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 2012  aprile 13 Venerdì calendario

"Sulle auto di Capaci dovevo esserci anch’io" la rivelazione nel nuovo libro di Pietro Grasso – ROMA - Si presenta: «Mi chiamo Pietro Grasso e sono procuratore nazionale antimafia

"Sulle auto di Capaci dovevo esserci anch’io" la rivelazione nel nuovo libro di Pietro Grasso – ROMA - Si presenta: «Mi chiamo Pietro Grasso e sono procuratore nazionale antimafia. A chi mi chiede qualcosa di me e della mia vita, dico sempre, prima di tutto, che sono palermitano». Un orgoglio esibito per ricordare che la Sicilia non è solo l’isola dei boss e dei loro complici, Palermo come frontiera, luogo dove è molto difficile ma anche molto facile scegliere da che parte stare. Parla di mafia e contro la mafia raccontando se stesso, i suoi quarant’anni da giudice, il legame profondo con Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, la famiglia, gli affetti, gli amici sopravvissutie gli altri non ci sono più. È un bel libro quello scritto da Pietro Grasso per rappresentare l’orrore mafioso ma soprattutto per indicare una strada di speranza, è un’antologia su Cosa Nostra e insieme una raccolta di ricordi che s’inseguono in una Palermo sempre in bilico fra il suo passato e la voglia di cambiare. «Il mio gioco preferito, da bambino, era una specie di nascondino che si concludeva con la formula "Liberi tutti"», comincia così e questo è anche il titolo - Liberi Tutti (pag. 230, euro 15,00, Sperling & Kupfer) - dell’ultimo saggio di un magistrato italiano che ha attraversato tutte le trasformazioni della mafia moderna fino al 1992, fino alle bombe. Fino all’uccisione degli uomini con i quali è stato fianco a fianco. «Su una di quelle macchine avrei dovuto esserci anch’io», rivela Pietro Grasso nelle pagine dove la sua memoria torna a quel 23 maggio. A Capaci. All’autostrada che dall’aeroporto arriva a Palermo. Il destino ha deciso altrimenti. Ricorda Grasso: «Intorno alle 14 Giovanni mi chiamò per avvertirmi che la partenza era rinviata. Doveva aspettare sua moglie Francesca. lo ringraziai, ma gli risposi che se fossi riuscito a trovare posto su un aereo di linea sarei partito la sera stessa. Conservo ancora il tagliando di quel check-in: volo Alitalia BM, imbarco alle 19,40 del 22 maggio, posto 1 L». Il procuratore nazionale antimafia conserva anche il Dunhill d’argento che gli aveva regalato l’amico - Falcone aveva smesso di fumare - e soprattutto il ricordo di un uomo «che aveva la capacità di soffrire, di sopportare molto più degli altri, senza arrendersi mai». In Liberi Tutti è ricostruita la vicenda siciliana degli ultimi vent’anni raccontata da un testimone oculare, un protagonista. Che sa bene perché c’è stato il massacro di Capaci e perché c’è stato poi anchea quello di via D’Amelio: «L’obiettivo di Falcone era aggredire proprio quella specificità che faceva di Cosa Nostra uno dei soggetti del sistema di potere. Ecco perché la sua presenza risultava ingombrante proprio per il potere. Ecco perché i mafiosi non furono i soli a sentirsi danneggiati dalla sua azione». E così andò anche per Paolo Borsellino. Il libro di Pietro Grasso spiega la mafia ai mafiologi e la spiega a chi ne sa poco o niente. Dalle sue origini - si parte dalla leggenda dei Beati Paoli - al maxi processo dove lui è stato giudice a latere, dal ruolo delle donne nelle «famiglie» al welfare di Cosa Nostra, dalla chiesa di don Pino Puglisi assassinato dai sicari di Brancaccio alla cattura di Bernardo Provenzano studiata e organizzata quando lui era procuratore a Palermo e il capo della polizia Antonio Manganelli questore in Sicilia. In Liberi Tutti c’è anche l’attualità: la mafia che si è «inabissata», che non fa più stragi o delitti eccellenti, «un’assenza di manifestazioni esteriori ed eclatanti che ha fatto perdere la percezione della pericolosità di Cosa Nostra». Una mafia che ha abbandonato una strategia di guerra ma che è sempre pronta a colpire. «Ecco perché», scrive Pietro Grasso, «la lotta alla mafia dovrebbe essere fra le priorità del programma di qualsiasi partito e qualsiasi governo. Come la mafia non ha ideologia né colore politico, così non possono avere colore politico le iniziative che la contrastano»