Laura Verlicchi, il Giornale 11/4/2012, 11 aprile 2012
Sorpresa: per l’Ikea ora la Cina siamo noi - Ikea trasloca dall’Asia all’Italia, perchè i prodotti sono migliori e più convenienti
Sorpresa: per l’Ikea ora la Cina siamo noi - Ikea trasloca dall’Asia all’Italia, perchè i prodotti sono migliori e più convenienti. Uno spot pubblicitario inatteso ma sicuramente gradito per il settore del mobile italiano, che si prepara a dare il via alla grande kermesse dei Saloni, la vetrina più importante del mondo per il design. «Un riconoscimento della qualità del nostro prodotto in un momento in cui il mercato langue- commenta il presidente di Federlegno, Roberto Snaidero - e che dimostra che si è vincenti anche producendo dove si vende. L’Italia del mobile può giocare la sua carta migliore, la tecnologia avanzata». E la «delocalizzazione al contrario» non resterà un fatto isolato: «Ikea è alla ricerca continua di possibili sviluppi degli acquisti in Italia che punta ad incrementare », dice l’ad di Ikea Italia, Larss Petersson. Dimostrando con i fatti che l’articolo 18 non è un ostacolo: «Per noi non è un problema, ma lo è l’incertezza dei tempi della burocrazia e della politica, perchè noi lavoriamo e cresciamo con le persone che lavorano con noi. Abbiamo scelto l’Italia perchè abbiamo un’ottima esperienza con i fornitori e la loro qualità». Un riconoscimento che ha un valore anche maggiore, proprio perchè viene dal grande «rivale», il colosso svedese che in tutto il mondo è simbolo dell’arredamento low-cost, e come tale viene spesso messo in contrapposizione con l’eccellenza - inimitabile ma costosa - del made in Italy. In realtà Ikea nel nostro Paese compra più di quanto vende, e da un pezzo: in pratica, è il primo cliente al mondo dell’arredo made in Italy, con un miliardo di euro di acquisti, ripartiti fra 24 fornitori. A cui si sono aggiunte le due «new entry», entrambe piemontesi: un produttore di Verbania, storico distretto della rubinetteria, e un’azienda del Novarese che produce giocattoli. Sono loro che hanno preso il posto dei fornitori asiatici, «grazie alla loro competenza - dice Petersson - al loro impegno e alla capacità di produrre articoli di qualità migliore e più convenienti». Migliore e conveniente: due parole che sembrano antitetiche, ma Ikea ha tre buoni motivi per pensarla diversamente. Il primo si chiama logistica: la stragrande maggioranza dei punti vendita con l’insegna giallo-blu è in Europa, e spostare i prodotti dal Sudest asiatico, col petrolio alle stelle, è troppo oneroso, nonchè contrario alla politica di attenzione ambientale di cui il colosso svedese ha fatto la sua bandiera. Il secondo è la qualità: prodotti migliori significano meno reclami, quindi un risparmio sicuro, oltre ai vantaggi a livello di immagine. Il terzo motivo è forse quello più inatteso: produrre in Asia, e in generale nei Paesi emergenti, non è più così economico come una volta. I salari stanno crescendo anche lì, e a ritmi vertiginosi: quelli italiani, invece, sono fermi. Il che non è una bella notizia, in generale: ma può trasformarsi in una carta vincente, in un contesto competitivo a livello globale come quello in cui si muovono le multinazionali. Così, può accadere che un produttore di rubinetti della Val d’Orta presenti un preventivo capace di battere quello del suo concorrente malese o cinese, come infatti è accaduto. E continuerà sempre più ad accadere. Anche perchè, se Ikea fa bene all’Italia, con undicimila posti di lavoro tra produzione, vendita e indotto, l’Italia fa bene all’Ikea: sapere che su tre cucine commercializzate dagli svedesi in tutto il mondo una è made in Italy ce le fa guardare con altri occhi. Almeno a noi italiani.