Tonia Mastrobuoni, La Stampa15/4/2012, 15 aprile 2012
Un effetto combinato benefico che ci proietta «in cima all’Europa». Grazie alle riforme delle pensioni degli ultimi anni siamo diventati il Paese più virtuoso del Vecchio Continente, conferma a La Stampa il presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua
Un effetto combinato benefico che ci proietta «in cima all’Europa». Grazie alle riforme delle pensioni degli ultimi anni siamo diventati il Paese più virtuoso del Vecchio Continente, conferma a La Stampa il presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua. I timori espressi dal Fondo monetario internazionale nel Rapporto di primavera sui rischi finanziari legati all’invecchiamento della popolazione non riguardano dunque l’Italia: «Siamo i primi della classe in Europa, il Paese più stabile e che contiene i più robusti automatismi tra pensionamento e invecchiamento della popolazione» osserva Mastrapasqua. Certo, gli effetti dell’ultimo intervento, l’estensione voluta da Elsa Fornero del sistema contributivo a tutti e la stretta sulle pensioni di anzianità, contenuti nel decreto SalvaItalia di dicembre, si manifesteranno più in là, nel 2013. Ma sappiamo già, grazie ai dati dell’Inps anticipati ieri dall’ Ansa , che le nuove pensioni erogate dall’Inps sono diminuite del 27,4 per cento nel 2011 e nei primi mesi del 2012 sono addirittura crollate del 53,1 per cento rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Mancano ancora i dati del settore pubblico, ma nei prossimi giorni potrebbero arrivare anche i dati Indpdap. Il merito è di due provvedimenti: il cosiddetto «scalino» della riforma Damiano e lo slittamento delle finestre di pensionamento decise dall’ex ministro del Welfare Maurizio Sacconi. In altre parole, dal primo gennaio del 2011 è entrata in vigore d’un lato la «quota 96» che consente di andare in pensione solo se la combinazione dell’età anagrafica e degli anni lavorati raggiunge quella cifra (ad esempio 60 anni di età e 36 anni di contributi). Dall’altro ha avuto effetto la cosiddetta chiusura delle finestre: lo slittamento di un anno per i lavoratori dipendenti e di diciotto mesi per gli autonomi per chi ha raggiunto a gennaio del 2011 la possibilità di andare in pensione. Il risultato è evidente nei numeri diffusi ieri: i nuovi assegni sono stati 89.276 in meno nel 2011, sono crollati del 27,4 per cento rispetto al 2010, a quota 235.524. Una caduta dovuta soprattutto alle pensioni di vecchiaia (-37 per cento) mentre per le pensioni di anzianità la flessione è stata del 17,8 per cento. Tra gennaio e marzo di quest’anno, invece, l’Inps ha erogato 43.870 nuove pensioni contro le 93.552 dell’anno scorso - una contrazione del 53,1 per cento. In questo caso gli assegni per i lavoratori dipendenti sono scesi del 51,2 per cento da 63.019 a 30.747 mentre quelli per gli autonomi del 57 per cento da 30.533 a 13.123. Secondo Sacconi i numeri dimostrano che l’intervento sulle finestre deciso quando era ministrodelWelfare«hafunzionato». Ma l’esponente del Pdl ha anche aggiunto che il decreto Salva-Italia che dispiegherà i suoi effetti dal prossimo anno ha al contrario «azzerato la transizione» con i problemi oggi evidenti sul fronte dei cosiddetti esodati. Su questi Sacconi chiedecheil Governo «guardi ai numerimaancheallepersone». Parole critiche nei confronti dell’intervento sulla previdenza voluto dall’attuale ministro delLavoroFornerosonoarrivate anche dai sindacati: «I dati diffusi oggi dall’Inps sul crollo delle pensioni sono la dimostrazione di quanta cassa sulla previdenza fosse già stata fatta dal precedente governo Berlusconi e di quanto la manovra di dicembre sia stata cieca e abbia colpito in maniera brutale i lavoratori e i pensionati senza che ce ne fosse alcuna necessità reale dal punto di vista dell’equilibrio finanziario del sistema previdenziale» ha sostenuto Vera Lamonica, segretaria confederale della Cgil. Per il segretario generale della Uil, Luigi Angeletti, i dati Inps evidenziano che il decreto Salva-Italia «non serviva a mettere in sicurezza il sistema. È servita a ridurre il debito dello Stato facendo pagare il prezzo in larga parte ai pensionandi, allungando l’età pensionabile e ai pensionati bloccando la rivalutazione degli assegni».