Aldo Grasso, Corriere della Sera 12/04/2012, 12 aprile 2012
IL TITANIC RISCOPERTO GRAZIE A UN’OSSESSIONE
Ci sono alcuni eventi del Novecento che hanno plasmato così profondamente l’immaginario collettivo da stemperare la loro storicità nel mito. Il naufragio del Titanic, nell’aprile del 1912, è di certo tra questi. Curiosamente, il centenario della tragica sciagura navale ha coinciso con i quindici anni dall’arrivo nelle sale della sua epopea più celebre, Titanic, il monumentale film di James Cameron, che per l’occasione è tornato al cinema in una nuova versione riadattata in 3D.
Tra le diverse iniziative televisive che hanno ripercorso la notte del naufragio, la più interessante è stata proprio «Titanic: la versione di Cameron», un documentario realizzato dal regista premio Oscar (martedì, ore 22.40, National Geographic).
Dal documentario abbiamo capito che uno dei film più visti della storia del cinema è nato da un’ossessione personale: dopo che nel 1985 Robert Ballard ha individuato il relitto della nave a 3.000 metri di profondità, Cameron ha infatti varato diverse spedizioni sottomarine per esplorarne i resti, partecipandovi personalmente. Come se per lui il film fosse in realtà una specie di appendice al vero divertimento, la discesa negli abissi di Terranova.
L’ultima spedizione, le cui immagini inedite costituiscono il fulcro del documentario, è stata forse la più spettacolare, soprattutto grazie alla tecnologia utilizzata: due piccoli robot comandati a distanza sono diventati le protesi visive del regista, e gli hanno permesso di entrare per la prima volta negli interni cesellati della nave, che, pur nella loro invisibilità, hanno sostanziato per anni l’immaginario collettivo sul piroscafo «inaffondabile». Cameron ha radunato un gruppo di esperti per lavorare sul relitto, quasi fosse una «scena del crimine», per ricostruire grazie ad avanzate tecniche di animazione gli ultimi istanti del Titanic e provare, dopo tanto tempo, a restituire storicità al mito.
Aldo Grasso