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 2012  aprile 12 Giovedì calendario

IL MERCATO SNOBBA I BUND: TASSI TROPPO BASSI IN ASTA

Per la prima volta dal novembre scorso, la domanda a un’asta di titoli pubblici tedeschi non è riuscita a coprire l’offerta. Ma, a differenza di allora, non ci sono oggi timori di un contagio delle turbolenze dell’eurozona alla Germania e gli osservatori di mercato concordano che la richiesta di debito tedesco da parte di investitori in cerca di sicurezza resterà forte.
Il minimo toccato dai rendimenti dei Bund è stato il principale fattore che ha raffreddato la domanda all’asta dei titoli decennali. In tutto, l’agenzia del debito pubblico tedesco aveva offerto Bund al luglio 2022 con cedola 1,75% per 5 miliardi di euro e, dopo aver ricevuto richieste per 4,11, ne ha accettate per 3,87 miliardi di euro. Il resto, come sempre, ma in misura più ampia del solito, è stato acquistato dalla Bundesbank, che agisce in questo caso per conto del Tesoro.
Il rendimento all’1,77, il più basso di sempre per i decennali, ha tenuto lontani gli investitori. Considerata un’inflazione in Germania, all’ultima rilevazione di marzo, del 2,1%, il rendimento è negativo in termini reali. Diversi operatori sul mercato del reddito fisso notavano comunque ieri che, in questa fase di turbolenze che ha coinvolto Spagna e Italia, l’interesse per i titoli considerati più sicuri in Europa resta molto alto. Soprattutto, sui mercati si nota che non c’è alcun timore che la Germania possa essere contagiata dalla crisi del debito sovrano dell’Eurozona, timore che si era brevemente affacciato nel novembre scorso, nella fase più acuta della crisi.
Più che dall’asta tedesca, il mercato dei titoli di Stato in Europa è stato ieri influenzato da una dichiarazione di uno dei nuovi membri del consiglio direttivo della Banca centrale europea, Benoit Coeuré, il quale ha aperto uno spiraglio a una possibile ripresa degli acquisti di titoli, in particolare di quelli spagnoli, da parte della Bce. Coeuré, avendo osservato la forte volontà politica mostrata dalla Spagna per l’aggiustamento dei conti pubblici, ha sostenuto che «le condizioni di mercato non sono giustificate dai fondamentali». E, il che ha destato l’attenzione degli operatori, ha affermato che la Bce ha «uno strumento, il Securities Market Programme, che non è stato utilizzato recentemente, ma che esiste ancora». Di fatto, l’acquisto di titoli pubblici, ripreso l’estate scorsa proprio per far fronte al coinvolgimento di Spagna e Italia nella crisi, fra molte controversie anche all’interno della Bce, è di fatto in pausa da diverse settimane. Lo stesso presidente dell’Eurotower, Mario Draghi, aveva rifiutato di confermare che fosse stato archiviato, ma la dichiarazione di Coeuré è più forte e ieri sembra aver colpito i mercati al momento giusto.
Intanto, sulla carenza di titoli "sicuri" per gli investitori, è intervenuto ieri il Fondo monetario, che, nel suo Global Financial Stability Report, ha notato che la domanda per quelli che restano ne aumenterà il prezzo che gli investitori sono disposti a pagare o li spingerà verso il basso nella scala della sicurezza. Secondo l’Fmi, a causa dei problemi di bilancio di diversi Paesi, almeno 13 potrebbero essere rimossi dalla lista di quelli oggi considerati sicuri, e l’ammontare di titoli disponibili per che cerca la massima protezione per il proprio investimento potrebbe calare di 9mila miliardi di dollari, pari al 16% del totale, da qui al 2016. Alessandro Merli • E GLI USA BATTONO LA GERMANIA - Germania versus Usa. Sui mercati finanziari viene vissuto così il confronto tra il Bund a 10 anni in asta ieri per 3,870 miliardi di euro e il Treasury di identica scadenza collocato per un ammontare di 21 miliardi di dollari, in un contesto in cui le due asset class sono tornate ad essere protagoniste del flight-to-quality di chi disinveste dalle azioni e parcheggia la liquidità in titoli sicuri. Vincitore del match questa volta è stato il titolo americano che nonostante il consistente ammontare è riuscito a collezionare richieste tre volte superiori all’offerta. Numeri al di sopra di quelli messi a segno dall’asta tedesca che aveva l’obiettivo di collocare fino a 5 miliardi di euro, ricevendo richieste per 4,109 miliardi, ammontare coperto anche attraverso l’intervento della Bundesbank: secondo i trader, il tasso di interesse offerto è risultato poco attraente per riuscire a piazzare l’intera somma prevista. Nulla toglie al fatto che le incertezze sulla risoluzione delle tensioni sui mercati europei e sulla robustezza della ripresa economica americana hanno fatto riemergere la necessità degli investitori di parcheggiare la liquidità in porti sicuri.
L’effetto è stato duplice e per entrambi i titoli sono stati toccati i minimi storici: il nuovo benchmarck tedesco a 10 anni è stato emesso con una cedola dell’1,75% contro il 2% della precedente asta ed è stato collocato con un rendimento del l’1,77% contro l’1,83% del precedente collocamento. Un rendimento che in termini reali è negativo dal momento che l’inflazione tedesca viaggia al 2 per cento. Più costosa, invece, l’asta per il Tesoro americano che ha collocato 21 miliardi di dollari al 2,043%, in linea con la precedente asta e con il secondario che per la prima volta ha superato la soglia psicologica del 2 per cento. A sottoscrivere questa massiccia asta sono state per il 38,5% banche centrali estere e per l’11% banche domestiche. Il differenziale di rendimento porta il titolo americano ad essere scambiato 30 centesimi in più del decennale tedesco. Ma all’inizio di aprile lo spread tra i due titoli aveva toccato fino 40 punti base, mentre nella fase di sell-off, quando gli investitori tentavano un riposizionamento con la crisi europea meno acuta, il rendimento del decennale americano era arrivato a scambiare il 2,3 per cento. «Siamo in una fase attendista, gli investitori si stanno coprendo spostandosi su titoli sicuri come quelli tedeschi e americani in attesa di capire come evolverà questa nuova fiammata di tensione sui periferici europei», ha commentato Gustavo Baratta, trader di Banca Imi.
Oggi si ricomincia con una nuova asta di titoli americani a 30 anni per 13 miliardi di dollari, portando l’ammontare totale di governativi a lungo termine a 34 miliardi di dollari, cifra che sale a 66 miliardi se si aggiungono i 32 miliardi di dollari di titoli a tre anni collocati due giorni fa con un rendimento dello 0,427 per cento. Mara Monti