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 2012  aprile 13 Venerdì calendario

La dynasty dei Tredicine come costruire un impero con 300 licenze da ambulanti– ROMA - Si sono presi Roma una licenza alla volta

La dynasty dei Tredicine come costruire un impero con 300 licenze da ambulanti– ROMA - Si sono presi Roma una licenza alla volta. Prima tutti i caldarrostai, poi i camion bar, poi i banchi di abbigliamento e merce varia. Nelle cartoline della città, dal Colosseo alla Piazza di Spagna, c’è sempre un loro chiosco di bibite, un loro banco di souvenir. Se non è Mario, è Alfiero. Se non è Alfiero è Elio, o Dino, o Emilia, o Dario. Sempre e comunque uno della famiglia Tredicine, padrona del ricchissimo e caotico commercio ambulante della capitale. Talmente potente che gli altri operatori abbassano automaticamente la voce, prima di pronunciare quel nome. Oppure cacciano a male parole chi fa qualche domanda di troppo. I Tredicine occupano centinaia di posti, controllano i prezzi di affitto delle licenze, siedono nei sindacati, hanno chi li protegge in consiglio comunale. Ma chi sono? Quante licenze hanno? E perché sono diventati così potenti? IL FEUDO DEI CALDARROSTAI Donato, il patriarca ottantenne, è seduto su un impero plurimilionario. Eppure vende caldarroste. Fino a poco tempo fa lo si vedeva ancora in via Frattina, dalle parti di Trinità dei Monti, a rovesciare castagne nel braciere incandescente. «Che ci vuoi fare, è la mia passione... », diceva. Del resto tutto è iniziato lì, su quel marciapiede, quasi sessant’anni fa. Il 19 novembre 1959 Donato lasciò i suoi nove figli a Schiavi, in Abruzzo, e si trasferì a Roma. La mattina lavorava in un cantiere all’Eur, nel pomeriggio vendeva castagne nei vicoli di piazza di Spagna. Le cose cambiarono quando all’inizio degli anni Ottanta lo raggiunsero i figli Mario, Elio, Dino, Alfiero e, più tardi, Emilia. «Oggi i Tredicine controllano, direttamente o attraverso parenti e famiglie "alleate", almeno 300 postazioni - stima Giovanni Tallone, presidente della Co. Ge. Se., la cooperativa di servizi dell’Apvad, una delle sigle sindacali degli ambulanti - i loro feudi sono i municipi I, VI, IX e XVII. Nessun altro ha così tanti permessi e licenze. Nel centro storico occupano 42 dei 68 posti disponibili per i camioncini di bibite e sorbetti. Con uno di quelli, davanti al Colosseo, si incassano anche 5mila euro al giorno». Quarantadue licenze sono un tesoro da 27 milioni di euro, solo considerando il valore di mercato. Il Comune infatti non ne rilascia più da anni perché il settore è saturo. Chi le ha, se le tiene. Oppure le vende a 650mila euro l’una. I Tredicine sono anche i padroni dello smercio delle caldarroste all’interno del perimetro d’oro delle Mura Aureliane. «Ogni anno il primo municipio assegna un’ottantina di permessi con bando pubblico - spiega Tallone - che puntualmente finiscono quasi tutti a loro. Come si fa a non avere dubbi sulla regolarità di quel bando?». Anche perché gli altri se li prende un manipolo di operatori provenienti da Schiavi d’Abruzzo e da Triveneto (Campobasso). Il resto delle licenze dei Tredicine, secondo il sindacalista, è per «posti fissi e unici», sono cioè chioschi isolati di frutta, fiori, souvenir, magliette. Ne controllano circa centocinquanta sui trecento totali. Sono posizioni storiche assegnate dal Comune settanta-ottanta anni fa, e di cui i fratelli nel corso del tempo hanno fatto incetta comprandole dagli altri. È un patrimonio stimabile intorno ai 50 milioni di euro. E si trovano negli angoli pregiati della città. DAL COLOSSEO A NAVONA A piazza di Spagna hanno un chiosco due caldarrostai e un fioraio. Nelle traverse delle centralissime via del Corso e via Nazionale hanno decine di baracchini dove una bottiglietta d’acqua costa due euro e mezzo e un gelato tre. Sono loro il banco di frutta davanti alle Terme di Dioclezianoei camion di fronte alla basilica di San Pietro. Intestati a mogli e figli hanno camioncini al Tridente, in piazza Venezia, alla Bocca della Verità, in Campidoglio, al Colosseo. Dovunque. Poi ci sono i concerti, le fiere, le partite. Con la festa della Befana in piazza Navona un banco di articoli natalizi alza 50-60 mila euro di guadagno netto in due settimane. Il centinaio di posti disponibili viene assegnato in base ad alcuni criteri, tra cui l’anzianità. Puntualmente la maggior parte finisce ai quattro fratelli, grazie alla loro posizione dominante e al loro immenso parco licenze. Si possono permettere, ad esempio, di tenerne alcune in zone meno centrali solo per acquisire punti per entrare nella lista dei grandi eventi. Possono spostare le licenze da una zona all’altra, da un familiare all’altro, a seconda della convenienza. Una ferita alla concorrenza di mercato in un comparto, quello degli ambulanti, già congestionato, con 7mila venditori e 130 mercati rionali. Insieme coprono il 22 per cento dell’intera vendita al dettaglio della città. E ogni giorno ha la sua lotta, tra irregolari che vantano diritti inesistenti e "pragmatici" che provano a oliare con mazzette gli ingranaggi delle rotazioni (il meccanismo in uso solo a Roma per cui si occupano soste diverse ogni giorno, seguendo turni concordati con l’amministrazione). Un settore afflitto storicamente dall’abusivismo e dall’evasione fiscale e dove si è affacciato il fenomeno dei contratti di affitto taroccati: l’affittuario ufficialmente ha un canone mensile basso, 500-600 euro, a fronte di pagamenti reali al nero di 4-5.000 mila euro. Insomma, l’humus ideale per approfittatori e piccoli boss di quartiere. C’è chi va in giro a chiedere tangenti agli irregolari, con la minaccia di chiamare i vigili. Il pm Maria Cordova ha attualmente due fascicoli aperti sul racket degli ambulanti (i Tredicine non sono coinvolti). In questo caos, 300 posti sono in mano a una famiglia sola su un totale di circa 1800 tra rotazioni, soste fisse, camion bar, caldarrostai. Come fanno a gestirle tutte? E perché hanno i posti migliori? IL SISTEMA FAMILIARE Alla Camera di Commercio risultano sei imprese individuali a nome dei cinque fratelli. Quella di Mario, costituita nel maggio del 1980, non ha registrato dipendenti nel 2011. E così quella di Elio, aperta nel 1981. Dino, che ha iniziato nel 1980, ha appena donato un ramo dell’azienda al figlio Dario. Col nome di Alfiero Tredicine risultano due aziende. Poi c’è Emilia, l’ultima nel 1996 ad aprire un’impresa. Il loro quartier generale è a Colli Albani, Roma sud, dove ci sono le sedi legali e anche i depositi dei camion bar. Stando al numero dei dipendenti, dunque, solo una piccola parte del loro impero viene gestita direttamente. Per il resto hanno storicamente una collaborazione con la comunità bengalese romana. All’inizio hanno messo decine di extracomunitari del Bangladesh dietro i bracieri delle caldarroste, poi li hanno spostati ai banchi e a sorvegliare i camion bar. Oggi gli affittano le licenze, arrivando a chiedere 76 mila euro di anticipo e 6-7mila euro al mese per un posto fisso davanti alla stazione Termini. Resta un mistero come i bengalesi, che spesso subaffittano a terzi, riescano a reperire tanto denaro. «Ma se vuoi un posto in centro ti devi rivolgere ai Tredicine, altrimenti sei fuori dal giro», dice Mouna Sendane, un’ambulante marocchina di 34 anni, la metà dei quali passati dietro una bancarella. Il 24 maggio scorso ha denunciato Mario e Giordano Tredicine, quest’ultimo consigliere comunale del Pdl, per presunte «intimidazioni nei confronti degli ambulanti, titolari di licenza e non». Dopo aver subito l’ennesimo sfratto da piazza dei Cinquecento, ineccepibile da un punto di vista legale perché lei ha una licenza da itinerante (quindi non può sostare in un posto fisso), Mouna ha deciso di parlare, documentando un sistema in cui alla fine pare che vincano sempre loro. «I vigili sostenevano che lì non ci poteva stare nessuno - racconta - eppure ora c’è un chiosco fisso di abbigliamento dei Tredicine, affittato a un bengalese». Che appoggi hanno in Campidoglio? E perché le associazioni di categoria non protestano? LA RETE DEGLI INTOCCABILI Nella storia dell’ascesa imprenditoriale dei Tredicine c’è un uomo che conta più degli altri. È Mario, 62 anni, il più anziano dei quattro fratelli. Risalgono agli anni Ottanta le prime inchieste che lo riguardano. Nel novembre del 1987 finisce in carcere, insieme con Elio, Alfiero, Emilia e due vigili urbani. Condannati in primo grado nel 1992 per associazione per delinquere, assolti in appello. Intanto le denunce crescono di pari passo al numero di licenze che riesce ad acquistare. La famiglia mette su un ufficio legale, un ombrello che la ripara da anni da cause e denunce. «Ma la questione delle troppe licenze in loro possesso non è un problema nostro - dice oggi Davide Bordoni, assessore al commercio di Roma - perché il Comune sono anni che non le rilascia più. Se le sono comprate regolarmente, è il mercato». L’occupazione che più gli è riuscita, però, è stata quella dei sindacati. Oggi Mario Tredicine fa parte del consiglio generale della Fiva, gli ambulanti della Confcommercio. Suo fratello Alfiero è presidente di Apre Confesercenti a Roma. Dino è nel consiglio direttivo della Fivag-Felsa-Cisl nazionale. Hanno messo un piede in quasi tutte le sigle, da destra a sinistra. Alcuni membri della famiglia alleata dei Molinaro - i "Tredicine del futuro" - stanno nell’Aiarc ambulanti rotativi di Roma. I sindacati sono loro. Sono loro, i Tredicine, che si incontrano periodicamente con la commissione Commercio del Campidoglio per decidere le soste, i turni, l’intensificazione o meno dei controlli dei vigili. E nel Giordano, quel rampollo "buttato" in politica: chi ha l’interesse o la forza di mettersi contro di loro? Nel cuore del potere 2008 il cerchio si è chiuso con Giordano, il rampollo entrato in politica, un capolavoro strategico. Chi ha l’interesse o la forza di mettersi contro di loro? IL RAMPOLLO IN CAMPIDOGLIO Giordano ha 34 anni, è figlio di Elio Tredicine. Ha cominciatoa fare politica con Forza Italia, consigliere al IX municipio nel 2006, protetto di Gianni Sammanco, l’attuale coordinatore romano del Pdl. Nel 2008 portò in dote alla corte di Alemanno 5.284 preferenze, risultato che gli è valso una poltrona in consiglio comunale, il posto da vicecapogruppo del Pdl e la presidenza della commissione Politiche sociali. «Faccio il politico - dice a Repubblica - non so dire quante licenze hanno i miei parenti. È un affare loro». E però porta la sua firma un emendamento, inserito in extremis durante la maratona notturna dell’agosto 2010 per approvare la manovra, che abbassava i vincoli per le occupazioni di suolo pubblico. «In realtà serviva a snellire la procedura di autorizzazione della soprintendenza in caso di voltura del titolo. E non riguardava solo i camion bar, ma tutti gli esercizi». Un provvedimento poi cancellato con delibera comunale. Qualche mese prima, nel novembre del 2009, il sindaco Alemanno gli aveva regalato un’ordinanza "ad familiam", disponendo la ricollocazione temporanea del chiosco di sua madre, Iolanda Franceschelli, in via del Corso. Postazione che l’ex sindaco Veltroni aveva rimosso. Se ancora non fosse chiaro il favore di cui godono i Tredicine in Campidoglio, basta vedere la battaglia di questi giorni di Alemanno contro i centurioni del Colosseo. Loro se ne devono andare perché deturpano il paesaggio, i camion bar no. Sul suo sito personale, poi, accanto a comunicati stampa pubblicati con il logo del comune, c’è una sezione che rimanda a tre sportelli aperti al pubblico nella "sua" zona, Appio Latino-Colli Albani. Offrono consulenza legale e fiscale, pratiche catastali e assicurative, prestiti personali, finanziamenti, cessioni del quinto. «Ma l’attività politica la finanzio solo con soldi miei», ribadisce. Giordano è celebre anche per aver organizzato a nome dell’amministrazione la festa delle donne nel 2009 invitando il cantante Franco Califano, non proprio un’icona del femminismo, tappezzando la città con i suoi manifesti, come se lui fosse lo sponsor. Una delle tante occupazioni della famiglia Tredicine.