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 2012  aprile 11 Mercoledì calendario

RESA DEI CONTI IN CINA. LA MOGLIE DELL’EPURATO BO INDAGATA PER OMICIDIO —

Chongqing è lontana. Il Politburo anche di più. Bo Xilai, l’ex segretario del Partito comunista della megalopoli da 30 e passa milioni d’abitanti, è stato sospeso dai due organismi dei quali faceva ancora parte, il Politburo — appunto — e il Comitato centrale. È «sospettato di serie violazioni della disciplina». Più grave ancora la posizione della moglie Gu Kailai: arrestata perché indiziata dell’omicidio dell’uomo d’affari britannico Neil Heywood, trovato morto e frettolosamente cremato a Chongqing l’anno scorso. Il businessman aveva intrattenuto cordiali rapporti con il clan Bo ma aveva confidato di temere per sé dopo un contrasto con la signora. Le indagini sono state riaperte e il segretario agli Esteri britannico William Hague ha apprezzato.
Le canzoni rosse, gli slogan para-maoisti, le serie tv rivoluzionarie: tutte finite. Le ambizioni politiche: cancellate. Il futuro: fosco. A Bo resta, per ora, solo l’appartenenza al Partito del quale contava di diventare uno dei nove leader supremi, ovvero un membro del comitato permanente del Politburo. Invece quella che si è consumata ieri sera, riassunta in poche righe dalla Xinhua, è una specie di definitiva caduta degli dei, un categorico tratto di penna su un nome che aveva regalato alla Cina scene da una politica quasi occidentale. Con una municipalità trasformata in un virtuale bacino elettorale e cittadini conquistati a colpi di spettacolari campagne anticrimine e di scelte populiste.
Era dalla rimozione per corruzione di Chen Liangyu, segretario di Shanghai (2006), che ai vertici non si assisteva a passaggi così traumatici, stavolta con l’aggravante del congresso che in autunno incoronerà la nuova leadership. Il destino di Gu Kailai carica però il caso Bo di un dramma che rimanda ad altre ere. Già avvocatessa di successo, dedicatasi agli affari di famiglia dopo le nozze con Bo Xilai, aveva incassato l’epiteto ammirato di «Jackie Kennedy della Cina», ma l’arresto di ieri — condiviso con un famiglio di nome Zhang Xiaojun, sospettato con lei di omicidio — fa di Gu Kailai una sorta di Jiang Qing minore. Se la vedova di Mao Zedong venne arrestata e processata poche settimane dopo la morte del marito su ordine dell’erede designato Hua Guofeng, la consorte di Bo Xilai paga già, oltre alle proprie responsabilità, anche le ambizioni dell’ex sindaco di Dalian ed ex ministro del Commercio.
Bo Xilai aveva lanciato il suo modello di potere e di governance come un ariete contro Zhongnanhai, la cittadella dei leader. Ma né il numero uno Hu Jintao né il premier Wen Jiabao avevano gradito. Anzi, si erano astenuti dal dare la loro benedizione alle conquiste di Chongqing, che pure ha saputo attrarre capitali stranieri. Quando però Wen ha intimato di non evocare la Rivoluzione culturale, il tempo di Bo stava terminando.
I fatti di ieri non chiariscono i punti oscuri della vicenda, cominciata due mesi fa con la fuga al consolato americano di Chengdu di Wang Lijun, già capo della polizia di Chongqing e braccio destro di Bo in disgrazia. È più facile, ora, spargere sospetti, andare a ripescare vecchi misteri, vedi l’incidente aereo del 2002 a Dalian, dove su un velivolo morì una donna i cui destini avevano incrociato quelli di Bo, come insinua da Hong Kong il giornale Xin Wei Yue Kan. O suggerire che l’attacco dei gangster ai poliziotti che nel 2009 fornì l’occasione per avviare la feroce campagna anti-mafia fu in realtà una finta (i racconti dei «sospetti» di allora, torturati per mesi, sono invece tristemente veri).
Persino l’unico alleato di Bo tra i 9 del Politburo, l’uomo della sicurezza Zhou Yongkang, si è allineato ai leader. Altro potrà succedere. A Bo forse non resta ormai che parafrasare Marx. Groucho Marx. Cioè: non farei mai parte di un Politburo che avesse tra i suoi membri uno come me.
Marco Del Corona