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 2012  aprile 13 Venerdì calendario

TEST DI MEDICINA PER UN LAVORO CHE NON C’È (PIÙ)


Inovemila ragazzi che due giorni fa si sono ammassati all’hotel Ergife di Roma per il test di ammissione ai 300 posti alla facoltà di medicina della Cattolica forse non hanno letto i risultati tecnico-morali dell’indagine condotta a fine 2011 dall’Ordine provinciale dei medici e chirurghi romani tra gli iscritti under 45: quasi la metà degli interpellati, a distanza di qualche anno dall’ingresso nel mondo del lavoro, si pente di aver scelto il camice bianco.

IL PROBLEMA? L’estenuante catena di frustrazioni e incertezze cui si è sottoposti dopo anni di studio e sacrificio. Secondo il rapporto alla tenera età di 45 anni soltanto il 35 per cento dei medici riesce a conquistare un contratto a tempo indeterminato, un altro terzo (32 per cento) opera come libero professionista o convenzionato mentre il 28 per cento va avanti con rapporti atipici: contratti a termine, co.co.co., prestazioni occasionali. Oltretutto la metà dei medici atipici lavora per due o più strutture pur di tentare l’aggancio a una posizione stabile. Quasi tutti sono convinti di non poter aspirare a una carriera brillante in tempi dignitosi: non c’è posto per tutti. “Non me lo dica, ché la mia sorellina fa la quarta superiore e vuole provarci pure lei” si preoccupa di dare il cattivo esempio Daniele Indiani, 28 anni, specializzando di chirurgia dell’apparato digerente a Siena e già immerso nei guai del mestiere. Che illustra con esempi extra moenia: “Vorrei cominciare a metter su casa, ma quando mi presento in banca mi ridono in faccia. Scusi tanto, rispondono quando chiedo il mutuo, lei nel 2014 sarà pure un chirurgo bravissimo, ma disoccupato. E hanno ragione, purtroppo”.

EPPURE LE statistiche delle università italiane sparano numeri entusiasmanti. Il consorzio Almalaurea racconta che l’80 per cento dei laureati in medicina entro un anno dall’alloro ha un’occupazione, e che il 90 per cento gode addirittura di una retribuzione entro tre anni: mica male, di questi tempi. “Certo, siamo noi specializzandi che guadagniamo 1.700-1.800 euro al mese - conferma Indiani -. Solo che nel decreto Cresci Italia, quello che prometteva ai giovani di poter avviare un’impresa al costo di un euro, c’è un comma che vuole sottoporre a tassazione Irpef i redditi oltre gli 11.500 euro anche quando derivano da borsa di studio. Quindi ci prenderanno 2-300 euro al mese, non è un inizio incoraggiante . Pure i miei amici specializzati sono messi maluccio: contratti di tre mesi rinnovati ogni volta come fosse un miracolo, lavori pesanti da accettare senza battere ciglio, prospettive di vita e di lavoro molto vaghe”. Per questo lunedì e martedì gli specializzandi non presteranno la loro attività: che è di studio o di lavoro? “Bella domanda - ammette Massimo Cozza della Fp Cgil -. Sono studenti in formazione professionale, anche se l’ex ministro Fazio aveva proposto di immetterli nell’organico del sistema sanitario nazionale negli ultimi due anni di studio. Diecimila medici praticamente gratis facevano gola a tutti, noi ci siamo opposti e l’idea s’è arenata, ma temiamo che qualcuno possa ritirarla fuori adesso che lo Stato deve tagliare 8 miliardi di euro alle Regioni per la sanità. Calcolando che già da due anni il turn over è bloccato, non so dove andranno a finire tutti i nuovi colleghi.” Infatti un migliaio di giovani ogni anno fugge all’estero in cerca di opportunità più serie. Se n’è parlato ieri col ministro Renato Balduzzi all’apposito tavolo dei medici precari, circa 10 mila camici sui 110 mila che operano nel sistema pubblico, tutti giovani e molto preparati. “La nostra proposta è semplice – chiude Cozza –: anziché condannare due ragazzi su tre a un eterno precariato, creiamo un bacino per stabilizzarli nelle posizioni più scoperte, cioè pronto soccorso e medici di base. Non ci dicano che mancano i soldi: già combattendo sprechi e corruzione c’è molto da risparmiare. Poi tirare a campare con montagne di contratti e contrattini costa, senza contare le condanne della Corte dei Conti o dei giudici del lavoro che impongono le assunzioni. Con gli arretrati”.