La Stampa 11/4/2012, 11 aprile 2012
All’Ikea il made in Italy batte il mobile cinese - Stavolta è l’Italia (e in particolare il Piemonte) ad aver dato una zampata alle tigri asiatiche
All’Ikea il made in Italy batte il mobile cinese - Stavolta è l’Italia (e in particolare il Piemonte) ad aver dato una zampata alle tigri asiatiche. Almeno per quanto riguarda Ikea. I discorsi sulla qualità come elemento su cui puntare per competere globalmente hanno trovato una dimostrazione pratica nella strategia del gruppo svedese di arredamento, che ha infatti annunciato il trasferimento di alcune produzioni dall’Asia all’Italia. Un percorso inverso che sembra ancora più incredibile in un periodo di crisi come quello attuale. «Ikea è alla ricerca continua di possibili sviluppi degli acquisti in Italia che punta ad incrementare» spiega Lars Petersson, ad di Ikea in Italia. Ed ecco che proprio il Piemonte viene preferito ad altri Paesi asiatici, dove il prezzo è l’unica leva competitiva. «Abbiamo individuato nuovi partner italiani che hanno preso il posto di fornitori asiatici - prosegue Petersson - grazie alla loro competenza, al loro impegno e alla capacità di produrre articoli caratterizzati da una qualità migliore e a prezzi più bassi dei loro concorrenti asiatici». I fornitori italiani di Ikea sono in totale 24 e con circa 1 miliardo di euro di acquisti, il gruppo svedese è il primo cliente della filiera italiana dell’arredolegno. Non solo, a livello mondiale l’Italia si piazza al terzo posto (con l’8%) nella classifica degli acquisti, subito dopo Cina (22%) e Polonia (18%) e seguita da Svezia e Germania. E contrariamente a quel che si potrebbe pensare, ben il 63% degli acquisti di Ikea in tutto il mondo proviene da fornitori europei. Chissà che non sia un segnale della riscossa del Vecchio continente sulle tigri asiatiche. Inoltre la quota dell’8% degli acquisti effettuati in Italia da Ikea sale al 34% considerando solo le cucine: una cucina su tre venduta da Ikea in tutto il mondo, infatti, viene prodotta in Italia. L’80% degli acquisti italiani del colosso svedese sono mobili e solo il 20% complementi d’arredo. Le cucine fanno la parte del leone, ma si difendono anche elettrodomestici, camere da letto (28%), scaffalature (14%), librerie e bagni. Questo ha fatto sì che nel 2011 la bilancia commerciale, come direbbero gli economisti, pendesse a favore dell’Italia, considerato che Ikea compra nel Belpaese più di quanto vende nei suoi negozi nella Penisola. Le prime tre regioni italiane da cui il gruppo svedese si approvvigiona corrispondono ai maggiori distretti del settore: dal Veneto proviene il 38% del acquisti, seguono il Friuli con il 30% e la Lombardia con il 26%. In pratica Ikea acquista nel solo Nordest più che in Svezia o Germania. La ricaduta occupazionale collegata a queste commesse produttive è stimabile attorno ai 2.500 posti di lavoro. Se a questi si sommano i 6.600 dipendenti della rete commerciale e logistica di Ikea e l’indotto generato dai punti vendita, la ricaduta occupazionale diventa pari a circa 11 mila posti di lavoro. Insomma, la dimensione del contributo di Ikea al Pil italiano non è trascurabile. Il gruppo, che non è quotato in nessuna Borsa del mondo, non comunica il valore degli acquisti effettuati in Italia. Ma è possibile stimarli con un buon grado di approssimazione in oltre 1,2 miliardi di euro. Sul lato delle vendite il mercato italiano copre solo il 7% del fatturato mondiale di Ikea, quarto Paese dopo Germania (16%), Usa (12%) e Francia (10%). Ma il gruppo con sede a Helsingborg continua ad investire in Italia anche con nuove aperture: tra le ultime, il negozio di Catania (il primo in Sicilia) ha comportato un investimento di circa 70 milioni e l’ampliamento di Carugate, lo storico magazzino vicino Milano, costato 40 milioni. Mentre nel 2012 è prevista l’apertura del negozio abruzzese di San Giovanni Teatino, in provincia di Chieti. Saliranno così a venti i punti vendita in Italia, visitati nel 2011 da 46 milioni di clienti. La fidelizzazione avviene anche attraverso una politica di prezzi che va in controtendenza e che ha portato a ridurre del 3% i listini al pubblico. Ikea è riuscita anche a incidere sulle abitudini alimentari, in un Paese difficile, su questo fronte, come l’Italia. I ricavi della ristorazione nello scorso anno sono stati pari a 92,2 milioni di euro (più 8%), con 16 milioni di clienti sul totale di 46 milioni di visitatori. ROSARIA TALARICO *** “Ci hanno scelto per i rubinetti ecologici” domande a Marco Paini dir. commerciale 5 MARCELLO GIORDANI NOVARA Per i rubinetti Ikea ha scelto il lago d’Orta, con Paini, uno dei marchi storici della rubinetteria cusiana: 330 dipendenti nell’azienda di Pogno, altri 200 nelle aziende satelliti del Bresciano e della Cina. Marco Paini, lei è il direttore commerciale. Cosa produrrete per Ikea? «Alcune serie di rubinetti. Abbiamo iniziato con la cucina, adesso stiamo producendo dei rubinetti per il bagno». Perché Ikea ha scelto Paini? «Perché ha trovato, uso le loro parole, un fornitore strategico, in grado di rispondere alle esigenze del cliente e di creare prodotti innovativi. Ikea chiede che la rubinetteria risponda a requisiti ecologici: noi lavoriamo con cartucce a risparmio di energia e produciamo rubinetti con ottone senza piombo, quindi non inquinanti, e li cromiamo non col cromo esavalente, come si usa, ma col cromo trivalente, anche questo più ecologico». Come si lavora con Ikea? «Benissimo, sono abituati a seguirti in ogni dettaglio con serietà e grande professionalità: arriva uno staff di persone molto competenti con cui si discute la nuova linea, le loro esigenze e le nostre proposte». Ikea per parecchi anni ha scelto la Cina: da cosa dipende il ritorno al made in Italy? «È una scelta che punta sulla qualità; nello stesso tempo in Cina le condizioni sono cambiate e anche quel Paese è diventato meno competitivo rispetto a qualche anno fa. Ikea poi si rivolge prevalentemente al mercato europeo ed avere i fornitori in Europa rappresenta un vantaggio, per esempio in termini di tempi di produzione e consegna». Quanto è importante Ikea per la Paini? «È lo zoccolo duro della produzione, quindi per noi un cliente di questo genere è di fondamentale importanza». *** “Premiata la nostra tecnologia e qualità” domande a Roberto Snaidero pres. Federlegno 5 ELEONORA VALLIN MAJANO (Ud) Roberto Snaidero, presidente di Federlegno Arredo e azionista dell’omonima azienda che produce cucine non si fa cogliere di sorpresa dal ritorno di Ikea in Italia. «Segna un punto a favore del made in Italy - dice - Finalmente anche Ikea si è resa conto che produrre in Estremo Oriente non paga. Ed è un toccasana per le nostre imprese perché con la crisi e le chiusure abbiamo perso 8 mila posti di lavoro». Invece ora... «Oggi vengono riconosciute la tecnologia e la qualità di un prodotto che, ormai, sembra superare l’handicap di prezzo con la Cina». Che cosa comporta? «Ikea fa tanta componentistica e molto arredamento: cucine, armadi, bagni; il catalogo è enorme. La notizia è dunque importante perché apre a nuove prospettive per le nostre aziende». In tutto questo può aver giocato un ruolo il design italiano? «Credo che i tentativi fatti all’estero non abbiano dato i frutti sperati. Nel ritorno leggo la ricerca della qualità ma anche una strategia legata ai molti investimenti sulla distribuzione nel nostro Paese». Quali saranno le ricadute sul nostro tessuto produttivo? «È una sfida per portare a casa quelle aggregazioni di cui tanto si parla per le piccole imprese, per gestire commesse maggiori e andare all’estero. L’Italia deve essere capace di far coesistere, in equilibrio, prodotti di nicchia e grande distribuzione». Pensa a un modello produttivo in particolare? «Sì, l’orizzonte a cui guardo si chiama Vietnam. Un mercato nuovo che si sta affacciando timidamente e sta imparando l’arte da chi la sa fare. Non a caso la scuola è stata proprio quel distretto del mobile, tra Treviso e Pordenone.