GIAN ANTONIO ORIGHI, La Stampa 11/4/2012, 11 aprile 2012
Spagna: nuova stangata da 10 miliardi - Non c’è due senza tre. Dopo il primo salasso, a dicembre, di 15 miliardi, il secondo del 30 scorso con la Finanziaria 2012 (altri 27,3 miliardi), l’Esecutivo popolare di centrodestra del premier Mariano Rajoy annuncia il terzo: altri 10 miliardi (7 miliardi nella Sanità, altri 3 nella Pubblica Istruzione)
Spagna: nuova stangata da 10 miliardi - Non c’è due senza tre. Dopo il primo salasso, a dicembre, di 15 miliardi, il secondo del 30 scorso con la Finanziaria 2012 (altri 27,3 miliardi), l’Esecutivo popolare di centrodestra del premier Mariano Rajoy annuncia il terzo: altri 10 miliardi (7 miliardi nella Sanità, altri 3 nella Pubblica Istruzione). Ben 52,3 miliardi di stangate in poco più di 100 giorni di governo. Ma, nonostante la cura da cavallo nel Paese con più disoccupazione d’Europa (il 23,6%), nonostante la maggioranza assoluta che assiste Rajoy fino al 2015, lo spread Bonos-Bund cavalca sempre più raggiungendo ieri 438 punti basici e tirandosi dietro la borsa (meno 2,96%). L’ultimo taglio, annunciato con una nota nella serata di lunedì scorso, non ha affatto raggiunto l’obiettivo di calmare i mercati, benché Rajoy abbia già riformato il mercato del lavoro ed imposto il consolidamento fiscale nella Costituzione. Un problema imprevisto che ha colto l’Esecutivo, che insiste nel mantenere l’impegno di ridurre il deficit al 3% del Pil l’anno prossimo (sforbiciata in due anni pari a 60 miliardi di euro), in contropiede. Lo spread di ieri si avvicina pericolosamente al massimo del novembre scorso, quando ancora era al potere l’ex premier socialista Zapatero (468 punti basici). Non solo: l’Esecutivo di Madrid, nell’elaborare la Finanziaria di quest’anno, la più dura del postfranchismo, ha fatto i conti con un differenziale con i bond decennali tedeschi tra i 305 ed i 325 punti basici (e con interessi da pagare pari a 28,8 miliardi), il 2,7% del Pil in un Paese che quest’anno prevede una crescita negativa del 1,7%. E se lo spread non si ferma, saranno necessarie ulteriori sforbiciate in un Paese in cui i consumi continuano a scemare ed aumentano i senza lavoro (a fine anno dovrebbero raggiungere i 6 milioni di persone, contro i 5,3 di adesso). Se ancora non bastasse, ieri è arrivato il grido d’allarme del governatore del Banco de España, Miguel Ángel Fernández Ordoñez (noto con l’acronimo Mafo). «Il processo di ristrutturazione bancaria, anche se è avanzato, non è finito - ha tuonato Mafo Dal 2007 le entità finanziarie hanno realizzato previsioni addizionali pari a 112 miliardi di euro, a cui bisogna aggiungere i 35 miliardi che dovranno apportare nel 2012. Però se l’economia spagnola peggiora più del previsto, bisognerà continuare ad aumentare il core capital». Il banchiere centrale di Madrid ha comunque scartato un salvataggio, nonostante lo spread schizzi verso il limite senza ritorno dei 500 punti. «Non ho preoccupazioni in questo senso», ha sottolineato Mafo, che poi ha rivendicato che «si continui rispettando l’autonomia del Banco de España» nonostante sia ormai a fine mandato («scade a luglio). I ministri di Rajoy (il premier continua ad essere più muto di un pesce) si avvicendano con interviste in cui assicurano che la situazione è sotto controllo. Soprattutto quello delle regioni, le vere responsabili dello sforamento del deficit nel 2011 («doveva essere del 6%, invece è stato dell’8,5%), che quest’anno, per ottemperare alla Finanziaria, dovranno tagliare nientemeno che 15 miliardi. E la speculazione non si fida delle parole (e delle tre stangate). Perché? Lo spiegano molto esaurientemente, su El Mundo, tre economisti: Fernández Villaverde, Garicano e Santos. «La situazione del sistema bancario è critica, tranne due istituti, solo può emettere bond con l’avvallo dello Stato, vive della liquidità del Bce e i nuovi requisiti di capitale fa loro stringere il credito, affossando così le imprese - fustigano i tre guru Poi c’è il ritardo intollerabile della Finanziaria presentata a marzo ed il populismo di non tagliare le pensioni e gli stupendi pubblici, di non aumentare l’Iva (al 18%). Quindi, bisogna ripensare il finanziamento alle regioni». Insomma, le tre stangate sono troppo poche. Ce ne vuole una quarta. Davvero greca.