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 2012  aprile 11 Mercoledì calendario

Lo stragista di Oslo «sano di mente»: finirà in galera - In fondo era ciò che lui voleva, anche se per «quelli normali» rimane difficile da capire

Lo stragista di Oslo «sano di mente»: finirà in galera - In fondo era ciò che lui voleva, anche se per «quelli normali» rimane difficile da capire. Perché Anders Behring Brei­vik, l’estremista di destra norvegese che il 22 luglio dell’anno scorso massacrò sull’isola di Utöya con scientifica deter­minazione 69 ragazzi della gioventù la­burista da lui definiti «traditori della pa­tria », proprio non ci stava a passare per un pazzo. Lui era- e tuttora rimane- con­vinto di aver compiuto un gesto eroico, che meriterebbe di essere premiato. E as­sicura di averlo ben meditato e di esser­ne tutt’altro che pentito. Così, quando ieri una controperizia presentata in un volume di ben 310 pagi­ne ha capovolto una precedente valuta­zione che lo definiva «psicotico, schizo­frenico e paranoide» e lo ha giudicato normalmente capace di intendere e di volere, Breivik si è dichiarato- per bocca del suo avvocato- finalmente soddisfat­to. Lunedì prossimo, quando si aprirà il processo a suo carico per la strage di Utö ya e per l’uccisione di altre otto persone a Oslo commessa poche ore prima con un potentissimo ordigno piazzato nei pressi dell’ufficio del premier Jens Stol­tenberg, lo sterminatore con l’ossessio­ne negativa del multiculturalismo potrà presentarsi (secondo lui) a testa alta e prepararsi alla detenzione a vita in un carcere e non in un manicomio. In realtà la controperizia non ha un va­lore vincolante, perché a metà luglio, quando è prevista la fine del dibattimen­to, dovrà essere svolta una perizia finale che si rivelerà decisiva. È certo però che quanto stabilito ieri mette a disposizio­ne dei giudici un elemento molto forte per decidere la carcerazione di Breivik. Che sarebbe poi di fatto un ergastolo, no­nostante quel che si ripete sul fatto che in Norvegia la pena massima prevista dalla legge è di 21 anni di reclusione: nel caso del killer di Utöya, infatti è presso­ché certo che a questa verrebbe aggiun­ta una serie non breve di pene accesso­rie. Rimane il fatto che Breivik, nonostan­te il temp­o trascorso e nonostante sia sta­to ricondotto sul luogo della sua agghiac­ciante strage, non ha mostrato il benché minimo segno di pentimento. La sua principale preoccupazione dal 22 luglio è stata quella di ottenere attenzione me­diatica per le sue presunte ragioni. Indi­cato ora come capace di valutare normal­mente le proprie scelte e i propri gesti, Breivik non mancherà di difenderli in tri­bunale, tentando di trasformare l’aula che lo ospiterà in un sito di propaganda. E se fossero rimasti dei dubbi sull’atteg­giamento che Breivik intende tenere in futuro, ieri Geir Lippestad, uno dei suoi avvocati, ha anticipato che il killer «de­plorerà di non aver fatto di più». Ieri è stato diffuso un video- in Italia lo ha fatto TgCom24- che mostra il ritorno sull’isola di Utöya di una ragazza super­stite della strage. Alexandra, questo il suo nome, ha rivisitato i luoghi dove tan­ti suoi amici furono uccisi, ha indicato il bosco da cui vide spuntare Breivik arma­to e la spiaggia dalla quale in tanti, inva­no, si gettarono nelle acque gelide per sfuggire alla sua incomprensibile furia. Ha mostrato il punto del suo corpo, la gamba destra, dove lei pure fu ferita, e ha ricordato la sua fortuna nel salvarsi. «Non m’interessa se lui sia pazzo o no, ma non deve più avere la possibilità di ri­fare una cosa del genere», ha spiegato al giornalista che la accompagnava. Poi, a chi le chiedeva se pensasse spesso a quel giorno terribile, Alexandra ha risposto: «Cerco di farlo il meno possibile. Perché se continuo a pensarci, vuol dire che lui ha vinto. E io non voglio che abbia la sod­disfazione di avermi rovinato la vita».