Sergio Rizzo, Corriere della Sera 13/04/2012, 13 aprile 2012
I CONTRIBUTI, IL «CORRIERE» (E LE FAVOLE)
Due anni fa, in occasione dell’aumento di 20 centesimi del prezzo di vendita del Corriere, scrivemmo che sarebbe stato opportuno rinunciare del tutto ai contributi pubblici, peraltro ridotti ormai ai minimi termini. Da allora le sovvenzioni si sono ulteriormente ridotte, pressoché azzerandosi: le agevolazioni postali sono di fatto inesistenti e il sussidio per l’estero, che nel 2010 valeva per il Corriere 963 mila euro, è stato eliminato. Come tutti i giornali, nessuno escluso, abbiamo beneficiato nel 2011 solo di agevolazioni sulle tariffe telefoniche e di un credito d’imposta a valere sugli acquisti di carta. Totale: 2.839.000 euro, cifra che rappresenta il 4,4 per mille del fatturato della Rcs quotidiani (Corriere della Sera e Gazzetta dello Sport), pari a 634 milioni. Niente a che vedere con i soldi destinati a giornali di partito e cooperative, che oltre ai contributi di cui sopra hanno incassato i cospicui fondi della legge 250/90: senza i quali avrebbero dovuto chiudere. Il capitolo delle tariffe agevolate postali, anche queste valide per tutti, merita un discorso a parte. Da due anni non esistono sostanzialmente più. Nel 2010 spedire una copia del Corriere costava 24 centesimi, contro i 57 della tariffa piena. Oggi il prezzo è salito a 41 centesimi, con un aumento del 70,8%. E non c’è libertà di scelta: il servizio è tuttora sostanzialmente in monopolio gestito da Poste italiane. Se fosse liberalizzato, come chiediamo da tempo, il costo sarebbe inferiore. Senza considerare la qualità. La distribuzione, limitata a sei giorni su sette, domenica esclusa, oggi è affidata il sabato in subappalto a terzi: con il risultato che i nostri giornali, se arrivano a destinazione, arrivano con fortissimo ritardo. Anche per questo l’abbonamento al giornale di carta non ha più alcuna convenienza. È ormai una specie in via di estinzione: i lettori preferiscono, com’è intuibile, l’abbonamento online o quello in edicola. La storia secondo cui anche il Corriere (come gli altri giornali indipendenti) incasserebbe una montagna di contributi pubblici, che i politici di turno continuano a raccontare ogni volta che si parla pubblicamente, magari in trasmissioni tv, dei costi eccessivi dei partiti e della politica, non sta dunque in piedi. Se ne facciano una ragione: discutiamo di cose serie, non di favole.
Sergio Rizzo