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 2012  aprile 12 Giovedì calendario

VARGAS LLOSA: L’ARTE LIGHT DISTRUGGE LA CULTURA ALTA —

Ieri Mario Vargas Llosa ha pubblicato il suo primo libro dopo aver vinto, nel 2010, il Premio Nobel per la Letteratura. Non è, però, un romanzo, ma un saggio sullo stato di salute della letteratura e dell’arte in generale. Due pazienti in fase terminale, secondo il Nobel peruviano. «La cultura, nel senso che tradizionalmente si è dato a questo vocabolo, è ai nostri giorni sul punto di scomparire» scrive ne La Civilización del espectáculo, edito in spagnolo da Alfaguara.
Il tema non è nuovo. Neppure per lo scrittore da sempre liberale e liberista, ex candidato alla presidenza peruviana per un cartello di centrodestra. Celebre la sua polemica alla Biennale di Venezia contro la «colossale menzogna» allestita dal circo dei critici d’arte sullo squalo in formaldeide di Damien Hirst. In alcuni articoli del 2009, anche sulla elitaria (vale a dire poco diffusa) rivista Letras Libres, Vargas Llosa aveva lanciato l’allarme sull’affermazione dell’«arte light», molto più digeribile per il pubblico e facile da creare, ma senza bellezza. Il trionfo della superficialità che domina il presente, argomentava Llosa, non aiuta lo scrittore, il compositore, il pittore che suda le sue carte per elaborare un mondo creativo originale. A distanza di due anni Vargas Llosa conferma la propria tesi nel nuovo saggio e aggiunge un carico politico. «La idea ingenua secondo la quale per mezzo della scolarizzazione si possa trasmettere la cultura alla totalità della società, sta distruggendo la cultura alta poiché l’unico modo per conseguire questa democratizzazione universale della cultura è impoverirla».
In altri tempi, una simile frase avrebbe scatenato il finimondo su un giornale «progressista» come «El Pais». Ieri, invece, persa la corsa all’intervista a vantaggio del conservatore Abc, per presentare il volume di Vargas Llosa «El Pais» proponeva solo un asettico elenco di pareri di filosofi e genericamente colti. «Chi può sapere cos’è regressione e cosa avanzamento?» si chiede nell’articolo un’esperta di Medioevo. «I grandi salti della civiltà sono processi che distruggono le società nelle quali si producono» riflette una poetessa. Un Nobel si maneggia con le pinze, insomma, e fa nulla se si sorvola sui suoi attacchi al Maggio ’68, a Wikileaks, alla supposta scomparsa dell’intellettuale dal dibattito pubblico.
Diverso il caso di Internet dove la tesi del 76enne peruviano è sbertucciata non tanto per il suo portato politico, quanto per il corollario critico nei confronti delle nuove tecnologie. Scrive Llosa: «Fatico a immaginare che le tavolette elettroniche, identiche, anodine, intercambiabili possano dispensare quel piacere tattile, impregnato di sensualità che offrono i libri di carta a certi lettori... un edonismo raffinato che arricchisce il piacere spirituale della lettura con quello fisico del toccare e accarezzare». Un blogger sudamericano è stato tagliente: «Durante la promozione del libro aspettiamoci nuovi episodi di quest’appassionante serial tra Vargas Llosa e la tecnologia».
In effetti, l’intera operazione, rischia di far cadere l’autore de La città e i cani nella stessa trappola che denuncia. «Il mio libro — dice Llosa ad Abc — non si rivolge a un’élite. L’ho scritto evitando tutto quell’oscurantismo che, per sfortuna, è tipico della filosofia». Chissà di quali banali superficiali frivolezze potrebbe accusarlo un filosofo non compromesso con la «civiltà dello spettacolo».
Andrea Nicastro