Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  aprile 16 Lunedì calendario

Notizie tratte da: Licia Granello, Il gusto delle donne, Rizzoli Milano 2012, pp. 216, 16 euro.• «Le donne devono fare qualunque cosa due volte meglio degli uomini, per essere giudicate brave la metà

Notizie tratte da: Licia Granello, Il gusto delle donne, Rizzoli Milano 2012, pp. 216, 16 euro.

• «Le donne devono fare qualunque cosa due volte meglio degli uomini, per essere giudicate brave la metà. Per fortuna non è difficile» (Charlotte Whitton). (p. 5)

• «Bisogna diventar più donna» (Cesare Pavese). (p. 5)

• «Sebben che siamo donne» cantavano le mondine vercellesi a inizio Novecento. (p. 13)

• «Nutrire» è un verbo che ammette solo il femminile: esiste la nutrice. Il «nutore» non esiste, come non esiste il «balio». […] Quando gli uomini si sono affacciati nel mondo dell’alta gastronomia, è stato adottato il termine chef, traduzione francese di «capo» (chief in inglese). [...] Anche la parola «passione» è femminile (p. 13-15).

***
ANNA ABBONA. PRODUTTRICE DI VINO, MARCHESI DI BAROLO.

• Giovanni [IL PAPA’] comincia a fare la spola con il suo camion - l’unico a spingersi al Sud - portando i vasetti di Cremalba (la «nonna» della Nutella) dalla fabbrica di Alba ai magazzini di stoccaggio di Napoli. (p. 19)

• […] nella vita di Anna: la passione per il vino - ha cominciato a bere grazie a Ernesto [IL MARITO] e le è piaciuto subito un sacco […]. (p. 21)

• […] quand’era ragazza, a casa beveva solo suo padre... (p. 22).

• Oggi, la Marchesi di Barolo produce un milione e mezzo di bottiglie. (p. 23)

• Quando riesce a regalarsi una serata senza impegni, sceglie di stare da sola nella bella casa di Barolo. Si accoccola in poltrona recupera dalla dispensa del ristorante qualche pezzetto di buon formaggio e due grissini. Poi apre una bottiglia di Barolo Sarmassa, «il vino più sensuale del mondo» […]. (p. 25)

***
PINA AMARELLI. PROPRIETARIA DELL’AZIENDA AMARELLI

• La categoria merceologica a cui appartiene la liquirizia è la «confettistica», di cui rappresenta una parte piccolissima, a fronte di caramelle, cioccolato e torroni. (p. 33)

• Museo della liquirizia Giorgio Amarelli. Una bomboniera - è il caso di dirlo! - annessa alla fabbrica, che ogni anno contende alla Ferrari di Maranello il primato per il museo industriale più visitato d’Italia. (p. 34)

***
ROSA BOSCO. VITICULTRICE E FONDATRICE DELL’AZIENDA ROSABOSCO

• Le spiace molto non aver mai imparato a suonare il violoncello, lo strumento che considera il più bello del mondo. Ascoltare Rostropovich la commuove. […] L’altra grande passione sono i fiori. (p. 53)

***
JOLANDA DE COLÒ. FONDATRICE E PROPRIETARIA DELL’AZIENDA JOLANDA DE COLÒ

• Jolanda […] che tutti chiamano da sempre Alana, compreso suo figlio Bruno, e ora anche i nipotini. A proposito di nomi: nemmeno quello della mamma di Jolanda è granché diffuso: si chiama Lenizia ed è di Pordenone, […]. (p. 56)

• Sono i primi in Italia a produrre íl foie gras, fino a quel momento conosciuto solo per l’importazione dalla Francia. (p. 60)

• Usa pentole basse e larghe anche per le marmellate, frutta al massimo della maturazione, pochissima acqua e solo il 30 per cento di zucchero. Fa la pasta con ventotto tuorli e tre albumi per chilo di farina, «così resta più vigorosa e croccante» e niente acqua - per carità! - una ricetta per muscoli da Mastrolindo. Lei alza le spalle, noncurante; l’impastatrice è ancora intonsa nella sua confezione regalo. (p. 62)

***
ANNIE FÉOLDE. RISTORATRICE E PROPRIETARIA DELL’ENOTECA PINCHIORRI, FIRENZE

• Annie la Rossa, ovvero la metà femminile dell’enoteca più famosa del mondo, […]. (p. 65)

• […] nonno paterno, camuffa il suo cognome - Edloef - trascrivendolo al contrario per scappare dalla Polonia in Alsazia. (pp. 66-67)

• [DA BAMBINA] Annie scopre la sua anima contadina rubando carciofi e cipollotti, riempiendosi le tasche del grembiule sul tragitto di scuola, o mettendo il laccio a mucche e maiali per portarli a spasso. (p. 67)

• Il primo menu lo disegna Elisabetta Bastianello, amica di una vita e bravissima pierre, che apre le Forte dell’Enoteca ai giornalisti e al bel mondo deI vino, […]. (p. 71)

• [ NEL 1993] […] un incendio doloso distrugge venticinquemila bottiglie della cantina del ristorante più importante del mondo. L ’elenco è impressionante: whisky centenari e preziosi Montrachet, le migliori annate di Bas-Armagnac e quelle storiche di Sauternes. (p. 71)

***
ROSANGELA GENNARI. PRODUTTRICE DI PARMIGIANO REGGIANO, CASEIFICIO GENNARI

Rosangela è la terza di quattro fratelli, l’unica femmina. «Ma secondo me è vero il contrario: mia mamma ha fatto tre femmine e un maschio. Il maschio sono io.» (p. 75)

• Rosangela Gennari: «Non mi fido neanche della mia ombra, perché capita che ci inciampi dentro». (p. 76)

• […] Parma, […] “rezdora” (in dialetto, governante) […]. (p. 76)

• […] il «sot caldera», quello che accende e governa il fuoco sotto la caldaia in cui il latte comincia a diventare formaggio. (p. 77)

• Sergio e […] Maria [I GENITORI DI ROSANGELA] si sposano la mattina del 31 dicembre 1953 e partono subito per il viaggio di nozze, destinazione Collecchio, trenta chilometri più in là: è tutto quello che si possono permettere, perché la sera c’è da mungere le mucche per il Parmigiano del giorno dopo, il primo dell’anno (il Parmigiano si fa con il latte di due mungiture, serale e mattutina). (pp. 77-78)

• […] Nel 1974, lasciano Villa Pavari per trasferirsi nella nuova sistemazione. […] In compenso, Rosangela scopre le meraviglie dei servizi in casa: quando le scappa la pipì di notte, non deve andare a raggelarsi nel freddo. E poi la vasca! Fino a quel momento, il bagno lo si faceva nel bigoncio del caseificio, e l’odore non andava via neanche col deodorante. Rosangela ricorda molto bene l’umiliazione inflittale dai ragazzini, impietosi come si può essere solo a quell’età: «Sai di formaggio!». (p. 80)

• Ha la passione per le moto da cross, sono il suo punto debole. (p. 81)

• […] i Gennari […] oggi hanno milletrecento mucche, «di cui cento Reggiane rosse» sottolinea orgogliosa (sono mucche a resa di latte bassa, ma di altissima qualità. Il Parmigiano delle vacche rosse è considerato il migliore insieme a quello di montagna e delle vacche brune) (pp. 81-82)

• Ci vogliono sedici litri di latte per fare un chilo di Parmigiano. (p. 82)

• «La ricetta è una sola: latte della sera lasciato a far affiorare la panna, scremato, aggiunto a quello della mungitura mattutina, lasciata intera. E poi caglio, che è il quarto stomaco del vitello essiccato, siero innesto, cioè il latte della cagliata precedente, e sale. Il resto lo fanno le mani del casaro». (p. 82)

• Il suo preferito è lo stagionato trentasei mesi, […] (p. 83).

***
LIVIA IACCARINO. PROPRIETARIA DEL RELAIS DON ALFONSO, SANT’AGATA SUI DUE GOLFI

• Livia Iaccarino ama le peonie più di qualunque altro fiore. (p. 85)

***
SILVIA IMPARATO. TITOLARE DELLA CANTINA MONTEVETRANO

• L’arrivo di Giacomo, il nipotino che adora, l’ha fatta sentire moralmente obbligata a dismettere il sigaro, una delle sue grandi passioni. Quando fumava, gli uomini faticavano a reggere lo sguardo. (p. 95)

• […] il Montevetrano è inserito tra i più grandi vini italiani, campione dei supercampans (scherzosa antinomia lessicale dei supertuscans) è quasi tutto merito suo. (p. 96)

• Viene da una famiglia grande e importante. Impresari di ceramica da parte di madre, mentre la famiglia del padre importa legnami esotici. […] Malgrado gli anni duri del dopoguerra, le bimbe vivono un’infanzia privilegiata. Per loro, cibi golosi e gli insegnamenti privati a casa delle severe sorelle Vigorito, dove le signorine Imparato vengono accompagnate con la carrozza a cavalli. «Poi, finalmente, mia madre si decise a mandarci alla scuola pubblica. La prima amica della mia vita fu la mia compagna di banco, ed era una bimba povera... Cresciuta nella bambagia, intuivo che per lei era tutto diverso, ma non riuscivo a capire davvero. Così, un giorno scambiai la mia brioche con il suo buono-mensa, che garantiva ai figli delle famiglie indigenti un piatto caldo. Feci la fila al posto suo, e ancora ricordo il sapore per me sconosciuto di quella pasta e fagioli. Quando lo seppe, mia madre si arrabbiò moltissimo, pensando al capriccio di una ragazzina viziata e chiedendo alla maestra di dividerci. Restammo comunque amiche, legatissime per anni. L’ho persa di vista, e mi spiace.»
I genitori la mandano nei migliori collegi in giro per l’Europa e poi a Roma: Silvia non regge l’ambiente protetto e bigotto delle suore dell’Assunzione e, pur di lasciare quel posto che la soffoca, simula un attacco di appendicite. La madre l’accontenta e la iscrive al liceo Saint-Dominque, altra enclave per rampolli della buona società, dove, però, almeno i professori sono interessanti. (p. 97)

• «[…] Mi sono sposata che ero vergine. Se avessi provato prima, probabilmente non sarei arrivata alle nozze. Ma ero innamorata dell’amore e soprattutto volevo andarmene da casa. La cosa buffa fu che Gaia nacque prematura, otto mesi dopo, tra le chiacchiere pettegole dei conoscenti.» (p. 98)

• Il primo Montevetrano è datato 1991 ed esce dopo due anni di affinamento, nel 1993: le bottiglie sono pochissime - 1700! - e finiscono tutte in regalo agli amici. (p. 101)

• Oggi l’azienda produce trentaduemila bottiglie, con l’obbiettivo di arrivare a quarantamila per cominciare a guadagnare. (p. 102)

***
CARLA LATINI. TITOLARE DEL PASTIFICIO LATINI

• […] la pasta, secondo un concetto caro a Gualtiero Marchesi, è la prostituta della tavola. Si accompagna con tutti. Però sempre pasta resta, amatissima e priva dei quarti di nobiltà necessari per accedere al gotha della gastronomia, mangiata e parlata. (p. 104)

• Tra la fine delle medie e l’inizio del liceo (scientifico), comincia a fare la dj a Radio Luna, a Pescara (p. 107).

• Inventa per Radio Sibilla di Ancona una rubrica enogastronomica insieme a Ilario Berardi, uno dei mentori dell’Associazione marchigiana sommelier, e la battezzano «Culinaria», «perché un tempo le donne per cucinare si accoccolavano davanti al camino con i fianchi alzati...». (p. 107)

• [PER LE NOZZE CON CARLO LATINI] lei indossa un abito di scena con il cappello di paglia e le ballerine ai piedi, Carlo sfoggia il tight. (p. 108)

• Carla lascia la radio, allenta i fili con il teatro, si tiene stretto solo il lavoro che le ha trovato la nonna giornalista: scrive storie d’amore sotto pseudonimo per il settimanale femminile «Confidenze». (p. 109)

• […] Nazareno Strampelli, l’uomo che nel 1915 ha creato una nuova tipologia di frumento, incrociando la varietà Rieti e una varietà tunisina, battezzandola «Senatore Cappelli» in onore dell’uomo politico promotore a inizi ’900 della riforma agraria che aveva portato alla distinzione tra grani duri e teneri. Si tratta di un grano dalle grandi qualità organolettiche, sano, robusto, pur se con rese piuttosto basse, difetto insopportabile per i fautori dell’agricoltura massiva, che lo porta a un passo dall’estinzione. (pp. 109-110)

• Il primo pacco di pasta col marchio Latini esce nel 1990. Per la confezione, Carla si ispira ai colori e alle morbidezze di un quadro del Tintoretto, La donna che si scopre il seno, ammirato anni prima al Museo del Prado di Madrid. Bella, sensuale: l’antitesi della contadinella del marchio De Cecco. Da quel momento, tutte le confezioni di pasta Latini sono dedicate a dipinti che ritraggono donne. La «Senatore Cappelli» esibisce i colori della Vergine delle rocce di Leonardo, mentre la « Taganrog» è ispirata a una dama del Tiziano. (p. 110)

***
MARELLA LEVONI. PROPRIETARIA, RESPONSABILE UFFICIO STAMPA E RELAZIONI ESTERNE DEL SALUMIFICIO LEVONI

• Se si vuole trovare un segno premonitore nel destino di Marella, basta sovrapporre la sua data di nascita a quella del fondatore dell’azienda: stesso giorno, il 27 novembre, con uno scarto di quasi novant’anni. Ezechiello Levoni è originario di Castelnuovo Rangone, bassa modenese, […]. (pp. 114)

• […] Ezechiello consacra la propria esistenza al culto della salumeria. Mette a punto un originale sistema di affumicatura (arte imparata dal maestro Peck) e lo applica al confezionamento del salame con cui nel 1913 partecipa alla Modern Arts and Industry Fair, la fiera internazionale della gastronomia di Londra. Gli avversari lo irridono: «Vincerai quando ai maiali spunteranno le ali». Lui non si scompone, sicuro della propria arte norcinaia. E, infatti, la giuria lo premia con la medaglia d’oro. (p. 115)

• Dice di sé: «Fossi un cibo, sarei un panino con la mortadella, però tagliata finissima, col pepe nero e i pistacchi». (p. 121)

***
CAMILLA LUNELLI. PROPRIETARIA E RESPONSABILE PUBBLICHE RELAZIONI DELLE CANTINE FERRARI

• Quando, nella primavera del 2011, i fratelli Lunelli annunciano il loro ritiro in favore della nuova generazione, l’unico accenno agli impegni familiari coincide con la presentazione di Camilla, cooptata alla responsabilità gestionale, «malgrado abbia due figlie...». (p. 124)

• Nel 1952, [GIULIO] Ferrari [QUELLO DEL GRAN SPUMANTE] vende a [BRUNO] Lunelli [NONNO DI CAMILLA], che, per riuscire a conquistare il suo sogno, fa i salti mortali. Camilla racconta che le capriole economiche furono trasformate in una sorta di fiaba per i bambini della famiglia: «C’era una volta nonno Bruno, che s’indebitò in maniera pazzesca per comprare la cantina del suo amico e le cambiali erano così tante che sembravano una montagna». (p. 125).

• Se Giulio Ferrari aveva mandato a Costa Crociere quarantotto bottiglie al posto delle duemila richieste, «perché non sono mica un gazzosaio», la gestione Lunelli incoraggia la crescita della produzione, che nei primi cinque anni passa da diecimila a trentaseimila bottiglie, per arrivare progressivamente a quota centomila. (p. 126)

• Il vino è l’io narrante della famiglia, le vacanze si trascorrono tra vigne e montagna - le due grandi passioni -, il cane di casa si chiama Pinot [N.B. SI RIFERISCE AL PASSATO, MA NON SI CAPISCE SE ANCORA VIVO O NO], il tempo della vendemmia è tabù […]. (p. 127)

• Camilla Lunelli: «[…] A dodici anni già puntavo i piedi per andare in Inghilterra, e il quarto anno di superiori - ho frequentato il liceo classico, anche se amavo la matematica, perché mi avevano detto che era la scuola più difficile della città – l’ho fatto in Canada […]. » (p. 127)

***
MARGHERITA MASTROMAURO. TITOLARE DEL PASTIFICIO RISCOSSA

• Onorevole. […] nel 2008 è stata eletta deputata per il Partito Democratico. (p. 133)

• «Mia madre racconta che quando nacque mio fratello ci fu festa grande, mentre per me nulla. Anzi, mio padre era proprio dispiaciuto. Lui non voleva figlie femmine: diceva di aver troppo sofferto la presenza delle sorelle, protette e viziate perché si dovevano sposare bene, mentre lui aveva cominciato a lavorare in pastificio quand’era ancora ragazzo.» (pp. 135-136)

• […] Il pastificio, il quale funziona benissimo, con i suoi settecentomila quintali di pasta l’anno, pronti a diventare un milione. (p. 140)

***
MAIDA MERCURI. RISTORATRICE-SOMMELIER, AL PONT DE FERR, MILANO

• Il Pont de Ferr viene inaugurato il 14 dicembre 1986, […]. Nel tempo, l’attenzione femminile è cresciuta così tanto che oggi la carta dei vini viene appoggiata sul tavolo, a disposizione di tutti, e un 40 per cento di chi sceglie e assaggia è donna. (p. 147)

• «Quando si dice che un vino è femmina, lo si pensa fine, profumato, elegante, mentre quelli maschi sono corposi e di personalità. Non è così, o comunque non lo è più. L’unico vero maschio del vino è il genio della bottiglia, che esce dopo tanti anni, si stiracchia e comincia la sua opera di fascinazione.» (pp. 147-148)

***
GIANNOLA NONINO. TITOLARE DELLE DISTILLERIA NONINO

• «Mio padre diceva: "Ricordati, tu non sei né maschio né femmina, sei un individuo pensante! ". […]». (p. 153)

• Benito entra nella vita di Giannola diciottenne, alla festa delle matricole. Lei si invaghisce subito, lui traccheggia, poi cede. Come dubitarne? Si sposano nel 1962 e vanno a vivere a casa della madre di Benito, donna pragmatica, tosta, lontanissima dalle morbidezze della casa paterna. Giannola ricorda ancora la reazione della suocera quando, sposina di ritorno dal viaggio di nozze, le stampa sulla guancia il bacio della buonanotte e Silvia Nonino apostrofa il figlio con uno sbalordito: «Ma questa è matta!». Comincia una lotta senza quartiere: Benito, erede di una famiglia di distillatori che produce grappa dal 1897, le insegna a portare il furgone per andare a raccogliere le vinacce dai produttori. Lei, che è uno scricciolo di ragazza, guida praticamente in piedi, ma fatica anche di più a sollevare le casse. […] Giannola non si perde d’animo e impara a infilarsi un paio di bottigliette di grappa nelle tasche, per invogliare i frequentatori dell’osteria a darle una mano. Gli sposini inseguono la qualità, ma i vignaioli negano loro le vinacce migliori, «perché la signora Silvia le vuol pagare poco». Lo scricciolo va a trovarli di nascosto, patteggiando prezzi più alti. Finalmente, Benito la introduce all’arte della distillazione: «Se non sai fare un lavoro, non puoi chiedere agli altri che lo facciano bene». (pp. 153-154)

• Intanto, la guerra delle grappe divampa. «Non abbiamo voluto entrare nel Consorzio, perché pretendevamo dei paletti di qualità che l’industria non voleva mettere. Mi hanno minacciata, hanno scritto delle cose orribili, ci hanno denunciato per la grappa di Fragolino, hanno detto che distillavamo letame... Ho pensato che la difesa migliore fosse internazionalizzare il premio, farci proteggere dalla considerazione del mondo.» L’amico Franco Iseppi suggerisce il nome di Jorge Amado. Giannola vorrebbe telefonargli, invitarlo a Percoto per ritirare il premio, ma non conosce il portoghese e allora pensa: «Io parlo veneto, magari capisce». Dall’altro capo del filo, una voce femminile le risponde nello stesso dialetto: «E mi son Zélia Gattai, la mugèr de Jorge. Son de Pieve de Cadore, e te digo che venemo!». Arrivano alla stazione di Venezia il giorno di Sant’Ambrogio 1983, Giannola va a prenderli con una rosa rossa per farsi riconoscere. (p. 157)

• [A PARIGI] incontra casualmente Marcello Mastroianni e non si trattiene, gli tende la mano, accenna un inchino, dice: «Mi scusi, mi chiamo Giannola Nonino e sono una sua grande ammiratrice». E lui: «Nonino grappe? Sono io che mi inginocchio davanti a lei!». Un attimo dopo, anche lui è cooptato nel circolo virtuoso dei premiati. (p. 158)

• Per anni, Giannola scrive tutte le etichette a mano, firmandole una per una. (p. 158)

***
MIMMA ORDINE. PANETTIERA PROPRIETARIA DEL PANIFICIO IL FORNAIO, TORINO

• […] i grissini migliori […] di Torino. (p. 161)

• Al mattino presto, la gente fa la coda davanti al panificio, dove si sfornano palatelle e marsigliesi, le forme classiche del pane cafone, che si chiama così perché è il più povero di tutti: acqua, farina e sale. (p. 163)

• Il suo sogno di adulta è il mitico forno Comba in via San Massimo, a due passi dalla casa-negozio della sua infanzia. Il proprietario è uno dei più bravi fornai di Torino, un maestro della lievitazione naturale, proprio come papà Mario, di cui è buon amico. Non crede ai propri occhi, Silvio, il marito di Mimma, quando, passando un giorno davanti al negozio, vede il cartello «Chiuso per malattia» appeso sulla saracinesca. Il signor Comba, ancora al lavoro nel retro, gli spiega che la moglie non sta bene e la gestione della rivendita le riesce troppo gravosa. Ma il forno lavora ancora: hanno più di cinquanta bar e ristoranti da servire ogni mattina. «Ho venduto il negozio giusto una settimana fa: avessi saputo, ve l’avrei dato a occhi chiusi. Ma ho firmato il compromesso per dieci milioni di lire, non posso tornare indietro.» […] Comba chiama dopo una settimana: «Ho rotto il contratto, vendo tutto a voi». […] Ma il primo ostacolo è estraneo alle quantità di biove da infornare: la Camera di Commercio di Torino rifiuta di iscriverla all’albo dei fornai, «perché non esistono fornai donne». Sembra di sfogliare una cronaca ottocentesca, è il 1996. Mimma, che peraltro, ha ottenuto l’abilitazione al lavoro, è sbigottita […]. Fare la fornaia è un suo diritto, nessuno può negarglielo. Non si è mai vista una donna fare il pane, le ripetono i funzionari, ma devono cedere. Mimma viene iscritta all’albo con la qualifica di panettiere donna. La prima di Torino, città-simbolo del pane (in dialetto, ghersa, tipico pane dalla forma allungata) e soprattutto dei grissini (ghersìn). (p. 167)

***
JOSÉ RALLO. PROPRIETARIA DELL’AZIENDA VINICOLA DONNAFUGATA

• Marsala: […] Marsa Allah - «porto di Dio». (p. 171)

• [SUA] Nonna Giuseppina è schiacciata tra il ruolo di moglie e madre devota di due bambini e il divieto di ricoprire qualsiasi ruolo pubblico. La sua vita ricomincia quando resta vedova. José la ricorda con gratitudine: «Parlava solo del futuro, il passato non le interessava: una donna anziana, eppure estremamente moderna. Tornata da una vacanza in Scozia con il mio futuro marito, un giorno le mostrai le foto del viaggio. Mia madre, distrutta; mio padre, distrutto: "Come hai potuto farle vedere quelle foto? Eravate da soli e non siete ancora sposati! ". Lei, invece, era felice di rivedersi in una nuova Giuseppina, finalmente libera di fare tutto ciò che a lei era stato negato». (p. 173)

***
NADIA SANTINI. PROPRIETARIA E CHEF DEL RISTORANTE DAL PESCATORE, CANNETO SULL’OGLIO

• «Non ho mai visto mia mamma incinta: fino ai sei anni ho vissuto con la nonna materna, Emilia, nella campagna di San Pietro Mussolino, perché i miei erano impegnati a organizzare le cose nella nuova tenuta. Passava così tanto tempo tra una visita e l’altra che a un certo punto cominciai a chiamarli zii... […]» (p. 184)

• […] quando lascia Verona per completare gli studi a Mantova, sul treno incontra un ragazzo [ANTONIO SANTINI] che condivide i suoi stessi interessi. Si piacciono dal primo momento, ma Nadia studia con un’amica e pensa che lui faccia il filo all’altra... Quando si fidanzano, Nadia lo presenta subito a nonna Emilia, la sua vicemamma. «Era in chiesa, abbiamo aspettato che uscisse da messa: "Nonna, ti presento Antonio"; e lei: "Casso, che bel toso!". Casso in veneto vuol dire caspita, ma lui, ignaro delle trappole del dialetto, scoppiò a ridere: "Però, che nonna sprint!".» (p. 185)

• « […] Una volta, Paul Bocuse, super chef francese, mi ha raccontato che a vent’anni l’avevano mandato a lavorare da Eugénie Brazier, una delle più famose cuoche di Francia. Quando si arrivava al mattino, bisognava mungere le mucche, raccogliere le verdure nell’orto, fare le marmellate, mettere le uova nella cenere per conservarle meglio. Si cucinava con la stufa a gasolio, guai a sprecarlo. Mi ha detto che è stata la scuola più grande della sua vita, perché ha imparato l’origine degli ingredienti e il rispetto per la natura.». (pp. 187-188)

• Nadia e Antonio si danno delle regole. […] Il martedì, giorno di riposo, diventa l’occasione per andare a trovare i colleghi, pranzando nei loro ristoranti (abitudine che hanno mantenuto per tutti questi anni). Quando arrivano i bambini, Giovanni nel 1976 e Alberto sette anni dopo, il martedì diventa il giorno delle nonne. (p. 188)

***
EMANUELA STUCCHI PRINETTI. PROPRIETARIA DELLA CANTINA BADIA COLTIBUONO

• La Badia di Coltibuono fa parte della top ten dei «POI» toscani, i Point of interest dei navigatori satellitari. (p. 191)

• La mamma si chiama Lorenza de’ Medici dei Principi di Ottajano, ramo della famiglia fiorentina trasferito nel napoletano (l’attuale Ottaviano). Il bisnonno arriva in Piemonte con l’esercito dei Savoia. Il nonno, Paolo, cresce nel castello di Monate d’Asti, sposa una ragazza svizzera, Fanny Kuster, e insieme si trasferiscono a Milano, dove nascono i figli. Lorenza studia architettura e lavora per una rivista - fondata dalla zia, Bebe Kuster - chiamata «Novità», che nel 1962 verrà comprata da Condé Nast e ribattezzata «Vogue». (p. 195)

***
LUISA VALAZZA. PROPRIETARIA E CHEF DEL RISTORANTE AL SORRISO, SORISO

• Luisa Marelli, sposata Valazza, […] nasce a Soriso il 20 dicembre 1950, il fratello sedici mesi dopo. E, a Soriso, mamma Francesca costruisce la sua lunga carriera di maestra, ben quarant’anni in cattedra alle scuole elementari. Difficile dimenticarla. La chiamano «maresciallo»: precisa, meticolosa, ordinata, maniaca della pulizia. […] Francesca diventa l’insegnante della figlia e il rapporto si avvelena. «Pretendeva di essere chiamata signora maestra e che le dessi del lei. Stessa cosa con mio fratello, che l’ha, avuta per cinque anni interi! Una volta mi ha dato una sventola tale che ha fatto volare l’album da disegno in fondo alla classe, e poi mi ha messo contro i cappotti in corridoio per il resto della lezione.» Per fortuna, l’anno scolastico finisce e Luisa viene presa in carico da un’altra maestra, decisamente più comprensiva. (pp. 203-204)

• Ottenuto il diploma, Luisa cerca di entrare all’Isef, presso l’università Cattolica di Milano, senza riuscirci: […]. Pur di non stare a casa, ripiega su Lettere - sempre alla Cattolica - malgrado non abbia alcuna intenzione di insegnare. «[…] Appena laureata avevo fatto qualche supplenza, ma trovando posto solo come maestra, e io non sopporto i bambini.» (p. 205)

• In quei giorni era andato a cena da loro Renato Guttuso, e alla fine era stato così contento da disegnarle una rosa autografata sul libro degli ospiti (Luisa ha subito strappato la pagina, che conserva ancora gelosamente dopo averla fatta inquadrare). (p. 206-207)

• E arrivano le stelle. La prima trasloca semplicemente dal ristorante di Borgomanero. La seconda giunge inaspettata, annunciata via telefono; Luisa sta stirando, ringrazia, continua a stirare. Quando torna Angelo, si mette a piangere: «E adesso come faccio? Devo cambiare i piatti, fare di più, essere all’altezza». A rassicurarla sono i suoi stessi colleghi: «Se te l’hanno data, è perché l’hai già meritata, adesso devi solo confermarla». E invece, nel 1997, ecco anche la terza, il massimo. (p. 208)

***
Il mestiere della tavola in 20 storie al femminile. Le donne sono:

1. Anna Abbona. Produttrice di vino, Marchesi di Barolo
(biografia al Frammento 1550911)

2. Pina Amarelli. Proprietaria dell’azienda Amarelli

3. Valentina Argiolas. Responsabile marketing e mercati esteri delle Cantine Argiolas

4. Rosa Bosco. Viticultrice e fondatrice dell’azienda RosaBosco

5. Jolanda De Colò. Fondatrice e proprietaria dell’azienda Jolanda De Colò

6. Annie Féolde. Ristoratrice e proprietaria dell’Enoteca Pinchiorri, Firenze.

7. Rosangela Gennari. Produttrice di Parmigiano Reggiano, Caseificio Gennari

8. Livia laccarino. Proprietaria del Relais Don Alfonso, Sant’Agata sui Due Golfi

9. Silvia Imparato. Titolare della Cantina Montevetrano

10. Carla Latini. Titolare del Pastificio Latini

11. Marella Levoni. Proprietaria, responsabile ufficio stampa e relazioni esterne del Salumificio Levoni

12. Camilla Lunelli. Proprietaria e responsabile pubbliche relazioni delle Cantine Ferrari

13. Margherita Mastromauro. Titolare del Pastificio Riscossa

14. Maida Mercuri. Ristoratrice-sommelier, Al Pont de Ferr, Milano.

15. Giannola Nonino. Titolare delle distillerie Nonino

16. Mimma Ordine. Panettiera proprietaria del panificio Il Fornaio, Torino

17. José Rallo. Proprietaria dell’azienda vinicola Donnafugata

18. Nadia Santini. Proprietaria e Chef del ristorante Dal Pescatore, Canneto sull’Oglio

19. Emanuela Stucchi Prinetti. Proprietaria della cantina Badia Coltibuono

20. Luisa Valazza. Proprietaria e Chef del ristorante Al Sorriso, Soriso

N.B. Ci sono le biografie (nonni, bisnonni, mariti, figli, studi, inizi di carriera…)