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 2012  aprile 11 Mercoledì calendario

L’uomo che con un «bip» ci portò il futuro in casa E lo chiamò Commodore - Da qualche parte hai an­cora le cassette con i programmi, con un linguaggio strano fat­to di bip bip, da ritarare con un cac­cavite

L’uomo che con un «bip» ci portò il futuro in casa E lo chiamò Commodore - Da qualche parte hai an­cora le cassette con i programmi, con un linguaggio strano fat­to di bip bip, da ritarare con un cac­cavite. Trent’anni dopo sono i pri­mi passi di una civiltà. Si chiamava Jack Tramiel ed è l’uomo che ha cambiato i tuoi sedici anni. Quella cosa grigia con le lettere nere e un registratore bianco ti ha portato il mondo delle meraviglie in casa. Era il Commodore 64. Il tuo pri­mo computer. La console primor­diale, qualcosa di più di un giocat­tolo alla Vic 20. Era il patetico tenta­tivo di programmare in basic. Era load, list, run. Era il cursore lam­peggiante sullo schermo blu con i caratteri azzurri e la scritta ready. Era un televisore a colori sul canale 36. L’idea di poter giocare a calcio su uno schermo con le maglie delle nazionali e l’inno stranamente ma­linconico del Brasile o l’orgoglio della Germania, con il 4-4-2 come unica risorsa tattica e le ali che an­davano solo avanti e crossavano. Tutto questo quando le telecrona­che di Fifa duemilaetot non erano neppure immaginabili o al massi­mo te le facevi da solo. Era la conso­le dell’idraulico Supermario che ancora combatteva con Donkey Kong per salvare la ragazzotta bionda. Era l’apocalisse atomica di Wargames , in piena Guerra fred­da, con i missili che arrivavano e partivano da Washington a Mo­sca, perfetta simulazione di una geopolitica binaria, on o off, rosso o blu, e alla fine resterà in piedi solo uno. Erano le partite uno contro uno, con il tabellone in frantumi a ogni grande schiacciata, tra Larry Bird e Julius Irving, alias Doctor J. Il bianco contro il nero. La precisio­ne contro la strapotenza fisica, o semplicemente Boston contro Phi­ladelphia. Alle spalle avevi i giochi dell’in­fanzia, le mille luci dei flipper e l’ar­te meccanica con grasso, sponde e «spizzi» del biliardino, il futuro era invece lì, arrivato quasi improvvi­so in Italia nella primavera del 1983 (un anno prima in America) al prezzo non popolare di quasi 400mila lire.Era l’inizio di una rivo­luzione, che a ritmo veloce ha fatto entrare il virtuale nelle nostre te­ste, come se la fantascienza planas­se sugli anni ’80, tanto da farti im­maginare che nel Duemila non sa­rebbe stato poi così impossibile toccarsi con noncuranza il petto e attivare il teletrasporto. È lì, con il Commodore 64 e con lo Spectrum, che i primi nerd s’ingegnano nel linguaggio macchina e imparano da autodidatti a simulare il mon­do. Senza quel computer per gioca­re portato sulla tv di casa forse tanti passaggi dell’evoluzione virtuale si sarebbero persi. Solo gli adole­scenti di allora, un manciata di scrittori di fantascienza e gli inge­g­neri militari della Defence Advan­ced Research Projects Agency guar­davano al mondo come una gran­de rete, una ragnatela di nodi inter­connessi. Ma forse la cosa più bella del Commodore è che ci giocavi a casa con gli amici, in appuntamen­ti pomeridiani, e qualche volta ti­rando fino a tardi. La casa come connessione, la casa come nodo, la casa come hub, senza wi-fi e con il joystick collegato alla tastiera da un filo nero. A 16 anni non sapevi di appartenere a quella generazione X a metà strada tra il vecchio e nuo­vo, sospeso a metà di una mutazio­n­e culturale di chi era troppo giova­ne per gli anni di piombo e troppo vecchio per il Duemila. La verità è che non ti eri mai chie­sto chi fosse l’inventore del Com­modore 64. Avevi letto qualcosa, veloce, quasi dimenticato. Ora che Jack Tramiel è morto ti viene un po’ da dirgli grazie.È morto dome­nica e aveva 83 anni. Così scopri che era figlio di ebrei polacchi. Arri­va in America e i primi soldi li fa con l’esercito, dove imparò a riparare strumenti da ufficio.È il 1953 quan­do mette da parte un po’ di denaro lavorando giorno e notte come taxi­sta. Gli servono per aprire un nego­zio di riparazioni di macchine da scrivere nel Bronx. Lo chiama Commodore Portable Typewriter Company. Commodore come commodoro. Vuole un nome che evochi la vita militare e sceglie que­sto perché altri gradi come ammi­raglio o generale o capitano erano già stati presi da altre compagnie. Prima comincia a vendere le calco­­latrici italiane Everest. Poi fa un ac­cordo commerciale con un’azien­da cecoslovacca. Il piccolo nego­zio diventa negli anni una grande azienda. Il miracolo arriva all’ini­zio degli anni ’80, prima con il Vic 20, poi appunto con il Commodo­re 64. Nel 1984 litiga con i soci. Se ne va e s’inventa un’azienda di vi­deogame. Ed è un altro miracolo. Quell’azienda è l’Atari. Ma il suo capolavoro resta quel­la «macchina da scrivere» grigio­verde a 64 kB nata 30 anni fa. Il pc più venduto al mondo: 10 milioni di pezzi.