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 2012  aprile 12 Giovedì calendario

LA RIVOLUZIONE LATINO-AMERICANA DELLA COCA LIBERA - È

il tipico curriculum di un militare latinoamericano quello di Oscar Perez Molina, ex generale e attuale presidente del Guatemala. Un curriculum che lo ha visto uscire dalla Escuela de las Americas, la scuola militare Usa dalla quale sono passati dittatori e torturatori degli anni 70, che lo ha visto studiare Scienze gestionali ad Harvard e svolgere soggiorni di formazione militare negli Stati Uniti. Un curriculum ricco di operazioni sul campo, di guida dei servizi segreti e in cui non mancano il sostegno ad almeno un colpo di Stato e accuse che lo vedrebbero coinvolto nel-l’omicidio di un vescovo. Per la sua storia, il generale Perez Molina non può essere considerato un sovversivo provocatore.
EPPURE lo scorso febbraio è stato lui a gettare sul tavolo della politica latinoamericana e americana una proposta che ha creato scompiglio: depenalizzare il consumo di droga. “Dopo decenni di grandi arresti, di sequestri di tonnellate di droga, il consumo e la produzione continua a espandersi. La diminuzione del consumo di una droga viene immediatamente seguita dall’aumento della domanda di un’altra. È sui fatti che dobbiamo concentrarci quando ragioniamo di politica di contrasto alla droga. Se analizziamo i mercati dei narcotici con uno sguardo realistico (e non ideologico come va di moda in molti governi) ci rendiamo conto che il consumo di droga è un problema di salute pubblica, sfortunatamente, trasformato in un problema di criminalità”, scrive Perez Molina sul quotidiano inglese The Guardian.
Il generale – che come responsabile dei servizi segreti dell’esercito guatemalteco collaborò alla cattura di Joaquin il “Chapo” Guzman (capo del cartello messicano di Sinaloa, considerato il più grande trafficante di droga del mondo) – sta invitando i suoi colleghi a ripensare la strategia di contrasto alla droga, dopo aver constatato come 30 anni di guerra frontale al narcotraffico non abbia risolto il problema. E i numeri non gli danno torto. Secondo l’ultimo rapporto dell’International Narcotics Control Board (Incb) il narcotraffico in Centroamerica rappresenta il 5% del Pil della regione, circa 135 miliardi di dollari. Attraverso i poveri e fragili Stati dell’America Centrale transita il 90% della cocaina che si consuma negli Usa. Lo stesso rapporto evidenzia come in Centro America operino più di 900 bande criminali, con circa 70.000 affiliati, mentre si registrano 82 omicidi ogni 100.000 abitanti in Honduras, 65 in El Salvador e 40 in Guatemala. In totale, la media degli omicidi del Centroamerica (40 omicidi ogni 100.000 abitanti) è la più alta del pianeta: 5 volte quella mondiale.
Dopo aver avanzato la proposta in un recente vertice di Paesi centro americani, Perez Molina ora rilancia: chiede che della questione si occupino i presidenti del continente alla prossima Cumbre de Las Americas, in programma a Cartagena, in Colombia, nel fine settimana. E proprio la Colombia, principale alleato Usa in quella guerra alla droga passata per sovvenzioni ai militari e programmi di sradicamento delle colture, è uno dei principali sponsor della tesi del presidente del Guatemala. Tesi che non piace, però, agli Usa, accusati, proprio da Perez Molina, di aver sabotato un vertice centroamericano che a marzo avrebbe dovuto discutere della faccenda.
“Il paradigma della proibizione che ispira la politica antidroga globale mainstream si fonda su una premessa sbagliata: che il mercato globale delle droghe possa essere sradicato. Non crederemmo a un’affermazione del genere se fosse applicata a tabagismo o consumo di alcool, ma riteniamo si possa applicare alle droghe. Perché?”, si chiede Perz Molina, constatando come nonostante soldi e sforzi militari il mercato delle droghe sia più florido di prima. Sottolineando come depenalizzazione non voglia dire liberalizzazione, l’ex-generale invita ad abbandonare posizioni ideologiche e ad aprire un dibattito sulle nuove strade da intraprendere. “I presidenti di Colombia e Costa Rica hanno già espresso il loro sostegno ad aprire un dialogo su nuove politiche antidroga. Non è una coincidenza che entrambi siano stati ministri degli Interni o della Difesa. Chi ha esperienza di questioni di sicurezza sa di cosa stiamo parlando”, scrive Perez Molina, prima di evidenziareche“inostrifiglienipoti ci chiedono delle politiche sulla droga più efficaci, non più ideologiche”.
L’idea del presidente guatemalteco piace anche a ex-presidenti e intellettuali del Messico, che negli ultimi 5 anni ha sperimentato l’inadeguatezza della “guerra al narcotraffico”. Da quando il presidente uscente dichiarò guerra ai cartelli della droga, schierando l’esercito nelle strade a svolgere compiti di polizia, il Paese ha registrato quasi 50.000 morti e le bande sembrano lontane dall’essere state sconfitte.