FRANCESCO GRIGNETTI, La Stampa 10/4/2012, 10 aprile 2012
Ex caserme, basi e depositi Il patrimonio della Difesa vale tanto ma si vende poco - Inutile illudersi
Ex caserme, basi e depositi Il patrimonio della Difesa vale tanto ma si vende poco - Inutile illudersi. La vendita del patrimonio immobiliare dello Stato richiede capacità titaniche. La vicenda degli edifici della Difesa è lì a raccontare la vicenda di un clamoroso fallimento. Tutti gli addetti ai lavori sanno infatti che le forze armate siano afflitte da un demanio militare (caserme, basi, depositi, appartamenti per il personale) eccessivo, inutile, e costoso. Non c’è ministro della Difesa che non ponga la dismissione degli immobili in cima al suo programma. Per stare agli ultimi anni, ci hanno provato Arturo Parisi, Ignazio La Russa, ora Giampaolo Di Paola. «E’ un tema centrale - ha detto l’attuale ministro all’atto dell’insediamento - al quale voglio dare una forte spinta perché l’interesse generale deve prevalere sul particolare». Come lui, i suoi predecessori hanno ingaggiato epiche lotte con i colleghi dell’Economia per decidere chi doveva gestire le vendite e soprattutto quale amministrazione doveva incamerare gli introiti. Ma finora i risultati delle vendite, al netto delle cessioni alle Regioni, sono stati risibili. L’ultimo elenco di infrastrutture dismesse dalla Difesa e messe in vendita è di tre anni fa. Un altro elenco era stato pubblicato sulla Gazzetta ufficiale qualche anno prima. Una lunga teoria di fari, aeroporti abbandonati, caserme inutilizzate, polveriere. E i beni stanno ancora tutti lì. I tagli al bilancio che furono imposti da Giulio Tremonti, intanto, mordono. Come ricorda il presidente della commissione Difesa della Camera, Edmondo Cirielli, che sta spingendo per una Risoluzione che piace molto alla Difesa (in quanto concederebbe alla Difesa di prendersi i proventi delle vendite) «per il 2012 è stata disposta una riduzione di circa 1400 milioni di euro e ulteriori riduzioni sono già previste anche per i prossimi anni, rispettivamente di 606 milioni per il 2013 e di 786 milioni per il 2014». Una bella campagna di dismissioni sarebbe l’ideale. Ma il punto è che nessuno sembra volerle, queste grandi ingombranti caserme abbandonate. Questione di volumi esagerati, di prezzi al metro quadro, di destinazioni urbanistiche, di degrado delle murature. Nemmeno gli appartamenti militari, che pure appaiono più semplici da alienare, si riescono a vendere. Qualche numero: le forze armate dispongono di 17.514 appartamenti in quanto alloggi di servizio. Secondo le tabelle ministeriali, 3.919 unità abitative sono ritenuti «non più utili» e quindi alienabili. La realtà, come ha scoperto il senatore Paolo Amato, relatore al Piano annuale di gestione del patrimonio abitativo, è che l’ultima campagna di dismissioni ha partorito un topolino. Lo Stato maggiore Aeronautica ha fatto a meno di 919 alloggi posti nell’ex aeroporto di Comiso, ma solo grazie al trasferimento al demanio della Regione siciliana. Lo Stato maggiore dell’Esercito ha ceduto 53 alloggi per cessioni alla Regione Friuli Venezia-Giulia e a una società privata. Infine 8 alloggi dello Stato maggiore Aeronautica sono stati ceduti alla Regione Sardegna e a una società privata. «Vorrei comprendere - ha detto Amato agli allibiti colleghi alcuni giorni fa - come tale passaggio da un’amministrazione pubblica ad un’altra possa realmente favorire, in termini economici, la valorizzazione del patrimonio abitativo». Tra resistenze dei Comuni, insomma, degli affittuari, e dei Cocer, sommato al disinteresse del mercato, non si vende nemmeno un chiodo. Il sottosegretario alla Difesa, Gianluigi Magri, molto cautamente ha ammesso la debacle: «Una possibile soluzione potrebbe essere rappresentata da una revisione della normativa al fine di prevedere maggiori contributi percentuali per gli enti locali coinvolti».