale britannica guidata da Vittorio Colao ricorre alla Corte Suprema, che le dà ragione. Trionfo del diritto di matrice anglosassone che l’India conserva? Calma. Il governo non ci sta e ora, con una leggina, richiede a Vodafone di anticipare l’imposta stabilita, salvo rivalersi sul venditore cinese. Se mister Li fa orecchie da mercante, ci pensi Vodafone a mandare le cannoniere...
Prima riflessione. È possibile che Vodafone trovi un giudice a New Delhi che non accetti questa retroattività travestita. Ma per il futuro si fissa comunque un principio che spiazza i giochi nei paradisi fiscali: se la società operativa nazionale oggetto reale della transazione diventa sostituto d’imposta è evidente che l’imposta non potrà più essere espunta dalla transazione grazie alla localizzazione off shore dei pacchetti azionari.
Seconda riflessione. Con tali misure si scoraggiano gli investimenti esteri? Il governo indiano crede di no. Sa che Vodafone mai e poi mai lascerà il Paese. Il miliardo di indiani che si apre ai consumi è la cannoniera di New Delhi puntata contro le multinazionali. Non per affondarle, ma per indurle a ridistribuire diversamente la torta. La ruota della storia gira. I Paesi di antica civiltà ricordano come l’Occidente, che oggi invoca il diritto, è lo stesso che mandava la flotta. Perciò gli ex colonizzati, consci del proprio nuovo potere, correggono la norma. Questo nuovo potere è dato dalla dimensione dei mercati e degli Stati, magari a struttura federale come l’India.
Se scegliesse l’unità politica, l’Europa ritroverebbe subito la potenza per dialogare alla pari con le altre macroregioni del mondo. Scegliendo la divisione, i Paesi europei resteranno ostaggi del mercato delle cose, che avevano pensato trent’anni fa convinti di padroneggiare il mondo, anziché dominare le cose del loro mercato, da uomini consapevoli della storia che cambia.
Massimo Mucchetti