Marina Cassi, La Stampa 15/4/2012, 15 aprile 2012
La Fiom ha perso le 21 cause torinesi promosse contro la Fiat per attività antisindacale. A tempo record il giudice Fabrizio Aprile - mercoledì aveva unificato in uno solo i ricorsi - ha depositato il decreto
La Fiom ha perso le 21 cause torinesi promosse contro la Fiat per attività antisindacale. A tempo record il giudice Fabrizio Aprile - mercoledì aveva unificato in uno solo i ricorsi - ha depositato il decreto. Nelle quindici aziende coinvolte - da Fga a Powertrain, da Ftp Industrial a Magneti Marelli, da Comau a Iveco, New Holland, Habarth, Sirio - i delegati Fiom non rientreranno. È un colpo non indifferente per la strategia giudiziaria scelta dalla Fiom dopo che i suoi delegati sono tenuti fuori dal gruppo Fiat. Una decisione presa dall’azienda perché la Fiom non ha firmato il contratto collettivo di gruppo del 13 dicembre 2011. Il nodo è sempre lo stesso che si ripropone nei 61 ricorsi della Fiom: l’articolo 19 dello Statuto dei Lavoratori riconosce la rappresentanza - come sostiene la Fiat - solo ai sindacati firmatari dei contratti collettivi applicati nell’impresa o - come sostiene la Fiom - anche ai sindacati non firmatari va riconosciuta la rappresentanza per consentire ai lavoratori la libertà sindacale. Il giudice Aprile è nettissimo: «Quello che chiede la Fiom non è di interpretare l’articolo 19, ma di riscriverlo». E questo «non è consentito al giudice che è soggetto soltanto alla legge». Aprile poi rileva che dopo le modifiche apportate dal referendum del ‘95 a un testo che parlava di diritto di rappresentanza per le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative - «la parola firmatario, senza ulteriore aggettivazione o dubbie sfumature semantiche, si riferisce a colui - non che può apporre la firma - ma che appone la propria firma». E nel suo decreto, quindi, il giudice non rileva profili di incostituzionalità dell’articolo 19. Ora ci saranno i pronunciamenti relativi a tutte le 61 cause aperte nei vari Tribunali italiani. E poi la partita dei ricorsi. Ovviamente la Fiom ricorrerà contro il decreto di ieri così come farà la Fiat quando dove ha perso le cause. Finora i giudici hanno dato ragione alla Fiom a Torino su Pomigliano, alla Magneti Marelli di Bologna e di Napoli, mentre la Fiat ha vinto alla Cnh di Lecce, alla Sirio di Milano e ieri nelle società torinesi. Una nota della Fiat commenta: «È stata riconosciuta la correttezza del comportamento dell’azienda confermando che solo le organizzazioni firmatarie di accordi hanno il diritto di nominare proprie rappresentanze sindacali. Si ribadisce che il giudice è soggetto soltanto alla legge e ha il dovere di applicarla e si osserva che accogliere la pretesa della Fiom significherebbe procedere a una vera e propria riscrittura della norma e questo non è consentito al giudice». E aggiunge: «Secondo il Tribunale di Torino l’articolo 19 dello Statuto non presenta alcun sospetto di incostituzionalità, come risulta dalle numerose pronunce della Corte Costituzionale». Meno sorvegliati i commenti degli altri sindacati. Per Rocco Palombella, segretario Uilm, «la Fiat può ora guardare con fiducia allo svolgimento delle proprie attività». La Fismic parla di «un colpo decisivo alla strategia antagonista della Fiom»; la Fim chiede alla Fiom di «lasciare le aule giudiziarie e tornare nelle fabbriche a contrattare. Per il segretario Fiom, Maurizio Landini, «ci sono giudici che dicono che ciò che sta facendo la Fiat è antisindacale e giudici, con motivazioni diverse, che dicono altre cose; siamo di fronte ad un problema aperto». Aggiunge: «Il nostro obiettivo è garantire la libertà dei lavoratori di scegliersi i propri rappresentanti».