FRANCESCO GRIGNETTI, La Stampa 12/4/2012, 12 aprile 2012
In 14 anni due miliardi sono finiti chissà dove - Lo scandalo della Lega e del tesoriere Belsito non era ancora esploso
In 14 anni due miliardi sono finiti chissà dove - Lo scandalo della Lega e del tesoriere Belsito non era ancora esploso. E in fondo anche la vicenda del tesoriere Luigi Lusi della Margherita era ancora da esplorare fino in fondo. Eppure in Europa si erano abbondantemente accorti che il sistema di finanziamento dei nostri partiti è eccessivamente opaco. Ai cittadini italiani si chiede addirittura di non effettuare pagamenti in contanti oltre i 1000 euro per avere una tracciabilità assoluta dei flussi finanziari e poi i partiti di casa nostra potevano permettersi di lasciare nell’anonimato versamenti fino a 50 mila euro. La contraddizione salta agli occhi. E così ecco arrivare un’ennesima bacchettata europea. Nei giorni scorsi a Strasburgo il gruppo specializzato nella lotta alla corruzione del Consiglio d’Europa ha dedicato uno speciale Rapporto al sistema dei partiti italiani. E ne usciamo con la schiena a pezzi. «Controlli formalistici», è l’impietosa accusa europea. Tra le raccomandazioni finali, il Rapporto elenca alcune riforme che l’Italia è tenuta ad adottare in tempi brevi. La prima delle raccomandazioni riguarda i versamenti ai partiti e le uscite da questi ultimi. Scrivono: «Creare un albo delle donazioni e dei donatori, la cui identità deve essere sempre nota». Niente donazioni anonime, quindi. Ci chiedono inoltre di abbassare la soglia dell’anonimato. Ma il Consiglio d’Europa nel documento elaborato dalla commissione "Greco" (Groupe d’Etats Contre la Corruptione), raccomanda anche che si dia una chiara definizione dello status legale dei partiti. Questo dei finanziamenti privati oltre quelli imponenti pubblici - era un punto dolente che i nostri «sherpa» avevano ben chiaro. E per fortuna nell’accordo di ieri sera si corre ai ripari. E’ previsto infatti che in futuro, con la nuova legge, tutte le donazioni ai partiti, se superiori a 5.000 euro, dovranno essere rese pubbliche. Così come cambiano le regole per le contribuzioni dei partiti politici stessi a fondazioni, enti, istituzioni o società: se eccedenti i 50 mila euro annui, comporteranno l’obbligo per questi ultimi di sottoporsi ai controlli della Commissione per la trasparenza ed il controllo dei bilanci dei partiti politici. Una misura quantomai opportuna perché i casi Belsito e Lusi insegnano che dalle casse di un partito, in maniera palese o occulta, possono uscire cifre colossali. Ma la nuova disciplina riguarderà anche le fondazioni parapolitiche che ormai proliferano e sono divenute niente più che un veicolo formalmente pulito per far arrivare soldi pubblici a uomini politici. E comunque, anche se in Italia i partiti gridano all’antipolitica, in Europa ha fatto scalpore un dato: tra il ’94 e il 2008, nel giro di quattordici anni, i partiti politici hanno speso in totale 570 milioni di euro, ma i rimborsi ricevuti per le campagne elettorali sono stati 2,25 miliardi. Alcuni partiti hanno ricevuto fino al 400% in più rispetto alle spese documentate. «Una discrepanza - scrive l’organismo di Strasburgo - dovuta al fatto che in Italia l’erogazione dei fondi è legata al numero di voti ottenuti e non alle spese sostenute». Una discrepanza. Già, ma chi glielo spiega che nel 1993 gli italiani avevano votato in massa l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, rientrato dalla finestra l’anno dopo appunto con l’ipocrita dicitura di «rimborso elettorale» e che quindi i partiti hanno continuato come nulla fosse?