ANDREA MALAGUTI, La Stampa 10/4/2012, 10 aprile 2012
Londra, i seicento figli del pioniere della fertilità - Inconsapevolmente alla ricerca dell’eco di loro stessi, il regista canadese Barry Stevens e l’avvocato londinese David Gollancz hanno scoperto, nel corso di una ricerca condotta parallelamente, di essere fratelli
Londra, i seicento figli del pioniere della fertilità - Inconsapevolmente alla ricerca dell’eco di loro stessi, il regista canadese Barry Stevens e l’avvocato londinese David Gollancz hanno scoperto, nel corso di una ricerca condotta parallelamente, di essere fratelli. Loro e altri circa seicento uomini e donne uniti da un insospettabile destino: essere tutti figli dello stesso padre, il pioniere delle cliniche della fertilità Bertold Wiesner, unico donatore di seme della più grande famiglia allargata della terra. E presumibilmente della Via Lattea. Arrivato a Londra negli Anni 40 dall’Austria, Wiesner, un vigoroso James Dean invecchiato con sottili occhialini tondi, e la moglie Mary Barton, una donna con un viso liscio come uno specchio, decisero di fondare la Barton Clinic, per aiutare centinaia di coppie della buona società britannica ad avere figli, trasformando in amori solidi quei concerti di cuori in panico, terrorizzati dalla tachicardia sterile delle loro esistenze. In mancanza di donatori, fedele all’antico motto «do it yourself», Wiesner usò il proprio sperma in più di un terzo degli almeno mille e cinquecento interventi registrati, con una media di circa venti donazioni l’anno. Legale? Lo era. Solo nel 1990, infatti, lo Human Fertilization and Embriology Act ha fissato a dieci il numero massimo delle donazioni, per evitare la possibilità di incontri casuali tra figli inconsapevoli dello stesso genitore. «Il rischio di problemi genetici per la prole sarebbe forte». In quegli anni non era così. Stevens e Gollancz se ne sono resi conto il giorno del loro incontro. Cercavano la loro radice e, come se fossero rimasti sorpresi dalla stima che provavano uno per l’altro, hanno deciso di sottoporsi a un esame del dna una volta scoperto che era la stessa, la Barton Clinic. Il risultato è stato inequivocabile: fratelli. Successivamente le prove condotte su diciotto persone concepite in clinica tra il 1943 e il 1962 hanno dimostrato che due terzi erano nati dallo stesso superpapà. A quel punto la British Fertility Society ha definito realistica l’ipotesi dei seicento figli. Etico? La Clinica era certa di no. Tanto che reclamizzando il proprio «prodotto», Mary Barton sosteneva che era selezionato cercando di combinare razza, colore della pelle e statura. «Non sceglierei i donatori se non fossero un po’ al di sopra della media», spiegò a un convegno nel 1959. Barava, ma non mentiva. Esisteva qualcuno nel pianeta col vigore di suo marito?