Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  aprile 13 Venerdì calendario

VISITARE TUTTO IL MONDO

A ZERO EURO? SI PUÒ.–

All’uscita dalla piccola stazione di Polegate, nella campagna dell’East Sussex, a sud di Londra, sarebbe impossibile sbagliarsi: Mark, l’agricoltore della Wimbles Farm, non poteva che essere quell’uomo sorridente in attesa, col cappello a tesa larga, gli abiti da lavoro e la mano pronta per una stretta di benvenuto. È cominciato così, qualche settimana fa, uno dei tanti ospiti del WWOOF che da 40 anni fanno viaggiare la gente in tutto il mondo. Una parola complicata per raccontare un’idea semplice: diventare per un breve periodo contadini alla pari, ricevendo cibo e alloggio in cambio di lavoro in fattorie biologiche. Le abilità richieste? Poche, solo buona lena e volontà di lavorare. WWOOF è un acronimo che sta per World Wide Opportunities on Organic Farms (wwoof.org), un’organizzazione costituita da gruppi nazionali che forniscono on line liste di aziende e tenute agricole aperte ad aspiranti contadini alla pari. In totale, secondo i dati diffusi nel 2011, esistono 12mila fattorie ospiti, 80mila aiutanti volontari, e gruppi attivi in 53 Paesi (dal Perù alla Corea del Sud, da Israele al Kazakistan all’Italia). La fondatrice, Sue Coppard mai si sarebbe immaginata tanto successo. Nel 1971, mentre lavorava come segretaria a Londra, ebbe l’idea: rendere accessibile la natura fuori città a chi, come lei, non aveva l’opportunità di godersela. «Ero bloccata nella Capitale senza avere in campagna una famiglia o amici da cui farmi invitare» dice Coppard. E organizzò un week end di prova in una fattoria del Sussex. L’esperimento ebbe successo e nuovi agricoltori accolsero i volontari. «È cominciato con dei weekend, ora la permanenza dura da qualche giorno a qualche mese. C’è anche chi viaggia facendo WWOOFing di continuo ». Il sistema permette di visitare nuovi Paesi, imparare una lingua straniera e può risultare una parentesi a costo zero (o quasi) per chi è in attesa di trovare un lavoro. Per accedere ai singoli database nazionali si paga un piccolo abbonamento: associarsi alla WWOOF britannica costa 24 euro l’anno. Tocca poi al WWOOFer farsi avanti e contattare la fattoria prescelta. Prima di abbonarsi i database, parzialmente accessibili, permettono di farsi un’idea: si scopre, per esempio, che in Giordania c’è chi raccoglie olive nella tenuta di una famiglia beduina in un’oasi oppure chi si occupa di mucche e galline in una fattoria su un’isola norvegese del Circolo polare artico. Non è necessario scegliere destinazioni estreme per entrare nello spirito di WWOOF, ma chi l’ha fatto ha vissuto realtà altrimenti inaccessibili: Josh Feyen, WWOOFer ospitato da una famiglia nella giungla ecuadoregna, la notte prima di partire, a lume di candela, ha scritto: «Ho piantato tre semi per il rimboschimento della giungla e l’ho ripulita per coltivare mais, ho scoperto la magia di un machete ma la famiglia era affascinata dal mio pelapatate. Non mi sono mai pentito della decisione di venire qui».