Fabrizio de Feo, il Giornale 11/4/2012, 11 aprile 2012
«Il 4 per mille ai partiti» Ma la sinistra idea fece flop - Un modello all’americana in cui siano i sostenitori a contribuire direttamente alla vita dei partiti con le loro donazioni volontarie
«Il 4 per mille ai partiti» Ma la sinistra idea fece flop - Un modello all’americana in cui siano i sostenitori a contribuire direttamente alla vita dei partiti con le loro donazioni volontarie. «Una forma di finanziamento attraverso meccanismi come il 5 per mille », per dirla con il segretario Angelino Alfano. È questa l’idea che circola nel Pdl all’indomani del terremoto Lega per riavvicinare i cittadini al sistema di rappresentanza politica. Una inversione di rotta rispetto al sistema dei rimborsi fuori controllo - nelle regionali del 2010 le liste hanno ricevuto rimborsi pari al 1900% della spesa - e un modo per riallacciare un rapporto che si può eufemisticamente definire logoro. Difficilmente, però, un sistema esclusivamente «volontaristico» potrebbe funzionare in Italia. Un esperimento di questo tipo venne tentato nel 1997 con la legge «Norme per la regolamentazione della contribuzione volontaria ai movimenti o partiti politici». La maggioranza di centrosinistra introdusse la possibilità per ciascun contribuente di destinare una quota pari al quattro per mille dell’imposta sul reddito al finanziamento dei movimenti e partiti politici, senza specificare quale ma donandolo a un fondo comune da suddividere successivamente. «Io firmo. Dai forza alla democrazia. Scegli anche tu il quattro per mille» fu lo slogan dei Ds per promuovere la raccolta di fondi tramite la dichiarazione dei redditi degli italiani.L’idea,come ricorda Paolo Bracalini nel suo libro Partiti Spa non ebbe molto successo e generò un gettito a favore dei partiti assolutamente insufficiente. Un fallimento che portò il Parlamento nel 1998 a votare un provvedimento per «anticipare» 110 miliardi di lire dal versamento del quattro per mille da parte dei contribuenti. La cifra reale, alla prova dei fatti, sarebbe stata decisamente più modesta: dieci miliardi di lire. A quel punto i partiti cambiarono la legge e nel ’ 99 innalzaronola quota di rimborso a 200 milioni di euro in media a legislatura (una cifra priva di attinenza diretta con le spese effettivamente sostenute per le campagne elettorali), poi ritoccata fino agli attuali 500 milioni. Un fiume di denaro che in caso di passaggio a un sistema «volontaristico» correrebbe il rischio di ridursi e trasformarsi in un piccolo rivolo.