Sal. Can., il Fatto Quotidiano 12/4/2012, 12 aprile 2012
MA QUANTI SONO GLI ESODATI? DIPENDE DAI FONDI
Non è facile definire il numero degli “esodati”, i lavoratori cioè che hanno lasciato il lavoro in cambio di incentivi e che si trovano, dopo la riforma Fornero sul sistema previdenziale, senza stipendio e senza pensione. Il ministero del Lavoro che aveva chiesto al Parlamento una settimana di tempo, ieri sera ha fatto sapere che i conti si sapranno oggi. Il problema però non è tanto la difficoltà di conteggio quanto le valutazioni complessive, di ordine politico, che su questi numeri devono essere fatti. Come afferma il patronato Inca della Cgil, i dati esistono già e sono tutti inseriti nelle anagrafiche contributive, basta classificarli. Il problema è dunque la classificazione e quindi la lista che dovrà essere presa a riferimento per programmare un intervento destinato a costare svariati miliardi di euro.
SI PRENDANO, ad esempio, i numeri emersi ieri durante l’audizione alla Camera svolta dal direttore generale dell’Inps, Mauro Nori. Nori ha parlato di 130 mila lavoratori coinvolti in questa scomoda posizione così suddivisi: circa 45 mila quelli in mobilità, altri 13-15.000 inseriti nel fondo di solidarietà del credito e 70.000, infine, quelli usciti dal lavoro sulla base di accordi volontari, gli esodati “puri”. Secondo il dirigente Inps, si tratta solo della platea massima perché una parte di questi avranno nei prossimi 4 anni i nuovi requisiti per la pensione. Ma in queste cifre mancano i lavoratori ammessi ai contributi volontari che sono svariate centinaia di migliaia, in alcune stime sfiorano il milione di persone (non tutte esodate, ovviamente). Il rischio, dunque, è che si individui un numero, si stanzino delle risorse ma che tanti lavoratori siano costretti a restare comunque fuori dalle protezioni oppure a dover accettare una sorta di lotteria. Per questo Cgil, Cisl e Uil scenderanno in piazza domani a Roma con un corteo fino a Piazza Santi Apostoli dove parleranno i tre leader sindacali, Susanna Camusso, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti.
IL PARADOSSO è che i sindacati, che criticano duramente la riforma delle pensioni e che sia pure in forme diverse hanno criticato la più recente riforma del lavoro – Angeletti ha parlato di “licenziamento con giusta causa” per il ministro Fornero – potrebbero essere costretti a difenderne l’impianto complessivo. Infatti, nel giorno in cui la riforma ha fatto il suo debutto in Parlamento, con la riunione della Commissione Lavoro del Senato, è iniziato un fuoco di fila da parte del centrodestra per giungere a una “profonda revisione” del disegno di legge. Elsa Fornero chiede che non venga destrutturato, ma il Pdl ha intenzione di fare da cassa di risonanza alle richieste delle imprese soprattutto in tema di flessibilità in entrata. “Vi è un certo sbilanciamento che consente un passo nella direzione della Cgil per quanto riguarda l’articolo 18 – spiega Angelino Alfano – per la flessibilità in entrata noi crediamo che ci sia un appesantimento burocratico”. Il punto è esattamente quello richiesto da Confindustria dove, tra l’altro, si sta giocando anche una partita interna in vista degli assetti che saranno fissati dalla nuova presidenza di Giorgio Squinzi.
AL SENATO dunque si è già cominciato a ballare anche se uno dei due relatori del provvedimento, il democratico Tiziano Treu, si dice fiducioso sul clima concorde e sul fatto che la Commissione concluderà i suoi lavori entro il 2 maggio. Ieri intanto sono andate avanti le audizioni delle varie componenti sociali, da Confindustria ai sindacati. E mentre da fuori la Federazione dei Consulenti del lavoro giudica “insufficienti” le modifiche perché l’apprendistato diventi “un vero contratto”, la senatrice dell’Idv Giuliana Carlino ha messo in evidenza una delle tante anomalie del sistema istituzionale. Nelle audizioni del Senato, infatti, è previsto intervenga anche il sindacato leghista, SinPa (Sindacato Padano) la cui sostanziale inesistenza è stata accertata dalle cronache di questi giorni. Carlino ha chiesto invece che venga ascoltata invece la Fiom rivolgendo alla Cgil la richiesta di immettere un rappresentante dei metalmeccanici nella propria delegazione.