Alessandro Dell’Orto, Libero 15/4/2012, 15 aprile 2012
I 23 SUICIDI
COSTRETTO A LICENZIARE I DIPENDENTI «DI FAMIGLIA» –
Roberto Manganaro aveva 47 anni e ha scelto di morire a Capodanno, subito dopo la mezzanotte. Si è imbottito di psicofarmaci nella casa in costruzione poco fuori Catania e si è impiccato con il collare di cuoio del suo cane. Era il titolare della Manganaro Moto, soffriva di depressione ed era stato costretto a licenziare due dipendenti che considerava familiari. La sua azienda nel febbraio 2011 era divenuta concessionaria esclusiva della Honda e l’ospite d’onore dell’inaugurazione era stato il pilota Marco Simoncelli.
LE COMMESSE NON PAGATE AFFONDANO L’AZIENDA –
Umberto Ventura, 46 anni, era socio di maggioranza della Conte Srl di San Giorgio delle Pertiche (Padova), azienda di 30 dipendenti che produce pannelli fonoassorbenti (nel portafoglio clienti anche Veneto Strade, l’Autobrennero e la Valdastico Sud in costruzione). Preoccupato per l’incapacità di riscuotere crediti per i lavori fatti e quindi di pagare gli operai, Umberto Ventura si è ucciso, impiccandosi, nell’abitazione di famiglia, nel quartiere residenziale della Sacra Famiglia a Padova. L’hanno trovato morto i familiari.
UN SALTO DAL BALCONE PER CANCELLARE LA VERGOGNA –
Il suo corpo, straziato e senza vita dopo un volo dal terzo piano, è stato scoperto dalla moglie Roberta. Enrico Zennaro, 61 anni, il 19 febbraio si è suicidato buttandosi dal balcone di casa nel centro storico di Rovigo. Depressione. Zennaro, vicedirettore di Veneto Innovazione, era molto conosciuto nel mondo economico polesano e per tanti anni era stato direttore dell’associazione industriali di Rovigo.
QUANDO LA PARTITA IVA TI TOGLIE L’OSSIGENO –
Si è ucciso nella legnaia dietro la casa dell’anziana madre. C.C., 50 anni, di Monselice (Padova), faceva il muratore e dopo anni di attività con un socio si era messo in proprio, aprendosi la partita Iva come artigiano. Ma le cose sono andate male: faticava a riscuotere i pagamenti e il lavoro scarseggiava. Il 31 dicembre ha chiuso la ditta e, non trovando lavoro nemmeno come dipendente, è presto caduto in una forte depressione. Ha lasciato la madre, la moglie, due sorelle e il fratello.
PRESTITI PER LAVORARE E I CREDITORI ALLE CALCAGNA –
Aveva 57 anni e una complicata situazione economica. La sua azienda (dieci operai), con sede legale ad Acireale, si occupava della costruzione di macchine agricole – in particolare per la raccolta delle arance – ed era in difficoltà: l’uomo doveva grosse somme di denaro a diverse società di recupero crediti, alle quali aveva chiesto ingenti prestiti per sanare i debiti. Il 13 febbraio l’imprenditore, sposato e padre di due figli, ha deciso di farla finita alla periferia di Paternò (Catania) e si è impiccato dentro un magazzino della sua ditta a Contrada Porte Barca.
L’ADDIO ALLA COMPAGNA E POI IL TUFFO NEL FIUME –
Il maestro di musica Angelo Barzan, 47 anni, era depresso e aveva gravi problemi economici. Il 3 gennaio ha tentato di tagliarsi le vene dei polsi, ha lasciato un biglietto alla compagna in cui raccontava di volerla fare finita e poi si è allontanato dalla casa di Zero Branco (Treviso). La sua auto, una Getz Honda, è stata ritrovata a Lughignano, lungo il fiume Sile, dove l’uomo si è gettato. Il corpo di Angelo Barzan è stato rinvenuto il 19 gennaio a Jesolo (Venezia), davanti alla biblioteca comunale.
SACRIFICARE AL LAVORO I FIGLI NON È SERVITO A NIENTE –
Giancarlo Chiodini, elettricista, 64 anni, era separato e aveva due figli: Katia e Luca (che lavorava con lui). Da trent’anni gestiva la ditta Chiodini srl di Vigano di Gaggiano (Milano) e viveva solo per il lavoro, nessuna distrazione, nessun hobby. Gli affari, però, nell’ultimo anno andavano male, poco lavoro e tanti guai, stava rischiando addirittura il fallimento. Il 3 gennaio ha deciso di farla finita. È salito sul furgone Citroen azzurro, si è puntato una pistola alla tempia e ha premuto il grilletto.
IL PRESTITO TROPPO ALTO E LA MOGLIE DISOCCUPATA –
Il mutuo da pagare (1000 euro al mese). La moglie disoccupata. I figli di 15 e 17 anni da mantenere. Quando lo scorso 5 aprile ha capito che la sua piccola impresa edile non avrebbe avuto altro lavoro, non ce l’ha più fatta. Vittorio Galasso, 52 anni, appena rimasto solo nell’appartamento che stava ristrutturando nel centro di Savona, è andato con la scala nella camera da letto, ha agganciato una corda al lampadario e si è stretto il cappio al collo. Poi si è lasciato andare. Lo hanno trovato i colleghi, quando ormai era morto.
AVERE UN SACCO DI LAVORO MA NESSUNO CHE PAGA –
Ivano Polito aveva 60 anni e l’ossessione di non riuscire ad essere pagato dai clienti. Faceva il falegname e la sua azienda di Noventa di Piave (Venezia) lavorava con continuità, ma non incassava abbastanza per andare avanti senza problemi. Il 9 marzo scorso Ivano ha scelto di non vivere più, è andato nell’ufficio della ditta, ha preso una di quelle corde che solitamente vengono utilizzate per tenere legato il materiale di lavoro sul furgone e si è impiccato. Il suo corpo è stato trovato, il giorno dopo, dal suocero.
IL CARO DEI CARBURANTI GLI SI È RIVOLTATO CONTRO –
Debiti da saldare, il caro carburanti e la difficoltà a cedere l’attività messa in vendita già da un anno. Franco Nardi, 47 anni, titolare di un distributore Totala Montebelluna (Treviso), all’alba dell’11 gennaio si è impiccato nello sgabuzzino della stazione di servizio. A causare la depressione dell’uomo, oltre ai guai economici, anche una difficile situazione sentimentale: Franco Nardi era separato dalla moglie con la quale aveva due figli piccoli e viveva una nuova tormentata storia d’amore con una compagna di Verona.
TROPPI DEBITI E PROTESTI –
S’incendia davanti al Fisco Giuseppe Campaniello, artigiano di Ozzano (Bologna) aveva 58 anni e troppe tassa da pagare. Disperato, la mattina del 28 marzo si è dato fuoco nella sua Fiat Punto davanti all’Agenzia delle Entrate di Bologna. Uscito dalla vettura, è stato aiutato da un ragazzo romeno che ha spento le fiamme usando il proprio giaccone. Dopo nove giorni di agonia, però, Giuseppe Campaniello è deceduto. All’interno della sua auto sono state trovate due lettere: una per la moglie e l’altra per l’Agenzia delle Entrate.
«NON SEI AFFIDABILE» E LA BANCA TI CONDANNA –
Quando il direttore della banca di Ginosa Marina (Taranto), il 9marzo, gli ha negato un prestito di 1.300 euro (in passato c’era stata già una discussione per una commissione applicata in eccesso: 5.600 euro invece di 56), Vincenzo Di Tinco, 60 anni, ha perso la testa. E non ha retto. Titolare di un negozio di abbigliamento e di altre attività, sposato con tre figli, è uscito dalla banca e non è più rientrato a casa. Lo ha trovato poco dopo, impiccato ad un albero, uno dei suoi figli.
UN COLPO DI FUCILE IN TESTA E UNA LETTERA AL FIGLIO –
La sua società di progettazione e costruzione con profilati di alluminio era in fallimento, gli operai in cassa integrazione. Mario Frasacco, 59 anni, ha deciso che così non poteva andare avanti. Il 3 aprile è andato nell’ufficio dell’azienda a Pietralata (quartiere di Roma) e si è ucciso, sparandosi un colpo di fucile in testa. Ha lasciato una lettera indirizzata al figlio (è stato proprio lui a scoprire il cadavere), nella quale ha raccontato delle difficoltà economiche e lavorative che non riusciva più a sopportare.
SCHIACCIATO DAL TERRORE DI NON PAGARE GLI STIPENDI –
Si è impiccato la notte di Capodanno nel capannone della sua azienda, la Costruzioni Tamiozzo a Montecchio Maggiore, in provincia di Vicenza. Antonio Tamiozzo aveva 54 anni e gestiva la ditta con più di 30 dipendenti. Ha lasciato la moglie Lorella e la figlia Laura, che ha spiegato: «Mio padre è morto per amore della sua azienda e dei suoi dipendenti. Viveva con il terrore di tradirli, di non essere in grado di pagare loro gli stipendi. Questo pensiero lo logorava, finché non ha più retto».
LA MULTA DI EQUITALIA GLI HA DISTRUTTO I SOGNI –
Francesco soprannominato “Tod” aveva 27 anni ed era ossessionato dalle rate di Equitalia. Era cresciuto tra le montagne della Valtiberina (Arezzo) e si occupava di legna, aver da poco chiuso la sua attività di assemblatore di mobili in giro per il mondo e aveva ritrovato un nuovo impiego. Ma quando a Pasqua gli è stata recapitata una maximulta di 40 mila euro, lui che già l’anno prima aveva rateizzato un debito da 20 mila euro con l’Agenzia delle Entrate, ha deciso di farla finita. Si è ucciso nel bosco, collegando il gas di scarico all’abitacolo dell’auto. Lo piangono il fratello, la sorella, babbo Odino e mamma Graziella.
UNA STUPIDA DENUNCIA E TUTTO DIVENTA NERO –
Mentre la moglie gli stava preparando la cena, Giampiero Benvegnù, 53 anni, si è impiccato in una baracca dietro casa, a Belluno, lo scorso 19 marzo. Era titolare dell’impresa edile B.G. & C. Snc a Rosolin di Sospirolo, ditta strozzata dai crediti. A spingere l’imprenditore al suicidio, però, una denuncia penale per guida senza patente (gli era stata ritirata un anno prima per guida in stato di ebrezza) dopo essere stato fermato dai Carabinieri.
DOVER VENDERE LA DITTA PEZZO DOPO PEZZO –
E. F. aveva 44 anni ed era disperato. La sua azienda di infissi a Villanova di Cepagatti (Pescara) era indebitata e vicino al fallimento, gli operai stavano smantellando il capannone e i soci tentavano di svendere a prezzo scontato gli ultimi manufatti in magazzino. E. F. il 23 marzo non ce l’ha più fatta. Ha preso una corda, l’ha fatta passare attorno a una trave del capannone della ditta e si è impiccato. L’hanno trovato gli operai. Non ha lasciato nessun biglietto di spiegazione alla compagna né un ultimo saluto al figlio piccolo.
QUANDO ESSERE IL MIGLIORE NON SERVE PIÙ A NULLA –
Titolare di uno storico negozio di cornici (La Boutique Della Cornice) in via degli Ontani a Roma, Pasqualino Clotilde, 57 anni, era uno degli artigiani più conosciuti di Centocelle. Preoccupato per il poco lavoro e per i pochi guadagni degli ultimi tempi, però, Pasqualino ha deciso di farla finita e il 2 aprile spiegando, in una lettera, i motivi che l’hanno portato al suicidio: «Problemi economici insormontabili». Poi ha preso una corda e l’ha legata ad una trave del soffitto. Si è impiccato. L’ha trovato, dopo qualche ora, il figlio allarmato perché non lo vedeva.
IL MUTUO PER IL CAPANNO FA PIÙ DANNI DELLA SICCITÀ –
Paolo Tonin, 53 anni, imprenditore agricolo di Altivole (Treviso), aveva appena acceso un mutuo per la casa e per il nuovo capannone. La sua attività, già in crisi, ha avuto un tracollo a causa della siccità che gli ha fatto perdere il raccolto di asparagi. Anche in famiglia la situazione era difficile: la moglie, operaia, aveva perso il lavoro due anni fa e i quattro figli non avevano un impiego. Paolo Tonin si è impiccato nella sua azienda il 12 aprile.
«BAMBOCCIONE» PER FORZA LASCIA LA MADRE DA SOLA –
Antonio Maggio, 29 anni, artigiano di pietra leccese disoccupato da due mesi, si è impiccato il 21 marzo nella sua camera da letto a Scorrano, paese di 8 mila abitanti nella provincia di Lecce. La mamma, vedova da meno di un anno, e il fratello Enzo, cameriere stagionale, la mattina, non vedendolo arrivare, sono andati a cercarlo perché era in ritardo per la prima colazione. Hanno trovato il suo cadavere e un biglietto nel quale l’uomo chiedeva perdono per quello che aveva fatto.
SE NON RIESCI A GUARDARE I TUOI CARI NEGLI OCCHI –
Faceva l’imbianchino, ma lavorava poco e a fatica ed era angosciato dall’idea di non riuscire più a garantire una condizione economica stabile e decorosa alla propria famiglia. Giuseppe Pignataro, 49 anni, di Trani (Bari), il 27 marzo si è lanciato dal balcone di casa. Quando è stato soccorso dai volontari del 118 Giuseppe era ancora vivo e ha spiegato loro di essersi buttato volontariamente perché preoccupato e depresso per la mancanza di soldi. È morto appena arrivato in ospedale.
LA PAURA DI MORIRE POVERA CON L’ASSEGNO RIDOTTO –
Nunzia Cannizzaro di Gela (Caltanissetta), 78 anni, prendeva una pensione di 800 euro al mese. Quando, all’Inps, le hanno comunicato che la cifra sarebbe stata tagliata di 200 euro, lei ha detto ai figli che non sarebbe riuscita a vivere con un sussidio così, che era stufa di tanti sacrifici e che dopo la morte del marito (invalido al 100 per cento) avvenuta un anno prima si sentiva sola e abbandonata. E aveva paura della povertà. La donna, il 3 aprile, si è gettata dal balcone di casa.
MOGLIE E FIGLIA A CARICO E IL POSTO PERDUTO –
Aveva perso il lavoro da quattro mesi e da quel momento era stato stritolato dalla depressione. Si sentiva inutile (aveva provato ad avviare una nuova attività con un gruppo di amici, ma non era andata bene), incapace di mantenere la moglie e la figlia di 13 anni. Giuliano V., ex manager (aveva lavorato alla Seves e poi in una azienda del settore del marmo) di 42 anni, abitava in provincia di Lucca, ma ha scelto la stazione di Neto, a Sesto Fiorentino (Firenze), per morire. Si è lanciato sotto un treno merci.
(a cura di Alessandro Dell’Orto)