MASSIMO NUMA, La Stampa 11/4/2012, 11 aprile 2012
“Pescatori uccisi dai due marò” La perizia inchioda gli italiani - I media indiani, già dai primi giorni dopo l’incidente di Kochi, 15 febbraio, erano sicuri: erano stati i marò del San Marco, imbarcati come guardia armata (in base a un accordo dell’ottobre 2011 tra governo e Confitarma) sulla nave «Enrica Lexie», il pomeriggio del 15 febbraio, ore 16, a 22 miglia dalla costa, dunque in acque internazionali, a sparare ai pescatori Valentine Jalestine, 42 anni, padre di tre figli, di Kollam e Adeeph Binki, 26, originario dello stato del Tamil Nadu, che ha lasciato sole e in miseria due sorelle adolescenti
“Pescatori uccisi dai due marò” La perizia inchioda gli italiani - I media indiani, già dai primi giorni dopo l’incidente di Kochi, 15 febbraio, erano sicuri: erano stati i marò del San Marco, imbarcati come guardia armata (in base a un accordo dell’ottobre 2011 tra governo e Confitarma) sulla nave «Enrica Lexie», il pomeriggio del 15 febbraio, ore 16, a 22 miglia dalla costa, dunque in acque internazionali, a sparare ai pescatori Valentine Jalestine, 42 anni, padre di tre figli, di Kollam e Adeeph Binki, 26, originario dello stato del Tamil Nadu, che ha lasciato sole e in miseria due sorelle adolescenti. Zero dubbi e movente certo. Il peschereccio St. Anthony, con 11 marinai a bordo, compreso l’armatore, partito dal porto di Neendakara (Kollam) il 9 febbraio per una partita di pesca di tre settimane in mare aperto, era stato scambiato per un’imbarcazione pirata. In quel tratto di Oceano Arabico, in pochi mesi erano avvenuti 12 episodi di pirateria e di agguati contro il naviglio mercantile, a cura di gruppi di criminali armati di Ak47 e altre armi. Secondo una ricostruzione non ufficiale, il St. Anthony, pilotato da Jalestine (gli altri, ad eccezione di Binki che era a prua, stavano tutti dormendo in attesa della battuta notturna) si sarebbe troppo avvicinato alla rotta della «Lexie». Da bordo le vedette avevano lanciato l’allarme. Quattro dei sei fucilieri del San Marco (due erano rimasti in cabina) avevano raggiunto il ponte, mentre da bordo venivano attivate le procedure d’emergenza e di segnalazione, in base alle norme d’ingaggio internazionali, del pericolo di un abbordaggio. Prima una serie di lampi colorati, poi tre colpi di sirena, quindi l’aumento della velocità della nave, infine furono mostrate le armi dalle murate. Come da manuale. Ma il peschereccio non avrebbe mutato rotta. A questo punto - quando la distanza era ormai inferiore a duecento metri - partirono le raffiche a scopo intimidatorio: 22colpiintutto,esplosidaifucili d’assalto Arx160rx. Due ogive calibro Nato 5,56 colpirono mortalmente i pescatori. È chiaro ormai, forse anche agli inquirenti indiani, che non c’era nessuna intenzione di uccidere, s’è trattato di un tragico incidente. Il capitano della Lexie, Umberto Vitelli, aveva avviato le procedure di allarme generale, mentre le vedette dotate di binocoli, sistemate in due posti di osservazione, avevano segnalato (per errore o no) la presenza di armi sul peschereccio. Per i giudici di Kollam che hanno esaminato la perizia balistica effettuata dal Forensic Team di Trivandrum, «le prove contro i marines italiani sono inconfutabili, hanno sparato e ucciso i due fucili Beretta sequestrati sulla “Lexie”». A bordo c’erano 15 armi e 10 mila proiettili, la polizia aveva sequestrato sei Arx160 e due mitragliatrici Minimi di fabbricazione belga, che non avrebbero mai sparato. Sui media indiani viene registrato un commento di un inquirente: le armi usate dai marò sono fucili d’assalto e non strumenti destinate ai cecchini, come se cominciasse a farsi strada, anche nei tribunali del Kerala, l’ipotesi di un duplice omicidio colposo e non volontario. I marò sono tuttora detenuti nel carcere statale di Trivandrum, nei locali dell’ex infermeria. Quasi due mesi in stato di detenzione, prima nei police club di Kochi e Kollam, adesso in carcere. Il processo penale, nel tribunale di Kollam, è ormai inevitabile e imminente. E resta «prigioniera», a dieci miglia dalla costa di Kochi, con nove italiani (compresi quattro marò) e diciannove marinai indiani, anche la petroliera «Enrica Lexie», sebbene sia stato ammesso il ricorso presentato dall’armatore. Avrebbe dovuto ripartire per l’Italia una settimana fa. Tutti i permessi in regola. Eccetto uno.