Giovanni Majnoni, Il Sole 24 Ore 12/4/2012, 12 aprile 2012
LA CRESCITA ASSASSINATA SULL’ORIENT EXPRESS
La crescita del prodotto interno lordo misura il battito del polso dell’economia e il suo arresto costituisce un drammatico fatto di cronaca, sia pure di cronaca economica. Un dramma che colpisce tutti ma di cui, paradossalmente, nessuno si sente personalmente responsabile. La situazione ricorda da vicino il celebre giallo di Agatha Christie, Assassinio sull’Orient Express (1934), dove la soluzione del caso è ostacolata dall’oscuro nesso tra responsabilità individuale e collettiva. Lo stesso che, a dispetto degli sforzi chiarificatori dell’analisi economica, oscura la relazione tra comportamenti individuali e crescita economica. Giovanni Majnoni Perché dunque non riformulare provocatoriamente la questione economica nei termini della letteratura poliziesca, rimpiazzando l’astratta nozione di causalità economica con quella più concreta di responsabilità individuale e il "cosa" con il "chi" freni la crescita? Negli schemi d’indagine poliziesca la ricerca degli indizi di colpevolezza inizia dalle circostanze del decesso e dall’arma del delitto. Quest’ultima è presto individuata. Si tratta della "trappola della crescita", la stessa che da secoli impedisce lo sviluppo dei Paesi più poveri e che, come osservava Mancur Olson nel suo The rise and decline of nations, provoca il declino delle nazioni. Il temibile congegno, nella diagnosi di Anne Krueger e poi di Andrej Schleifer, si fonda sull’appropriazione - codificata o tacitamente riconosciuta - di rendite di posizione (rent seeking) attuata da gruppi d’interesse organizzati (distributional coalitions) a scapito di chi, con investimenti produttivi, aumenta non solo il proprio reddito ma anche quello della collettività. Agevolato dalle economie di scala di cui gode, il rent seeking in breve espelle dal mercato le attività produttive che operano a rendimenti decrescenti, conquistando così nuovi beneficiari e forza politica. I talenti imprenditoriali - scoraggiati o indotti a cercar fortuna altrove - lasciano il campo ai cacciatori di rendite; le risorse consumate non sono rimpiazzate e la torta da ripartire si contrae. Come nel gioco delle musical chairs, il numero dei partecipanti si riduce a ogni giro e con essi il Pil. Se è dunque la caccia alle rendite ad aver spento l’economia, chi sono i beneficiari di tali rendite? Una prima categoria è quella dei beneficiari consapevoli: evasori fiscali e utilizzatori abusivi di prestazioni sociali, che scaricano sugli altri contribuenti il costo dei servizi pubblici utilizzati. Quanti siano, è difficile dire. Sappiamo però dall’Istat che la base imponibile evasa – il sommerso, ciò che sfugge alle maglie dello Stato – ammonta al 17% del Pil e che tale valore sale oltre il 50% per i redditi da lavoro autonomo e da fabbricati, categoria che raccoglie circa un sesto dei contribuenti totali (si veda il secondo grafico a destra). Un sesto è anche la quota delle famiglie italiane che beneficia di prestazioni sociali dichiarando all’Isee condizioni di maggior disagio di quelle rilevate da altre basi informative (ad esempio, un numero di conti correnti bancari inferiore a quello delle indagini della Banca d’Italia). In tutto dunque, e senza considerare i proventi della corruzione, oltre un sesto di famiglie e di imprese si appropria consapevolmente di rendite illegali. Si tratta di un raggruppamento trasversale per reddito e geografia, come testimoniano le recenti incursioni della Guardia di Finanza a Cortina e a Forcella, che ripropone a cascata lungo tutta la scala sociale, dalle classi più agiate a quelle più umili, la competizione per rendite e privilegi, erodendo il capitale sociale oltre a quello fisico. Ben più numerosa è la seconda categoria, quella dei beneficiari inconsapevoli. Essa include gli occupati nei settori che le caratteristiche del prodotto e la normativa vigente isolano dalla concorrenza internazionale. La rendita – in questo caso inconsapevole perché perfettamente legale - s’identifica con il più alto ricarico (mark-up) che consente ai settori protetti di tutelare il proprio reddito a scapito dei settori esposti alla concorrenza estera. La Banca centrale europea stima il ricarico medio del terziario italiano tra il 1981 e il 2004 pari all’87%, superiore di 31 punti percentuali alla media di comparto dell’Eurozona e di oltre 60 punti al settore manifatturiero nazionale ed europeo (si veda il terzo grafico a destra). Tale cuneo, unito ai costi occulti dell’inefficienza giudiziaria e amministrativa, porta i beneficiari inconsapevoli di rendite (terziario e amministrazione pubblica) oltre il 60% degli occupati totali. Beneficiari legali e illegali, consapevoli e inconsapevoli formano un intricato circuito - il circuito della rendita – la cui estensione e radicamento sociale sono dovuti a due fattori. Alla proliferazione delle rendite che consente di ridurre il numero degli esclusi: di coloro cioè che pagano per i privilegi di tutti. Alle famiglie, capillari camere di compensazione delle rendite, che limitano il dramma degli esclusi, trasferendo risorse da chi è titolare di privilegi a chi non lo è: dagli adulti occupati ai giovani senza lavoro, dagli anziani proprietari alle famiglie con figli minori. Funzione sociale che pone la famiglia a valle dell’economia a sviluppo bloccato e non a monte, come sosteneva Banfield. Il quadro indiziario è ormai completo! Poirot convocherebbe dunque le varie categorie sociali e professionali che rappresentano i 24 milioni di famiglie del nostro Paese, come fece con i passeggeri dell’Orient Express. Fatte salve le famiglie più povere, che dal circuito della rendita sono escluse, egli mostrerebbe a un uditorio ammutolito e sorpreso che, proprio come nel racconto, tutti i convenuti sono colpevoli. Beneficiari diretti o indiretti del circuito della rendita, tutti hanno collettivamente vibrato il colpo mortale della rendita sull’inerme crescita. Non è il caso di entrare nel complesso tema delle sanzioni per episodi di responsabilità collettiva. È qui sufficiente aver accertato che il circuito della rendita rappresenta un fondamentale elemento connettivo tra azioni individuali e risultati collettivi e che il comportamento di cittadini e autorità - i primi troppo inclini a contendersi i reciproci privilegi, le seconde troppo propense a lasciare tale dannosa inclinazione senza regole – ha favorito la deriva decennale del nostro paese verso uno sviluppo bloccato. La diffusa consapevolezza di tali responsabilità è condizione necessaria per il cambiamento. Di più, è il fondamento di una politica duratura della crescita nel nostro Paese.