Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2012  aprile 12 Giovedì calendario

SPOSI PER FORZA OGGI IN ITALIA


«Mio padre ci ha detto: andate dove volete, anche dall’altra parte del mondo. Io vi trovo. Sarebbe capace di uccidermi? Credo di sì». Nel racconto di una giovane pakistana, nel rapporto Per forza, non per amore dell’as­sociazione Trama di Terre, c’è il dramma vis­suto dalle vittime dei matrimoni forzati.
Molte cedono a pressioni e violenze, sotto­mettendosi a un marito non voluto e a un futuro di infelicità; altre si ribellano ai geni­tori, fuggendo da tutto e da tutti: anche da­gli affetti, perché rimanere nella stessa città può essere pericoloso, quando per amore della libertà si è diventati, agli occhi del pa­dre- padrone, un ramo secco da tagliare.
I ’mai più’ gridati da una comunità scossa dall’uccisione di Hina, sei anni fa, non so­no bastati: nel 2010, in Italia, si sono con­tati 8 omicidi per il ri­fiuto alle nozze com­binate. Altre donne e ragazze, stremate dalla continua pres­sione, arrivano a to­gliersi la vita. «Ho in­contrato minorenni disperate convinte che l’unica alternati­va al matrimonio non voluto fosse il suicidio – racconta l’avvocato Barbara Spinelli, che collabo­ra con Trama di Terre. – Aggrappandosi al­l’aiuto dei loro insegnanti, sono riuscite ad attivare un percorso di assistenza, fuggen­do dai padri. Per poche che ce la fanno, però, ce ne sono tante che entrano in un incubo che durerà tutta la loro vita. Spesso sono portate nel loro paese con l’inganno, con la scusa di una vacanza, e si ritrovano dopo pochi giorni a essere mogli di uomini che non avevano mai visto. Più vecchi di 20 o 30 anni, o appartenenti alla stessa famiglia, con rischi di malattie».
Ma quante sono le ’Hina’ che soffrono og­gi? La Svizzera ha stimato 17mila matrimo­ni forzati all’anno nel suo territorio; mentre le autorità italiane, spiega l’avvocato Spi­nelli, «alla 49esima sessione del Cedaw (Convenzione per l’eliminazione di ogni for­ma di discriminazione contro le donne) del­le Nazioni Unite, hanno affermato che ’i da­ti sui matrimoni precoci e sui matrimoni forzati non vengono raccolti perché si trat­ta di una pratica rara in Italia, come negli al­tri paesi europei’». Così, l’unico censimen­to resta quello di Trama di Terre, che nel 2011 contò 33 casi di matrimoni forzati nella so­la Emilia-Romagna, di cui 10 in famiglie ma­rocchine e 7 pakistane.
Ma le violenze subìte e la paura di non essere protetti, oltre all’even­tuale presenza dei figli, frenano il desiderio di cambiare vita. Per questo il sommerso è altissimo: portarlo a galla si può, ma servi­rebbero ben altre indagini; sulle famiglie immigrate che vivono la frattura tra due gene­razioni (i genitori at­taccati alle tradizioni, i figli che hanno sco­perto in Italia il valore della libertà di scelta), e sui ricongiungimen­ti familiari: «Almeno il 30% di quelli che riguardano al­cuni paesi è frutto di matrimo­ni forzati – va avanti l’avvocato Spinelli – e il problema è che spesso viene etichettato tutto come una ’questione culturale’, quando invece si è in presenza di una violazione dei diritti u­mani ». Serve una maggiore sensibilità: quella richiesta dalla ’Conven­zione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza nei confronti delle donne’, che prevede – per i 17 paesi firmatari – l’introduzione del reato di matrimonio forza­to (già presente in alcuni Stati) e l’adozio­ne di misure legislative per consentire l’an­nullamento delle nozze senza che i costi siano a carico della vittima. Rashida Manjoo, relatrice speciale dell’Onu per la ’Violenza contro le donne’, è stata chiara: «L’attuale situazione politica ed economi­ca dell’Italia non può essere utilizzata co­me giustificazione per la diminuzione di attenzione e risorse dedicate alla lotta con­tro tutte le manifestazioni della violenza su donne e bambini in questo paese». Consi­derare il dramma dei matrimoni forzati co­me una questione che riguarda solo le co­munità immigrate rischia di essere il primo passo verso il fallimento del processo di in­tegrazione.