Giovanni Cerruti, La Stampa 15/4/2012, 15 aprile 2012
Ipotesi e voci, al momento. Sussurri che filtrano dalla Lega di Gemonio, la villetta del Cerchio Magico dove hanno convinto Umberto Bossi a resistere, che non è finita qui e non finirà nemmeno con il congresso di giugno
Ipotesi e voci, al momento. Sussurri che filtrano dalla Lega di Gemonio, la villetta del Cerchio Magico dove hanno convinto Umberto Bossi a resistere, che non è finita qui e non finirà nemmeno con il congresso di giugno. Resistere, resistere, resistere. Anche per Bossi. La Lega è sua e sua dovrà restare. Non la lascia, come temono nella sede di via Bellerio, e piuttosto la sfascia. Pronto o costretto a difendere se stesso, la famiglia, il suo passato di gloria, il suo futuro incerto. E’ presto per parlare di un piano, di una strategia già definita. Ma a Gemonio, con l’espulsa Rosi Mauro in salotto, sono al lavoro. Oggi sembra tutto chiaro, e dalla villetta non è un bel vedere. Ai congressi di Lega Lombarda e Veneta quell’assatanato di Bobo Maroni avrà la maggioranza, già conquistata in quelli provinciali. E a fine giugno, al Congresso Federale, si prenderà la Lega: lui o chi per lui nuovo segretario e al vecchio Bossi non resterà che una carica onorifica e vuota, una bella medaglia da accarezzare sulla panchina dei pensionati. Impensabile, impossibile da accettare per chi ancora si sente - con la Lega di Gemonio - padre e padrone, fondatore di una Lega che sarà anche diventata la «Bossi&Co.», ma non può andare al fallimento. Così, tra le Leghe di Famiglia e via Bellerio, si comincia a ragionare sulle prossime mosse, i prossimi mesi e infine le prossime elezioni politiche. E’ sempre un brutto segno quando in un partito si parla di soldi e di simbolo. E di questo, del simbolo, nella Lega si mormora da parecchio, da anni, da quando un libro di Rosanna Sapori, giornalista di «Radio Padania» messa alla porta, aveva rivelato il dubbio che nessuno ha mai cancellato: che il simbolo della Lega, Alberto da Giussano con lo spadone, già nell’anno 2000 sia finito nel Trattato di Pace tra Umberto Bossi e Silvio Berlusconi. Dubbio che ora ritorna, e altri ne alimenta. Roberto Calderoli aveva smentito, annunciando una querela che mai si è vista. Bossi, l’altra sera a Bergamo ha schivato la domanda: «Si sarebbe saputo...». Non ha detto che è una balla, non è vero. Sarà il congresso di giugno, forse, a raccontare la verità. Ma a sentire i sussurri dalla villetta di Gemonio è quella Lega a sentirsi proprietaria, o comunque a rivendicare quel simbolo come affar loro. Fosse vero potrebbe essere una conferma indiretta, un avviso ai naviganti di Bobo Maroni, l’annuncio di un probabile sfascio e la conferma delle intenzioni di Bossi intercettate nelle conversazioni di Francesco Belsito: vuol farsi un partito suo. Bossi che si tiene stretti la cassa, il simbolo e quel che resta della sua Lega. Almeno nelle intenzioni, perché sulla cassa finirà ai cavilli da avvocati. Ma su simbolo e Lega è tutta da vedere, e da giocare. Già ai congressi di lombardi e veneti potrebbe mandare allo scoperto i suoi kamikaze padani, e non son pochi, sono i tanti leghisti che all’ombra del Cerchio Magico negli ultimi anni si son conquistati cariche e potere. Quelli che non possono più sentirsi al sicuro, i parlamentari che hanno già capito che si mette male, nella Lega delle scope e di un certo rancore non ci saranno ricandidature per complici e furbetti. Sono queste le truppe, ora in sonno, ora accucciate al riparo delle scope, della Lega di Gemonio. Solo Marco Reguzzoni, l’ex capogruppo, non ha votato per l’espulsione di Rosi Mauro. Ed erano appena un paio, sotto la sede di via Bellerio, a maneggiare volantini contro Bobo il Giuda. Ma giovedì notte, quando al Tg3 si è presentata Carolina Lussana, deputata bergamasca affiliata al Cerchio Magico, non c’è leghista che non si sia stupito. Ha ripetuto, come niente fosse, quel che Maroni aveva appena dichiarato a «Porta a Porta». Riposizionamenti veloci, fughe da Gemonio troppo veloci. Che preoccupano chi ha voglia di scope. Una Lega che all’ordine da Gemonio potrebbe davvero sfasciarsi. A Bossi non piace il «Partito del Nord» che piace a Maroni. Vuole una Lega sua, identitaria, da Padania, Pontida, Fratelli in libero suol, «è partita la battaglia finale». Potrebbe scavare fosse tra lombardi e veneti, che da anni sono i mugugnanti azionisti di maggioranza della Lega. Potrebbe alzare i toni, sparigliare, accendere fuochi, scommettere sul proprio carisma. Lasciarsi convincere che siamo ancora nel ‘92, dopo la candidatura della sorella Angela in una lista di disturbo, quando diceva che «al Nord se c’è il nome Bossi in lista ti votano tutti, anche i cani». Di alleati, nella Lega, ne troverebbe ancora. Non si sa quanti, non si sa quali, di certo quelli che con Maroni non avranno futuro. Sempre meno credibile, sempre più acciaccata, se questa Lega di Gemonio si metterà in proprio può già contare su due alleati. Silvio Berlusconi, che simbolo o non simbolo non lascerà l’amico Umberto su una panchina: spazio sui media e percorso concordato per restare in Parlamento. E Giulio Tremonti, che porterebbe in dote quel che a Bossi manca dai tempi di Gianfranco Miglio. Anche se il Professore con le orecchie a sventola ai padani piaceva molto. Quello con gli occhialini poco.