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 2012  aprile 13 Venerdì calendario

MISTER SATANA MORIRÀ IN CARCERE

Mister Satana morirà in carcere. Charles Manson oggi ha 77 anni, una svastica scolorita sulla fronte (all’inizio era una “x” da esibire al processo) e quasi mezzo secolo trascorso in carcere. Sconta una condanna come mandante di almeno 7 omicidi. Pena di morte nel 1971, poi comminata in ergastolo perché la California abolì la pena capitale. I tribunali americani, due giorni fa, gli hanno negato la libertà condizionale per la dodicesima volta. La prossima udienza ci sarà, se ci sarà, tra quindici anni. Era presente anche Debra Tate, sorella di Sharon. Attrice e moglie di Roman Polanski. Il 9 agosto 1969, Sharon era incinta di otto mesi e mezzo. Fu massacrata, insieme a tre amici, all’interno di una villa a Cielo Drive. Il ricco quartiere di Los Angeles. Polanski non c’era, aveva appena terminato di girare Rosemary’s Baby. La villa era proprietà di Terry Melcher, figlio di Doris Day, artista e produttore musicale. Forse la “causa” fu lui. Aveva mostrato interesse per le canzoni di Manson, ma poi si rifiutò di scritturarlo per la Columbia Records.
Da qui la vendetta. Di Manson e dei suoi adepti, la “Family”, espressione peggiore di una assai fraintesa Summer of Love. Sesso, droga, violenza. Furti e omicidi – a coltellate, revolverate, forchettate – per sopravvivere. Helter Skelter, hit dei Beatles, presa come messaggio subliminale per scatenare il caos. Le scritte “Death to Pigs” (“Morte ai maiali”) e derivati per depistare gli inquirenti, facendo ricadere la colpa sui “negri”. Charles Manson, e i discepoli che vedevano in lui l’unione di Gesù Cristo e Sa-tana, ha incarnato la quintessenza del Male. Molto più di Mark David Chapman, omicida di John Lennon, un altro che da decenni chiede (senza ottenerli) sconti di pena. Figlio di una prostituta, padre mai conosciuto, all’anagrafe “No Name Maddox”. Cresciuto da zii che lo odiavano, umiliavano, picchiavano. La fuga da casa a 12 anni. Il primo carcere, ancora minorenne, dove fu violentato e seviziato. Sotto lo sguardo compiacente delle guardie. Prima delle mattanze del ’69 si era fatto dieci anni di carcere. Nel marzo ’67, quando tornò libero, si reinventò hippy. In prigione aveva imparato a suonare la chitarra. Si trasferì a San Francisco, dove aggregò la Famiglia, composta da uomini e donne non meno devastati di lui. Carismatico, efferato, razzista. Ne abbindolò molti, compresi i Beach Boys, che pubblicarono una sua canzone. Proprio nel ’69. Modificarono titolo, testo, arrangiamento. Manson lo prese come ulteriore affronto. Il processo fu lunghissimo , senza la delazione di Linda Kasabian (il “palo” durante il commando a Cielo Drive) non sarebbe stato condannato.
Ha ispirato film, canzoni. Ha avuto almeno un figlio, il deejay 45enne Matthew Roberts. Adottato. Quando lo ha appreso, è entrato in depressione: “È stato come scoprire di essere figlio di Adolf Hitler”. Roberts ha cominciato a scrivere al padre biologico: “Mi rispondeva con frasi folli. La sua firma? Una svastica”.